La liberalizzazione tradita delle Ferrovie in Europa

C’è grande imbarazzo negli uffici dell’Unione Europea a Bruxelles e Strasburgo dopo quanto avvenuto lo scorso 27 febbraio, ovvero l’approvazione, da parte del Parlamento della sede francese Ue, del cosiddetto «quarto pacchetto ferroviario», un documento che secondo le ambizioni dei relatori doveva rappresentare una pietra miliare nelle liberalizzazioni del trasporto su rotaia nei paesi dell’Unione ma che si sta rivelando, invece, un boomerang che rischia di colpire in pieno le ultime settimane del governo Barroso.

La liberalizzazione tradita delle Ferrovie in Europa

IL PROGETTO INIZIALE – Secondo quanto approvato dal Parlamento di Strasburgo, difatti, le autorità nazionali che oggi offrono contratti di servizio pubblico ad un unico operatore dovranno farlo attraverso un bando di gara. Contestualmente, saranno obbligate a giustificare l’assegnazione diretta. I nuovi operatori, così come i più piccoli, avranno maggiori possibilità ad accedere alle infrastrutture ferroviarie mentre le procedure di autorizzazione per la messa sui binari dei treni saranno semplificate. Inoltre vengono definiti nuovi criteri di efficienza e qualità che dovrebbero rappresentate la base da cui si parte per la concessione di contratti di servizio pubblico nel settore ferroviario per il trasporto passeggeri.

LA SEPARAZIONE TRA INFRASTRUTTURE E SERVIZI – Secondo la realtà del trasporto ferroviario europeo, ipotizzata dall’Unione, in futuro la ferrovia rimarrà un monopolio naturale. La legislazione europea attuale prevede un livello di separazione tra gestori dell’infrastruttura ed imprese che garantiscono i servizi. Ma essendo queste imprese nate da vecchie situazioni di monopolio accade che la governance attuale non garantisce le esigenze degli utenti ed anzi non vengono previsti neanche incentivi sufficienti. In alcuni casi si è assistito ad un aumento delle tariffe d’accesso ai binari ed alle stazioni da parte degli operatori di rete nei confronti dei nuovi attori rispetto alle tariffe applicate agli operatori storici.

La liberalizzazione tradita delle Ferrovie in Europa

IL CASO FS-ARENAWAYS – Esempi di tali asimmetrie sono quanto avvenuto nella regione tedesca della Sachseh-Anhalt dove il traffico regionale è assegnato a Deutsche Bahn che con la sua consociata DB Regio ha preso l’impegno di ammortizzare gli aumenti delle tariffe d’accesso ai binari per 15 anni. I costi supplementari sono quindi stati compensati dai maggiori profitti derivanti dalle tariffe riscosse dai gestori dell’infrastruttura. In Italia l’Antitrust ha sanzionato le FS comminando una sanzione di 300.000 euro dopo che è emerso come le Ferrovie dello Stato avessero pianificato grazie alle sue affiliate una strategia complessa per impedire ad Arenaways di operare sulla linea Milano-Torino nel 2011. Decisione, viene ricordato, impugnata davanti al Tar da parte di FS.

IL PROTEZIONISMO FRANCESE – In Francia la Sncf è stata sanzionata per 60,9 milioni di euro a causa di diverse pratiche anticoncorrenziali praticate sul mercato merci a partire dal 2006, anno della liberalizzazione del settore. L’intenzione della commissione era quella di modificare la direttiva che istituisce uno spazio ferroviario unico al fine di garantire la separazione istituzionale tra gestori delle infrastrutture e società responsabili del trasporto. L’obiettivo, neanche troppo velato, era quello di ammorbidire le posizioni di monopolio delle varie compagnie ferroviarie agevolando la concorrenza e l’ingresso di nuovi attori. L’obiettivo era quello di stabilire norme comuni per una governance efficace dell’infrastruttura che assicurasse un trattamento equo alle imprese ferroviarie coinvolte.

La liberalizzazione tradita delle Ferrovie in Europa

LA SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA – Inoltre i gestori avrebbero dovuto istituire un organo di coordinamento con le imprese ferroviarie, i clienti e le autorità pubbliche rendendoli attori centrali nella pianificazione degli investimenti e nei miglioramenti d’efficienza. La direttiva avrebbe stabilito incentivi economici ed indicatori di rendimento per misurare e migliorare l’efficienza dei gestori dell’infrastruttura prevedendo la nascita di una rete europea di gestori dell’infrastruttura al fine di promuovere la cooperazione transfrontaliera. La direttiva avrebbe armonizzato le 11.000 norme esistenti in Europa sul tema velocizzando l’autorizzazione all’operatività di nuovi veicoli ferroviari, il cui costo è di sei milioni di euro per due anni di valutazioni, tagliando i costi per le omologazioni e riducendo la burocrazia.

IL NODO DELLE RISTRUTTURAZIONI AZIENDALI – Il risparmio, quantificato in 500 milioni di euro in cinque anni, avrebbe portato ad un miglioramento della competitività nel mercato europeo aprendo anche a nuovi posti di lavoro. Secondo Strasburgo entro i prossimi 10 anni il 30 per cento dei lavoratori delle Ferrovie andrà in pensione. Di conseguenza potrebbero rendersi necessarie ristrutturazioni che migliorino l’efficienza. Grazie ad una migliore gestione del traffico ed a nuove nome burocratiche, si potrebbe arrivare ad assumere forza lavoro fresca per le sfide del futuro, garantendo quelli attualmente dipendenti che potranno essere spostati dai loro servizi originari in cambio delle condizioni specificate nei loro contratti e accogliendo i nuovi ferroviari del futuro che opereranno in una realtà completamente diversa da quella dei predecessori.

La liberalizzazione tradita delle Ferrovie in Europa

L’EMENDAMENTO CHE BLOCCA TUTTO – Potremmo definire tutto questo una specie di rivoluzione copernicana della ferrovia europea. Di un punto zero. Di una rinascita. Ma. La maggior parte dei propositi contenuti all’interno della proposta sono stati vanificati in sede di discussione. Le società storiche di trasporto ferroviario hanno infatti fatto valere la propria forza in sede parlamentare al punto di far inserire un emendamento che di fatto snatura la proposta ed il lavoro fin qui compiuto per arrivarci. Come spiega l’Ansa, la separazione tra reti e servizi, che doveva rappresentare il capo-saldo della riforma ferroviaria europea e che avrebbe dovuto garantire i nuovi operatori consentendo loro di operare serenamente sulle linee ferrate dell’unione, è stata di fatto cancellata. O meglio, è stata ridimensionata. 

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