Tor Sapienza e la “cupola” di “Mafia Capitale” dietro la rivolta

C’era la “cupola” di “Mafia Capitale” dietro i disordini della periferia romana di Tor Sapienza. Erano i protagonisti del “Mondo di Mezzo“, a partire dal presidente della cooperativa “29 giugno” Salvatore Buzzi ora in carcere, a volersi spartire la torta degli appalti del settore dell’accoglienza ai migranti. Anche nella banlieue capitolina che a metà novembre si rivoltò, in un mix di slogan anti-immigrati e neofascisti, come riporta Carlo Bonini sul quotidiano “La Repubblica“.

 

tor-sapienza-roma-3

 

MAFIA CAPITALE E I DISORDINI DI TOR SAPIENZA –  Già negli anni precedenti la cooperativa “Il Sorriso” che gestiva il centro preso d’assalto durante i giorni di rivolta di metà novembre era finita nel mirino della “cupola”, come ha raccontato al quotidiano romano Gabriella Errico, presidente della cooperativa sociale. La stessa che dopo i giorni di tumulti perse sia la struttura, diventata inagibile a causa dell’assedio, che i 45 minori non accompagnati, spostati dal centro nel quartiere polveriera. E che ricorda una strana telefonata dello stesso Buzzi nel pieno dei disordini:

«Seduta nel suo ufficio a Cinecittà, Gabriella respira profondo. «Sono madre di due bambini. Ho paura», dice. «Ho ancora paura». Ma non della furia di Tor Sapienza. Di quei due lì. Buzzi e Sandro Coltellacci (anche lui arrestato, ndr). Del ricordo di quella telefonata arrivata durante il secondo giorno dell’assedio. «Mi chiamò Buzzi. Mi disse: “Resisti, Gabriella, mi raccomando”. Gli spiegai cosa stava succedendo. “Qui fuori è l’inferno. Sono fascisti, Salvatore. Gridano “Duce, Duce”. Mi rispose lasciandomi di sale: “Non ti preoccupare. Ora faccio un paio di telefonate e sistemo”».

TOR SAPIENZA, MAFIA CAPITALE E L’OMBRA DI BUZZI –  A “Repubblica” Errico racconta di non aver capito, almeno all’inizio, «cosa c’entrasse Buzzi con i fascisti». Poi, con il passare dei giorni, quando la rivolta di Tor Sapienza era terminata  e la coop presieduta dalla donna aveva perso la struttura e i minori (trasferiti nella struttura della Domus Caritatis all’Infernetto, ndr), le perplessità di Errico cominciarono a trovare risposte:

«Gabriella viene avvicinata da un amico. «Mi disse che Buzzi andava dicendo che ora “mi aveva in pancia”. Sì, così diceva: “Ora, ho in pancia quella lì del Sorriso”. Mi infuriai. E per un attimo pensai che a Tor Sapienza solo la mia cooperativa era stata assediata. Come mai le strutture nell’orbita di Tiziano Zuccolo, grande amico di Buzzi, che pure ospitavano migranti adulti non erano state sfiorate dalla rivolta? Dissi al mio amico che Buzzi non aveva in pancia proprio un bel niente». E però, dopo poco, Buzzi si fa vivo. «Mi fissò un appuntamento per il 4 dicembre alle 11. Mi disse che era venuto il momento di sedersi intorno a un tavolo e discutere del “Condominio Misna”». Condominio Misna? «Era il suo modo di dire. Per riferirsi alla spartizione degli appalti, lui diceva “condominio”. O anche “cartello”. Voleva parlarmi di come intendeva dividere la torta dei “misna”, che sta per “minori stranieri non accompagnati”. Pensava evidentemente che, dopo Tor Sapienza, fossi finalmente pronta a cedere. Per fortuna, il 2 dicembre lo hanno arrestato».

