Amazon chiede (parzialmente) scusa per il tweet sulla “pipì in bottiglia” dei suoi dipendenti

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L'azienda, dopo una settimana, ammette che le condizioni di lavoro (anche per esigenze fisiologiche) dei corrieri porta anche a quel rimedio estremo

Questa volta Amazon l’ha fatta fuori dal vasetto. La scorsa settimana il gigante dell’e-commerce è finito sulle pagine di moltissimi quotidiani di tutto il mondo dopo la denuncia da parte dei sindacati sulle condizioni di lavoro estreme a cui sono portati i dipendenti. All’inizio l’azienda fondata da Jeff Bezos aveva risposto con un tweet standard in cui si negava la storia dei corrieri “costretti” a espletare i propri bisogni fisiologici (la pipì) all’interno di una bottiglia. Ora, però, arrivano le scuse sia per quanto replicato sui social al Congress-man democratico Mark Pocan, sia per non aver raccontato la verità. Insomma, la vicenda dei dipendenti Amazon pipì in bottiglia durante il loro turno di lavoro è tutt’altro che falsa.



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Tutto era partito da questo tweet pubblicato per rispondere a Mark Pocan.



Insomma, Amazon negava la veridicità di quella storia e, rivolgendosi a Pocan, rispondeva in modo quasi stupito alla notizia diffusa sui social. Da quel giorno è passata una settimana. Sette giorni di accese discussioni perché il tema dipendenti Amazon pipì in bottiglia è tutt’altro che campata per aria ed è la punta dell’iceberg di una situazione molto seria a livello lavorativo e sindacale. E, infatti, venerdì sera il colosso dell’e-commerce ha chiesto scusa a Pocan rivelando come questa vicenda sia reale.

Amazon pipì in bottiglia, le scuse dell’azienda e la verità sulle condizioni di lavoro dei corrieri

«Innanzitutto, il tweet non era corretto. Non ha contemplato la nostra numerosa popolazione di autisti e invece si è concentrato erroneamente solo sui nostri centri di distribuzione – si legge nel comunicato stampa pubblicato sul sito ufficiale About Amazon -. Un tipico centro logistico Amazon ha dozzine di servizi igienici e i dipendenti possono allontanarsi dalla loro postazione di lavoro in qualsiasi momento. Se un dipendente in un centro logistico ha un’esperienza diversa, li incoraggiamo a parlare con il proprio manager e lavoreremo per risolverlo».

Farla fuori dal vasetto

Insomma, chi ha replicato con quel tweet standard non aveva minimamente centrato il problema. Anzi, aveva detto che le informazioni diffuse sui social e sui mezzi di informazione erano false. Evidentemente, però, a dire il falso era quel post pubblicato su Twitter, come ammesso dalla stessa azienda. «Sappiamo che i conducenti possono e hanno difficoltà a trovare servizi igienici a causa del traffico o talvolta di percorsi rurali, e questo è stato particolarmente vero durante Covid, quando molti bagni pubblici sono stati chiusi». Il problema, dunque, esiste e rappresenta una delle tante criticità messe in evidenza dai lavoratori che – a livello globale – hanno deciso di scioperare nel corso delle scorse settimane.

(foto di copertina: da Unsplash)