Lucia Riina e l’orgoglio per il cognome che fa arrabbiare tutti

Ha spiegato di essere “orgogliosa” del cognome che porta, nonostante le stragi e le vittime innocenti ammazzate dalla mafia e dal padre, Totò Riina. Per loro ha spiegato di “essere dispiaciuta”, ma non per questo ha voluto rinnegare la sua identità. Sono le parole di Lucia Riina, figlia del capomafia – considerato il capo di Cosa Nostra dal 1982 fino al suo arresto, avvenuto il 15 gennaio 1993 – durante la sua prima intervista televisiva, concessa all’emittente svizzera Rts.

LUCIA RIINA

L’INTERVISTA DI LUCIA RIINA – Lucia Riina ha spiegato di “essere onorata di chiamarsi così”. Il motivo? “Qualsiasi figlio che ama i suoi genitori non cambia il cognome. Corrisponde alla mia identità», ha affermato Lucia. “La mia famiglia è cattolica e devo dell’amore a mio padre e mia madre”, ha poi aggiunto. Durante la controversa intervista, doppiata in francese, Lucia Riina, ultimogenita del boss, ha pure ricordato come “da buona famiglia cattolica, ogni sera pregavamo per tutti i membri della famiglia, insieme a mamma e papà”. Come se bastasse per assolvere il padre dai reati e dalle stragi commesse. Pur dichiarando di essere dispiaciuta per le vittime, ha aggiunto che “non bisogna restare nel passato ma guardare avanti”. Dichiarazioni che hanno lasciato senza parole chi continua a battersi per commemorare le vittime di mafia, tra magistrati, giornalisti, uomini delle istituzioni o comuni cittadini.

LA REAZIONE SU TWITTER – Le dichiarazioni di Lucia Riina hanno già scatenato le reazioni indignate di diversi commentatori sui social network. Qualcuno spiega di non essere stupito (“Cosa poteva dire?”), ma la maggior parte condanna la sua mancata presa di distanza:

 

 

 

 

 

Altri criticano la stessa scelta dell’emittente svizzera di intervistarla: “Perché c’è bisogno di ascoltare le parole di queste persone? Che modelli propongono? Non sarebbe meglio sentire le vittime della mafia”, incalzano alcuni utenti. “Mi vergogno io per lei”, scrive un altro commentatore.

IL PRECEDENTE DI ANGELO PROVENZANO – Non è la prima figlia di boss a non rinnegare in televisione le proprie origini. In passato anche Angelo Provenzano, intervistato da Servizio Pubblico, aveva spiegato di essere “fiero” del proprio cognome. Il figlio del Capo dei Capi spiegò: “Vivevo come se fossi stato in un reality show: essere figlio di una persona latitante per 43 anni, vuol dire essere messo sotto controllo e ne sono stato consapevole. Solo dopo la fine della mia ‘latitanza’ è cominciata la mia rinascita, il contatto con la gente, prima conoscevo solo pochi volti”. Definì i collaboratori di giustizia “un’anomalia tutta italiana”, e fu ben attento a non utilizzare mai il termine mafia durante l’intervista.

Videocredit: Servizio Pubblico

Anche quando la giornalista Dina Lauricella gli chiese “chi fossero per lui Falcone e Borsellino”, disse di considerarli “due vittime immolate sull’altare della patria, vittime della violenza”. Ma non solo: alla domanda se “la mafia gli facesse schifo”, rispose: “Tutti i tipi di violenza mi danno fastidio”, chiedendo poi il rispetto della dignità e cure per il boss malato.

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