 

TOR SAPIENZA E UN INCUBO CHE PARTE ANNI FA –  Quanto accaduto a novembre a Tor Sapienza è però soltanto l’ultimo atto di una storia lunga. Un incubo che parte anni prima, quando a Roma c’era ancora l’amministrazione Veltroni, nel 2005. Con tanto di minacce:

«Si manifesta con i modi, le allusioni e le minacce di Sandro Coltellacci, la mano di Buzzi, presidente di Impegno e promozione, una delle coop del suo Sistema. Sono i giorni in cui “Un sorriso” è ancora un’associazione e ha sede in viale Castrense, in un palazzo di proprietà del Comune che ospita anche gli uffici del Servizio giardini. Ad insaputa di Gabriella Errico, Coltellacci ha convinto «con una cospicua liquidazione » l’allora presidente dell’associazione Un Sorriso, Saverio Iacobucci, a costituire una cooperativa che ha lo stesso nome dell’associazione, ma una diversa partita Iva e ad affidarne la presidenza a sua moglie, Simonetta Gatta. La mossa è necessaria a impadronirsi della sede dell’associazione (subentrando nella concessione dell’immobile da parte del Comune) e, progressivamente, delle sue attività. Ma la Errico si mette di traverso. Trasforma a sua volta l’associazione in cooperativa, si asserraglia in viale Castrense e avvia una serie di esposti. «Nel 2006 cominciarono le minacce — ricorda Gabriella — Coltellacci mi affrontò: “Ti faccio cambiare città. E sappi che non guardo in faccia a nessuno. Né alle donne, né ai bambini”». Il marito di Gabriella, Germano De Giovanni, prova a difenderla. Coltellacci lo manda all’ospedale San Camillo.

 

“MAFIA CAPITALE” E IL “CARTELLO” DEGLI APPALTI –  Quando al Campidoglio nel 2008 arriva Gianni Alemanno, le tensioni crescono. La coop di Errico viene esclusa dall’assegnazione degli appalti che “pesano”: sulla gestione dei servizi per migranti e “richiedenti asilo” a “comandare” è quello che Buzzi chiama “il cartello”.  Lo stesso che si “prende” anche gli appalti per i “richiedenti asilo” (il cosiddetto progetto “Sprar”, 34 milioni di euro) e i servizi di sostegno alle persone senza dimora (pasti e alloggi in residence), come ricorda “Repubblica“. Ovviamente, lo stesso Buzzi con la coop “29 Giugno” riesce a “incassare” la gran parte degli stessi appalti:

«E se a lui toccava 100, al suo amico Tiziano Zuccolo, spettava 50. Mentre a tutti gli altri, le briciole». A Zuccolo (che nelle carte dell’inchiesta scopriamo in grande confidenza con Luca Odevaine) fanno infatti capo le cooperative bianche: La Cascina (Cl) e Domus Caritatis. E né Buzzi, né Zuccolo amano la concorrenza. Al punto che, quando qualcosa sfugge alle maglie del monopolio, è il Comune a mettere le cose a posto. Accade quando “Un sorriso” vince il bando per la Casa dei papà, alloggi e sostegno per padri separati. E per questo Gabriella viene convocata dal Dipartimento per le politiche sociali, dove si trova di fronte un tipo che all’anagrafe si chiama Maurizio Lattarulo, ma che nel giro è meglio conosciuto come Provolino. Guarda caso, un ex Nar vicino alla Banda della Magliana (il suo nome, per dire, si guadagna 90 citazioni nella maxi ordinanza del giudice Otello Lupacchini) che la giunta Alemanno ha reinventato “consulente per le politiche sociali”. «Questo Provolino mi disse che non dovevo permettermi», ricorda Gabriella. Ma lei non recede. E, per questo, paga il conto», scrive Repubblica.

 

“MAFIA CAPITALE” E LE INTIMIDAZIONI – Lo stesso Buzzi passa alle intimidazioni, per evitare che la coop “Un Sorriso” faccia concorrenza. Per questo Errico, dopo aver presentato una manifestazione d’interesse per i servizi di guardiania e pulizia dei residence per i senza dimora, viene contattata ancora una volta dal “ras delle coop”. Buzzi le lancia un “avvertimento”, Errico e la sua coop “non devono mettersi in mezzo”. La presidente comprende la situazione, spiega che si ritirerà. Ma Buzzi le “manda” anche un uomo per ripetere le stesse intimidazioni. Errico, sconvolta, prova a ritirarsi dalla gara, ma spiega a “Repubblica” come un funzionario “per bene” del Comune non abbia accettato. Il resto è storia recente. Prima i disordini, poi l’inchiesta che ha sconvolto la Capitale.

Share this article