Il M5S ha armato da solo il «manganello» che su Roma colpisce Raggi e Di Maio

07/09/2016 di Andrea Mollica

Il caso Muraro, il silenzio dell’assessore all’Ambiente su un’indagine a suo carico e successiva menzogna in merito, sta facendo esplodere le molte contraddizioni del M5S. La mancanza di una chiara catena di comando, l’approccio giustizialista e l’esigenza di ricorrere a tecnici legati all’establishment per risolvere problemi complessi hanno creato la miscela esplosiva che sta deflagrando a Roma. Un’arma caricata e puntata contro se stessi dagli stessi 5 Stelle.

IL M5S E IL CASO MURARO

Franco Bechis su Libero ha evidenziato come il caso Muraro si basi su un’ipotesi accusatoria piuttosto debole. Al momento non sono uscite informazioni precise sull’indagine a carico dell’assessore – quindi l’impianto potrebbe essere anche molto più grave di quanto appaia ora – ma l’eventuale infrazione dell’articolo 256 del Testo unico dell’Ambiente potrebbe portare alla sola sanzione amministrativa.

La Muraro è indagata? Sì. E non significa nulla. Che cosa rischia? Poco più di uno scappellotto, mai l’indagine proseguisse. Perché quell’articolo 256 del testo unico ambientale prevede sì una pena non enorme anche dell’arresto da 3 mesi a un anno (reato quindi minimo) accompagnata da da una multa fra 2.600 e 26.000 euro. Questo però solo se a compiere il reato sono “titolari di imprese e i responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti”. La Muraro però non rivestiva formalmente questa qualifica, e l’eventuale violazione di quelle norme di legge comporterebbe allora solo la sanzione amministrativa pecuniaria

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IL M5S E IL MANGANELLO CONTRO VIRGINIA RAGGI

Come rimarca Bechis, il M5S sta gettando al vento la vittoria più rilevante del suo successo alle amministrative 2016 per una multa da poche migliaia di euro, che potrebbe essere comminata a un suo assessore dopo tre gradi di giudizio, eventuali. Il nulla, sinceramente, che un partito normale derubricherebbe a banale problema che può colpire ogni suo amministratore. Il M5S invece sta subendo un manganello mediatico impressionante, e la cosa più sorprendente è che l’arma sia stata caricata dagli stessi pentastellati. Virginia Raggi, nel colloquio trascritto dal Fatto, si lamenta come la procura di Roma non possa utilizzare una indagine come quella su Muraro come un manganello. Ma è stata lei stessa a tacere fino alla menzogna per paura del giustizialismo su cui ha costruito parte della sua campagna elettorale. Una contraddizione in cui è caduto clamorosamente anche Luigi Di Maio, colpevole dello stesso silenzio su un’indagine utilizzata per buttare fuori dal M5S l’avversario Pizzarotti.

IL M5S SENZA REGOLE NON SA GOVERNARE

I militanti del M5S urlavano onestà, onestà ai funerali del loro leader, Gianroberto Casaleggio. Perseguire questo valore è un titolo di merito, ma il linciaggio giustizialista basato sul sospetto, che non rispetta il principio di presunzione dell’innocenza fissato dalla nostra Costituzione, condanna gli esponenti M5S a un simile caos. Esacerbato dalla mancanza di una struttura decisionale tipica di ogni organizzazione. Ci fosse un segretario di partito, nazionale o anche solo di Roma, e organismi territoriali decisionali, invece che l’illusorio uno vale uno, il caso Raggi sarebbe stato gestito con ben altra rapidità e chiarezza. Fino a pochi mesi fa una simile situazione sarebbe stata risolta da Gianroberto Casaleggio, con un post a nome di Beppe Grillo. Adesso invece un problema minore diventa una controversia nazionale per le illusioni pentastellate, infrante contro la realtà.

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