Dal volantinaggio, all’impiego alla festa del Pd: cosa non va nell’Alternanza scuola-lavoro

13/10/2017 di Redazione

È il giorno delle proteste contro l’Alternanza scuola-lavoro, la novità introdotta dalla riforma sulla “Buona scuola” del governo Renzi, che obbliga gli studenti del triennio di licei e istituti tecnici a un’esperienza professionale, che – sulla carta – dovrebbe essere anche professionalizzante. Ma è stato così?

Da quando la misura è entrata in vigore – cioè dall’anno scolastico 2015/2016 – si sono moltiplicati i casi di studenti che denunciavano di aver trascorso le ore di Alternanza scuola-lavoro a fare volantinaggio, dietro la cassa di un autogrill, a spostare lettini e sdraio sulle spiagge, adirittura a servire ai tavoli della festa dell’Unità. Ovviamente non è prevista nessuna retribuzione e così il danno è doppio: gli studenti perdono ore di apprendimento e privano altri – magari proprio loro stessi – di occasioni di lavoro.

IL SONDAGGIO DELLA RETE DEGLI STUDENTI SULL’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

Secondo un recente sondaggio della Rete degli studenti medi, comunque, l’esperienza di Alternanza scuola-lavoro è stata positiva per il 48% degli studenti, mentre il 33% di loro ha espresso un giudizio fortemente critico. Il dato allarmente, però, è che solo per il 27% degli intervistati il percorso lavorativo era davvero in linea con le proprie attitudini. E questo vale soprattutto per gli iscritti a istituti tecnici e professionali.

I CASI PIÙ SCANDALOSI DELL’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

Una carrellata dei casi più eclatanti emersi nei mesi scorsi può aiutare a mettere a fuoco il problema di fondo dell’Alternanza scuola-lavoro:

  • In provincia di Bari una ragazza iscritta a un professionale alberghiero ha speso alcune ore dell’Alternanza scuola-lavoro in una fiera dedicata ai matrimoni. Il suo impiego? Fare volantinaggio, anche per 12 ore al giorno, in barba a qualsiasi diritto dei lavorati (d’altronde lei è una studentessa).
  • La ragazza immortalata con la maglietta dell’Alternanza scuola-lavoro dietro al bancone di un autogrill per 150 ore spalamate su 8 settimane, con grande disappunto delle “colleghe” che nel periodo si sono viste ridurre il monte orario (e lo stipendio).
  • I sei studenti che a Viterbo sono stati arruolati per servire ai tavoli della festa del Pd nel giorno in cui era ospite – ironia della sorte – la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. Mancavano i volontari e quindi sono ricorsi agli iscritti dell’Istituto Ipsea di Caprarola, grazie ai ripetuti appelli su Facebook di un professore, che era apriva anche a un “possibile rimborso spese”, che poi – neanche a dirlo – non c’è stato.
  • Il caso ben più grave di Monza: dove le studentesse impiegate in un centro estetico hanno addirittura subito molestie dal titolare 54enne. Avevano paura di denunciarlo, perché lui avrebbe poi compilato la scheda sul loro lavoro, rilevante ai fini della valutazione didattica complessiva.
  • L’ultimo caso che ha fatto notizia, quello di un diciassettenne che si è fratturato una tibia, perché il muletto su cui stava lavorando, in un’azienda nautica di La Spezia, si è ribaltato.

 

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