L’indecente sciacallaggio politico sul caso dell’anziano che ha sparato al ladro

L’altro giorno un anziano ha sparato a un ladro che stava tentando di entrare in casa sua per rapinarlo. Il ladro è rimasto ucciso. Questa la fredda cronaca, che si sta arricchendo in queste ore di domande e particolari: perché l’uomo aveva il porto d’armi? Il ladro era dentro o fuori dall’abitazione? Insomma, dove si ferma la legittima difesa e dove comincia l’omicidio?

La questione sarebbe relegata alle cronache locali, se non fosse che da un po’ di tempo questo genere di questioni sono diventate le preferite da quell’ala politica facente capo a chi ha deciso di cavalcare beceramente la pancia delle persone per ritagliarsi un posto al sole e una poltrona di governo.

Quindi, come sempre quando la politica decide di fare di una faccenda qualsiasi lo stendardo di una battaglia a uso e consumo della bile e della schiuma alla bocca, la popolazione si è divisa nelle solite trite e ritrite fazioni alla cui appartenenza abdicare ogni briciolo di coscienza civica che preveda una forma qualsiasi di approfondimento e ragionamento.

Il tema non meriterebbe affatto questo trattamento: innanzitutto perché lasciar credere alla gente che può uccidere solo perché si sente minacciata è un pericolo per la società, come è facilmente immaginabile.

In secondo luogo perché ancora una volta la politica riesce a farsi pubblicità su una sua mancanza. Garantire la sicurezza pubblica non è e non deve essere compito del cittadino, ma dell’amministratore. Ed è folle che lo stesso amministratore che non riesce a garantire ciò per cui è pagato dalla collettività, fomenti la collettività ad accollarsi uno dei suoi doveri nonostante sappia come questo possa essere un pericolo per la società tutta.

Ancora una volta, insomma, complimentoni a tutti. Compresi quelli che invece di pretendere sicurezza dai politici che lautamente pagano, preferiscono il permesso di sparare ai ladri.

Oggi.

 

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