Firme false per lista Formigoni, Guido Podestà condannato a 2 anni e 9 mesi

Il presidente della provincia di Milano Guido Podestà è stato condannato a due anni e nove mesi nel processo sulla falsificazione delle firme necessarie alla presentazione della Lista Formigoni alle Regionali del 2010. Disposta anche la sospensione dai pubblici uffici.

Guido Podestà condannato 2
Guido Podestà/Lapresse

Il giudice della quarta sezione penale del tribunale ha condannato anche gli ex consiglieri provinciali Massimo Turci e Barbara Calzavara (due anni e sei mesi di reclusione), Nicolò Mardegan (tredici mesi) e Marco Martino (nove mesi). I condannati dovranno anche versare 100mila euro alla Provincia, che si era costituita parte civile nel processo.

CONDANNATO GUIDO PODESTÀ – Podestá, eletto nel 2009 nelle liste del Pdl, è ancora in carica per lo svolgimento degli affari correnti, sebbene l’ente sia stato soppresso. «Contro di me sono state dette solo menzogne. Non c’era una sola prova del mio coinvolgimento», ha protestato contro il verdetto. Per poi annunciare la pubblicazione sul suo sito di un dossier (intitolato “Che Italia è questa“) con la quale, spiega, «dimostro la mia assoluta estraneità dai fatti che mi sono stati contestati».

Eppure, il procuratore Alfredo Robledo aveva chiesto una condanna ancora più pesante per Podestà: cinque anni e otto mesi di reclusione, per falso ideologico, contestando la falsificazione di 926 firme a sostegno del listino dell’ex governatore lombardo. In una pesante requisitoria Robledo aveva parlato di «ferita grave per la democrazia», sostenendo come fosse stata sottratta «ai cittadini la libertà di scelta della loro rappresentanza». Invece che “falso in atto pubblico”, però, il giudice ha deciso di derubricare il reato in “falso in materia elettorale”, rendendo la condanna meno dura.

LE ACCUSE – Ad accusare Podestà era stata l’ex responsabile della raccolta firme del Pdl, Clotilde Strada, che aveva già evitato il processo patteggiando una pena di 18 mesi. Fu lei a raccontare cosa sarebbe successo il giorno prima della scadenza della presentazione delle liste nella sede del Pdl:

«Nonostante tutti gli sforzi non si era raggiunto il numero minimo di firme necessarie (…) Non sapendo cosa fare chiamai Podestà, essendo lui il responsabile politico (…) Venne in sede dopo due ore circa. […] Gli ribadii che ormai avevamo raschiato il fondo del barile delle nostre possibilità, e che certamente non eravamo in grado di raccogliere le firme necessarie. Podestà mi guardò e mi disse: “Avete i certificati elettorali, usateli”», fu la sua versione. 

L’inchiesta è però partita da un esposto dei Radicali, che depositarono in Procura anche una serie di articoli stampa dove emergeva come la “chiusura” delle candidature per il listino di Formigoni fosse arrivata all’ultimo momento. Anche perché, in seguito a un vertice ad Arcore, era stato deciso di cambiare alcuni nomi, inserendo tra gli altri anche quello di Nicole Minetti.

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