«Addio fantasmi» è il viaggio di cui la cinquina dello Strega aveva bisogno

23/06/2019 di Redazione

*di Maria Letizia Ghidini

Tornare a casa è qualcosa che ha a che fare col riposo e con l’approdo. Ma esistono tempi della vita nei quali il ritorno trascina con sé il peso intrasportabile di un bagaglio carico di ricordi e fantasmi. Nadia Terranova è una scrittrice che suscita inevitabilmente interesse nel panorama letterario italiano: il suo Addio fantasmi (Einaudi) ė entrato di diritto nella cinquina finalista del Premio Strega insieme ad autori come Antonio Scurati, Benedetta Cibrario, Marco Missiroli e Claudia Durastanti.

Addio Fantasmi, il romanzo nella cinquina dello Strega 2019

La capacità quasi chirurgica dell’autrice di raccontare il dolore scaturito dal trauma della perdita dipinge con chiarezza il bisogno di verità e profondità della nostra società che si esprime in modo evidente nell’entusiasta accoglienza dei lettori per questo romanzo.

Addio fantasmi racconta la storia di Ida che vive a Roma con suo marito. Scrive racconti, storie di uomini e donne per la radio. La conosciamo in viaggio, di ritorno alla sua Messina, dove la attende la mamma e la sua casa d’infanzia ormai in rovina. La necessità di vendere giustifica le richieste della madre che la vuole con sé a gettare e tenere gli oggetti di una vita. Ma Ida sa che ciò che la aspetta è un gorgo soffocante di ricordi ben al di là degli oggetti ammassati e accumulati per anni per incapacità di futuro. La realtà spietata dell’assenza di suo padre, scomparso ventitré anni prima, dopo essere uscito di casa senza tornare mai più, al culmine di una lunga e devastante depressione, non lascia spazio al respiro e soffoca in un crescendo di incubi e domande: “gli ultimi mesi che mio padre aveva trascorso con noi erano materia lavica e fangosa, un umore atono che avvolgeva tutte le cose. Avevo tredici anni e non sapevo quanto si è piccoli a tredici anni, quanto si creda di essere grandi; le fiabe cadute alle spalle non ti avvisano, non ti consegnano strumenti in eredità: quali sono le avvisaglie che un regno sta per finire?”.

Nadia Terranova racconta i suoi sopravvissuti con la lucidità di chi sa di farne parte: nessun pietismo, nessuna retorica. Ciò che trascina i suoi personaggi in questo vortice infinito di sensi di colpa e di risposte anelate e mai avute è la verità di un dopo, un punto preciso all’indomani del dolore che ha a che vedere più con la resistenza che col coraggio: “nessuno è vivo – tutti noi siamo soltanto: ancora vivi. Abitiamo il tempo del «per ora»”.

Il viaggio di Addio Fantasmi

La figura del padre si esprime nella concretezza della sua assenza che dipinge – sul soffitto di una casa un tempo felice – macchie di muffa e di umidità. La scomparsa assume l’aspetto di una figura evanescente e pesantemente reale fatta di un nome, di un corpo e una voce. Ida li cerca, come tracce, come indizi di un passato che effettivamente è stato: “il nome di mio padre ci tiranneggiava, quando lo rispettavamo ci prendeva in giro andandosene per settimane, lasciandoci recintate nello sconforto e nella paura, ma se ci impegnavamo a dimenticarlo usciva dal frigo, dal cassetto dove i suoi medicinali erano scaduti, si piantava davanti alla tavola apparecchiata; l’uomo che era stato mio padre guardava la nostra vita e avrebbe continuato a farlo per sempre”.

E l’afasia, l’impossibilità di dare voce alla sovrabbondanza di parole che si allargano e prendono dominio del mondo sotterraneo e interiore della protagonista vengono colmati dal bisogno di storie nel suo lavoro di autrice radiofonica, trovano compimento nell’architettura armoniosa della scrittura stessa di Nadia Terranova. Perché i ricordi, in queste pagine, si impreziosiscono di dettagli che confinano la felicità a un tempo ormai perduto e rivelano con brutalità quel senso straziante di impotenza che pervade tutta l’opera; ci restituiscono la precisione di un dolore che è reale quanto la letteratura stessa: “e io e mia madre diventammo quello che eravamo sempre state: due donne, sgomente sopra il tetto rotto di una casa troppo grande, perse in mezzo a lavori incompiuti e a un’incompiuta tristezza, una di fronte all’altra ed entrambe di fronte a un abbandono”.

Le parole di Nadia Terranova sono parole da conservare, parole che hanno il suono antico e magico di un’epigrafe immortale e racchiudono dentro la partitura perfetta di un’algebra musicale tutte le leggi del mondo e dell’uomo. La sua scrittura scarnifica fino all’essenza la quotidianità della vita all’indomani del trauma, quando la mente, per sopravvivere alla mancanza di significato del dolore, esamina instancabile ogni possibilità di senso che pacifichi tutto. In assenza di risposte, le domande si moltiplicano, in quel vortice di autolesionismo e punizione che trascina Ida in un viaggio che ha le sembianze dei gironi danteschi. Le anime che le si disegnano giù nel suo Inferno sono poche ma significative, cariche della colpa e della pena, sospese in un presente dilatato all’infinito, come una tortura: “dormire non si può, perché le scene si sono inanellate e ora mi tocca tacere e osservare quella catena di montaggio. «Me lo merito», ha detto Nikos del suo senso di colpa. Lo capisco, so cosa vuol dire; «non me lo merito», dico io del sonno dei giusti che non mi tocca né mi spetta. Dormire non si può, perché ho perso tempo, prigioniera di me stessa e barricata nella paura”. 

Addio fantasmi è un viaggio che ci trasporta fin dentro l’inferno senza luce del dolore, per poi risvegliarci, un po’ storditi e ammaccati, su una barca pronti per la traversata: ciò che aspetta Ida, oltre il mare, è un futuro purgante a cui credere finalmente dentro il respiro liberatorio del proprio Addio. E se di salvezza non si può parlare tra le pagine di una letteratura che è lo specchio del nostro tempo, resta comunque intatta la verità di parola che racconta di una bellezza che è speranza essa stessa, e di pace, e del desiderio di essa.

Maria Letizia Ghidini è nata ad Albano Laziale nel 1984. Laureata in Lettere all’Università di Roma Tor Vergata con una tesi su Erri De Luca, ha pubblicato un articolo sul teatro di Mario Luzi sulla rivista letteraria “In limine” nel 2015.  Ha frequentato il Laboratorio di Giornalismo Culturale diretto da Paolo Di Paolo e Eugenio Murrali presso la Giulio Perrone Editore. Collabora con la rivista on line “Dazebao News”, scrivendo principalmente di teatro, libri e letteratura

FOTO: ANSA/MAURETTA CAPUANO

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