Il governo dice addio alle Province

Spariscono gli eletti nelle province, ma restano le spese e i dipendenti delle province e alla fine il risparmio sarà molto modesto, se sarà.

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IL RIMESCOLAMENTO – I soggetti che sostituiranno le province continueranno ad avere competenze su trasporti, ambiente e mobilità, ma solo per la pianificazione, sull’edilizia scolastica manterranno la gestione e cominceranno a occuparsi anche di pari opportunità. Tutte le altre competenze passeranno ai Comuni a meno che le Regioni non preferiscano tenerli per sè. E lo stesso percorso seguiranno il personale e il patrimonio che così non subiranno riduzioni, ma solo trasferimento in carico ad altre amministrazioni, che però per ora non ricevono risorse aggiuntive per stipendiare più dipendenti o per coprire le competenze derivanti dal nuovo assetto.

LE PROVINCE NON SPARISCONO – Le province per ora comunque non spariscono, per quello occorrerà attendere la riforma costituzionale, quello che può fare e ha fatto il legislatore è di trasformarle in enti di secondo livello e disporre che a presieerle e a gestirle siano in effetti i sindaci della provincia di riferimento, con quello del comune capoluogo a presiedere due assemblee anch’esse costituite da amministratori che non riceveranno compensi per quest’opera. Se si pensa che gli stessi potrebbero essere chiamati a fare i senatori, sempre gratis, si nota un’evidente inflazione dell’espediente renziano.

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LE CITTÀ METROPOLITANE – Sono inoltre costituite nove città metropolitane, che dove saranno sostituiranno le province di riferimento: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Reggio Calabria, alle quali si aggiunge Roma Capitale a cui è dedicato un capitolo a parte del provvedimento. A queste si aggiungono le città metropolitane istituite conformemente alla loro autonomia speciale dalle regioni Friuli-Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna: Trieste, Palermo, Catania, Messina, Cagliari. Le città metropolitane avranno dei compiti più rilevanti di quelli assegnati alle province ordinarie, oltre a quelli rimasti agli enti di area vasta si occuperanno infatti della pianificazione territoriale generale, comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture, dell’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano, della viabilità e mobilità e dello sviluppo economico. Per quello che riguarda gli organi della città metropolitana, il disegno di legge indica: un sindaco metropolitano; il cui incarico è esercitato a titolo gratuito, due assemblee (presiedute dal medesimo sindaco), il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana.

LE NUOVE PROVINCE  – Per le province ordinarie il presidente sarà il sindaco del comune capoluogo, l’assemblea dei sindaci  raggrupperà tutti i primi cittadini del circondario e poi ci sarà il consiglio provinciale, che sarà formato da 10 a 16 membri (a seconda della popolazione) scelti tra gli amministratori municipali del territorio. Per nessuno di questi organi è previsto un compenso. Così come non percepiranno alcuna indennità né i 52 presidenti di Provincia che sarebbero scaduti in primavera e né i 21 commissari in carica per effetto della legge di stabilità fino al 30 giugno. Fino all’inizio del 2015 quando le Province 2.0 s’insedieranno saranno questi organi a supplire al consiglio provinciale mentre gli assessori resteranno al loro posto. Sempre fino a fine 2014 e sempre a costo zero.

AMMINISTRATORI SENZA STIPENDIO – Al tempo stesso però vengono ampliati di circa 24mila unità i posti a disposizione nei Comuni. Fino a 3mila abitanti avranno infatti un sindaco, 10 consiglieri e massimo due assessori (ora hanno solo sindaco e sei consiglieri) mentre nella fascia 3mila-10mila abitanti ci saranno un sindaco, 12 consiglieri e al massimo 4 assessori. Tutti incarichi per i quali non verrà comunque corrisposto alcun compenso e che bisognerà vedere se saranno coperti, la riforma Renzi si fonda sulla pretesa che migliaia di persone presteranno gratuitamente tempo e risorse all’amministrazione pubblica, che si potrebbe rivelare troppo ardita.

I RISPARMI MOLTO DUBBI – Pesanti le critiche alle cifre dei favolosi risparmi vantati dai proponenti della legge, secondo la Corte dei Conti: «I risparmi effettivamente quantificabili sono di entità contenuta mentre è difficile ritenere che una riorganizzazione di così complessa portata sia improduttiva di costi». Secondo il presidente dell’Unione delle province d’Italia, Antonio Saitta: «Secondo i dati del ministero, con questo ddl il risparmio sarà di soli 32 milioni, la cifra corrispondente all’indennità degli amministratori, le elezioni provinciali si sarebbero svolte a maggio assieme alle europee, quindi l’unico risparmio che si ottiene è quello per la mancata stampa delle schede, ovvero 400 mila euro. Ho l’impressione che questa piccola e banale riforma, che lascia sostanzialmente tutto così com’è e toglie solo gli organi eletti, non produrrà gli effetti sperati. E in materia di servizi al cittadino, la situazione peggiorerà». Dal primo gennaio 2005 la riforma andrà in vigore e passerà alla prova dei fatti, si vedrà allora quali e quanti saranno davvero i risparmi e se il disegno istituzionale proposta da Delrio si rivelerà sostenibile.

 

 

 

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