Emergenza Covid, il Perù allarga la zona rossa

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Il Paese andino ha il tasso di mortalità è il più alto continente sudamericano e ha richiuso 20 regioni su 25 per evitare un ulteriore peggioramento

 



Torna l’allarme Covid in Perù. Il governo di Lima ha infatti deciso di chiudere nuovamente buona parte del Paese dopo che i dati sui contagi hanno continuato a peggiorare fino alla decisione di allargare ulteriormente il lockdown, visto che il tasso di mortalità è il più alto del continente sudamericano.

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Allarme Covid in Perù, preoccupa il tasso di mortalità

Ad annunciare il nuovo giro di vite è stato il presidente Martin Vizcarra, che ha bandito i raduni di famiglia e esteso il lockdown ad altre cinque regioni del Paese. La cosidetta zona rossa peruviana copre quindi adesso 20 delle 25 regioni del Paese, che con i suoi 25,648 morti è il Paese con il più alto di mortalità del Sudamerica, il quarto al mondo dietro San Marino, Belgio e Andorra. Dati, da questo punto di vista peggiori di Paesi con numeri peggiori come Brasile e Cile. L’allarme Covid in Perù non è infatti una novità, ma a preoccupare il governo centrale è soprattutto la recente comparsa di nuovi focolai e un aumento del 75 per cento delle infezioni tra bambini e dolescenti. Per questo Vizcarra ha reintrodotto il coprifuoco totale la domenica. “Chi ci infetta adesso sono le persone che conosciamo, i parenti che vengono a trovarci o gli amici con cui giochiamo a calcio o facciamo un barbeque” ha detto il presidente in un discorso alla nazione che, secondo i dati forniti dal ministro della Salute, Luis Suarez, dall’inizio della pandemia ha 507.996 casi confermati.

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La cronologia del virus nel Paese

Il primo caso di coronavirus in Perù è stato registrato il 6 marzo e solo una settimana dopo il governo ha imposto una quarantena piuttosto stretta, bloccando ogni attività produttiva nella seconda più grande miniera di carbone del mondo, causando una contrazione dell’economia che le proiezioni della banca centrale del Paese valuta intorno al 12 per cento. Anche per questo a luglio il governo aveva iniziato a riaprire vari settori tra cui quello minerario, quello industriale e quello commerciale, compresi negozi e ristoranti. Un passo forse azzardato visti i nuovi numeri, che hanno costretto il governo a una nuova marcia indietro.