«L’euro costa una generazione perduta»

L’euro costa una generazione perduta secondo il capo economista di Deutsche Bank. I difetti di costruzione dell’unione monetaria stanno penalizzando i giovani del Vecchio Continente, colpiti da tassi di disoccupazione record. Il valore rappresentato dall’unità europea dovrebbe però favorire la sopportazione di questo alto costo umano, che sta determinando una diffusa sofferenza sociale.

L’EURO E LA GENERAZIONE PERDUTA – Il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung riporta l’analisi sui problemi dell’euro effettuata da David Folkerts-Landau, il capo economista di Deutsche Bank, uno dei giganti del credito continentale. Folkerts-Landau ha rimarcato come il costo per mantenere integra l’unione monetaria sia una generazione perduta. «L’eurozona è stata costruita in modo sbagliato con troppe strutture differenti tra di loro, e questo difetto ha portato a una crisi, che ora costerà un lungo periodo di alta disoccupazione che colpisce sopratutto le giovani generazioni». Per il capo economista di Deutsche Bank non ci sono dubbi che la moneta unica sopravvivrà alla crisi, ma ciò costerà una generazione, la cosiddetta generazione perduta. Folkerts-Landau indica in questa prospettiva gli alti tassi di disoccupazione e la forte crescita dei NEET, le persone che non lavorano e non studiano o sono in formazione, che si registrano sopratutto nell’Europa del Sud colpita dalla crisi. In Italia la disoccupazione giovanile è più che raddoppiata rispetto al 2008, mentre i NEET sono aumentati di circa 10 punti percentuali.

L’EURO E IL FUTURO – Il capo economista di Deutsche Bank, nonostante prospettive cupe, è comunque ottimista sul futuro dell’euro, vista l’importanza dell’unità del Vecchio Continente. «La maggior parte degli europei sono pronti a pagare il duro prezzo della crisi, per avere un’Europa ancora più unita», ha sottolineato David Folkerts-Landau, forse facendosi prendere da un eccessivo ottimismo. Per far funzionare l’unione monetaria dovranno essere introdotte ulteriori modifiche alle sue strutture, composte da aiuti e trasferimenti dagli Stati più ricchi a quelli maggiormente in difficoltà. Un cambiamento che secondo il capo economista di DB è condiviso dalla classe politica tedesca, il cui orientamento non dovrebbe essere scosso dall’acuirsi della crisi finanziaria. Per Folkter-Landau è improbabile che sui mercati dei capitali ritorni la crisi del debito sovrano verificatasi dal 2010 al 2012, e poi interrotta dopo che la Bce ha garantito sulla sopravvivenza dell’eurozona. Neppure un’eventuale salita al potere di Syriza in Grecia, ipotesi che sembra spaventare gli investitori, dovrebbe provocare eccessivi scossoni alla rotta tracciata da Angela Merkel per mantenere l’integrità dell’unione monetaria.

LEGGI ANCHE

Juncker: «Senza fatti conseguenze spiacevoli per Italia e Francia»

I giovani italiani sono i più pessimisti d’Europa

La Grecia e la paura del ritorno dell’eurocrisi

L’EURO E L’ITALIA – David Folkerts-Landau individua nelle insufficienti riforme strutturali la principale causa delle difficoltà economiche dell’eurozona. L’introduzione di misure per il rafforzamento della competitività dei diversi Stati in eurocrisi è ancora limitata, mentre continua a crescere il livello di indebitamento. Il capo economista di Deutsche Bank ha citato espressamente l’Italia come caso problematico, con un’economia in recessione oppure incapace di crescere al di là della stagnazione da ormai molti anni, e un debito aumentato a livelli record, che potrebbe sfiorare il 140% nel prossimo futuro. Una simile dinamica dovrebbe condurre a una nuova crisi, ma grazie alla protezione offerta dalla Bce i Paesi in maggiore difficoltà non subiscono le inquietudini dei mercati. Per Folkerts-Landau l’acquisto di titoli di stato da parte della Banca centrale europea è ormai inevitabile, anche se ciò produrrà alcuni effetti negativi, riscontrabili in Italia come in Francia. «La Bce compra il tempo, ma questo tempo non viene sfruttato per fare le riforme».

Photo credit: Sean Gallup/Getty Images

Share this article