Italia, la nazionale debole coi deboli e forte coi forti

L’Italia nelle ultime sfide contro Azerbaigian e Malta ha raccolto sei punti su sei disponibili. Missione compiuta, verrebbe da dire. I sorrisi diventano però un po’ più tirati se si analizzano i meri numeri. Nelle ultime due partite gli azzurri hanno segnato tre goal, subito uno e collezionato un’espulsione, quella di Bonucci nel corso della sfida di Malta.

Nonostante Antonio Conte predichi ottimismo, ricordando che quello che conta sono i punti, appare innegabile che la nostra Nazionale, per l’ennesima volta, si è trovata a faticare oltremodo con le piccole. Questione di mentalità, evidentemente, vista la prestazione sicuramente superiore registrata in Norvegia. L’Italia in queste partite si limita all’essenziale. Piazza il golletto per poi giocare palla a terra rallentando molto i ritmi, forte di una superiorità solamente supposta che poi viene sgretolata quando l’avversario, la cenerentola di turno, sorprende la nostra difesa. È accaduto con l’Azerbaigian e stava succedendo anche con Malta.

Chissà infatti se i nostri avversari di ieri sera fossero rimasti in 11 senza l’espulsione al ventisettesimo minuto del primo tempo di Michael Mifsud, il giocatore più talentuoso della nazionale locale insieme a Clayton Failla, con quest’ultimo che ha fatto ammattire Chiellini e Bonucci, gente che almeno sulla carta dovrebbe preoccuparsi di ben altri avversari. Magari sarebbe finita come a Perugia nell’ultima amichevole pre-Mondiale, un 1-1 registrato con Lussemburgo con goal di Chanot a 4 minuti dalla fine che se la batte con l’1-0 del 1966 contro la Corea Del Nord come risultato peggiore della nostra Nazionale.

Quella prestazione che valse l’eliminazione dal Mondiale ad opera di un dentista valse agli azzurri un rientro all’aeroporto di Genova con lanci uova e pomodori. Era il 24 luglio 1966 e nessuno allora si sarebbe sognato di parlare di fair play. Il gruppo azzurro cercò di giustificarsi dopo il Lussemburgo spiegando che era colpa della preparazione atletica pre-Mondiale. Una scusa patetica già prima di Brasile 2014 e che si è rivelata addirittura rivelatrice. Se uno fatica con i lussemburghesi figurati cosa farà con costaricani e uruguaiani. Infatti. E dire che mentre al Ta’Qali di Malta imperversavano gli sbadigli, la Croazia, nostra prossima avversaria nel girone, ne faceva sei in scioltezza agli azeri che da noi a Palermo sembravano dei muri in difesa. Possibile che la Croazia sia più forte di noi?

Difficile. Certo, l’ultima parola spetta al campo ma prima di giungere a conclusioni affrettate forse è il caso di capire da cosa derivi la difficoltà tutta italiana di vincere e convincere contro avversari di modesta caratura. O come si direbbe al campetto, scarsi. (Non c’è niente di male nel dirlo, no? Certo, poi i nazionali di San Marino giocano a Wembley mentre la maggior parte dei lettori e lo scrivente si possono concedere al massimo una partita di calciotto il martedì sera, ma questo è un altro discorso).

Nelle 396 partite disputate dalla Nazionale italiana di calcio, statistiche provenienti dalla pagina Facebook Dario Hubner ti vede, gli azzurri hanno segnato cinque o più goal in una partita solo 31 volte. Negli ultimi 21 anni è successo solo 2 volte. 24 marzo 1993, Italia-Malta a Palermo, 6-1 e 7 settembre 2010, a Firenze, Italia-Far Oer 5-0. L’ultima volta che abbiamo segnato 4 goal è stato in Confederations Cup, il 19 giugno 2013 contro il Giappone, sfida finita 4-3. Stesso risultato della Confederations di quattro anni prima contro la Nuova Zelanda, affrontata poi a Sudafrica 2010 e conclusa con il risultato di 1-1. Inutile sottolineare l’abisso che ci separa dagli oceanici, e non solo dal punto di vista geografico.

L’ultima sfida contro San Marino, ultima Nazionale del ranking Uefa, è del 31 maggio 2015 ed è finita con la vittoria azzurra per 4-0. Notevole il pareggio per 2-2 contro Haiti dell’11 gennaio 2013, così come il 3-2 del 14 ottobre 2009 contro Cipro. Da registrare anche lo 0-1 in casa delle isole Far Oer del 2 settembre 2011. Due anni prima sempre a Torshavn l’Italia vinse per 2-1, scatenando grandi polemiche per il goal subito. Da segnalare anche la sconfitta in Confederations Cup contro l’Egitto per 1-0, il 18 giugno 2009, una squadra quella africana in grado di vincere nel suo Continente ma di non qualificarsi al Mondiale dal 1990.

Il 22 agosto 2007 l’Italia perse 3-1 contro l’Ungheria, una sconfitta importante ma che non batte quella che aprì il primo ciclo di Marcello Lippi che si chiuse con la vittoria della Coppa del Mondo a Germania 2006, ovvero la sconfitta per 2-0 in casa dell’Islanda il 18 agosto 2004, con gli scandinavi che non erano certo quelli che ieri hanno battuto l’Olanda per 2-0 balzando in testa al loro girone con nove vittorie dopo tre partite e zero goal subiti. Non mancano certo i successi. Negli ultimi 10 anni l’Italia ha vinto con Olanda (tre volte), Germania (tre volte), Portogallo (una volta), Francia (una volta), Spagna (una volta), Inghilterra (due volte).

Allora? Al di là delle sconfitte evidentemente c’è un problema mentale. A questo punto appare opportuno ricordare cosa successe in Cile tra la locale nazionale e gli azzurri in quella che venne ricordata come la «battaglia di Santiago». Era il 1962 ed il Cile ospitava i Campionati del Mondo. Gli azzurri erano visti di buon occhio ma tutto cambiò quando Corrado Pizzinelli del Resto del Carlino scrisse della capitale cilena:

il Cile sul piano del sottosviluppo deve essere messo alla pari di tanti paesi dell’Asia e dell’Africa… Gli abitanti di quei continenti sono dei non progrediti, questi sono dei regrediti.

mentre sempre sul quotidiano bolognese apparvero altre considerazioni:

Santiago è il simbolo triste di uno dei paesi sottosviluppati del mondo e afflitto da tutti i mali possibili: denutrizione, prostituzione, analfabetismo, alcolismo, miseria… Sotto questi aspetti il Cile è terribile e Santiago ne è la sua espressione più dolente, tanto dolente che perde in sé le sue caratteristiche di città anonima… Interi quartieri della città praticano la prostituzione all’aria aperta

I cileni giurarono vendetta agli italiani e la partita, finita 2-0 per i cileni, fu caratterizzata dalla violenza dei falli e dall’ingresso della polizia sul capo per quattro volte. Ora, certo quell’episodio ormai del passato se non del trapassato non è collegabile in alcun modo con la maglia azzurra. Appare evidente però il senso di una certa superiorità nei confronti degli avversari più deboli. Questo porta l’Italia a dare sempre il peggio con le piccole, dimenticando però che le vittorie aiutano a vincere e che non ci si può ricordare del blasone solo a Wembley mettendo poi in scena lo spettacolo visto al Ta’Qali. Il calcio è fatto anche di spettacolo, specie nel mondo odierno delle televisioni e di internet. E non dare lo spettacolo richiesto ridimensiona anche la storia di una maglia gloriosa come quella azzurra. (Photocredit copertina Davide Anastasi/LaPresse)

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