Che succede se scende lo spread

Prima che la situazione del debito italiano degenerasse, in parallelo con la crisi finanziaria globale, in pochi conoscevano il significato del termine “spread”. Né grande interesse si mostrava in Italia per la differenza di rendimento tra Btp decennali e Bund tedeschi. Fu dall’estate del 2011 che divenne quasi un incubo collettivo, fino al record negativo, raggiunto il 9 novembre , quando toccò la soglia di 574 punti base. Con le conseguenti dimissioni di Silvio Berlusconi e la nascita del governo tecnico di Mario Monti. Ieri lo spread ha raggiunto i minimi da due anni, a quota 246 punti base. Mai era stato così basso da allora: un primo indizio di fiducia nei confronti del debito italiano. Eppure, come sottolinea il Corriere della Sera, nonostante cali lo spread e sia andata bene l’asta dei Bot, il debito pubblico risulta ancora in aumento. Una zavorra per le sorti del nostro Paese, che vale ormai oltre i due mila miliardi di euro. In pratica, secondo diversi analisti, le tensioni sul nostro debito non sono certo terminate. Il (seppur contenuto) aumento risponde alle esigenze e al fabbisogno delle amministrazioni pubbliche (per un peso di 44,5 miliardi) e riflette l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (per circa 41,9 miliardi), come riporta il quotidiano di via Solferino. Allo stesso tempo sono aumentate le entrate tributarie, con il Codacons e le associazioni dei consumatori che hanno denunciato però come le tasse non possano bastare per ridurre il debito pubblico: “Anzi rischiano di essere nocive, se determinano una riduzione della ricchezza prodotta in Italia”. Per questo incalzano per una redistribuzione del reddito e per politiche di sviluppo.

SPREAD
Photocredit: Il Sole 24 Ore

 

RESPIRANO I CONTI PUBBLICI – Eppure, il dato sullo spread ai minimi termini, resta un fattore incoraggiante. “Quanto guadagniamo sotto quota 250?”, si chiede il Corriere. Diversi sono i benefici di un differenziale tornato nella norma. Rispetto allo scorso anno lo spread è sceso di circa 200 punti, 50 soltanto negli ultimi sei mesi. Nonostante le tensioni tra la maggioranza eterogenea delle larghe intese e il governo in bilico perenne, il mercato sembra tornare a premiare i nostri titoli e il nostro Paese. Lo ha dimostrato anche l’asta Bot, con il Tesoro che è riuscito a piazzare tutti i 7,5 miliardi di euro, con rendimenti in calo all’1,053% dall’1,078% di luglio. A beneficiare maggiormente della discesa dello spread Btp-Bund, sono i conti pubblici, considerato il costo del finanziamento dei due mila miliardi e 75 milioni di debito pubblico. Un peso che nessun governo è ancora riuscito nemmeno a mitigare. Se in piena crisi, durante il 2012, sono stati necessari ben 86 miliardi di euro per pagare gli interessi sul nostro debito, qualora la tendenza dello spread si mantenesse fine al termine dell’anno sotto i 300 punti si avrebbe un risparmio di 25 miliardi nel giro di quattro anni.

RATE PIU’ LEGGERE PER I PRESTITI A TASSO VARIABILE – Anche le famiglie potranno raccogliere le conseguenze positive della discesa dello spread. Per Bankitalia, ogni variazione dello spread decennale – spiega il Corsera – “ha una ricaduta trimestrale dello 0.30% in meno del tasso applicato sui mutui casa, che sale a quasi un punto dopo un anno”. In pratica, chi ha contratto un mutuo a tasso variabile potrà beneficiare di guadagni concreti. Lo scenario di un costo del denaro più favorevole e di mutui più a buon mercato potrebbe permettere, secondo il Corriere, la ripresa del mercato immobiliare, sconvolto dalla crisi e ancora oggi completamente bloccato. Certo, va ricordato come sia ancora troppo presto per essere ottimisti. Anche perché agosto viene considerato, tra l’altro, un mese “tranquillo”, inadatto per capire se le turbolenze avranno abbandonato le sorti del nostro debito.

AZIENDE E CREDITI: NIENTE CAMBIAMENTI – Se per i conti pubblici e i mutui per le famiglie la caduta dello spread potrebbe portare effetti concreti, difficilmente qualcosa cambierà in positivo per quanto riguarda i prestiti alle imprese. Almeno a breve termine. La stretta creditizia e la crisi non permettono un calo dei tassi di interesse per le aziende, nonostante lo spread sotto i 250 punti. Per questo il rischio d’impresa resta alto. Sottolinea il Corsera come siano state proprie le aziende a vedersi dimezzata la disponibilità creditizia del sistema bancario, durante i sei anni bui dell’economia italiana, immersa tra crisi del debito e recessione:

“Secondo una indagine della Confcommercio di pochi giorni fa, nel secondo trimestre del 2013 sono sempre meno le imprese che si sono viste accogliere le richieste di finanziamento, passate dal 29,6% del primo trimestre al 26,9%”.

Una percentuale negativa, la più bassa dal 2009 a oggi. Soltanto il 2,9% lo scorso anno è stata poi la quota effettiva di imprese finanziate. In questo caso, la discesa dello spread non avrà effetti significativi.

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