Una sentenza che farà molto discutere. Per la Corte di Cassazione se la vittima di uno stupro si è volontariamente ubriacata, non esistono le condizioni per far scattare le aggravanti del reato. Per i giudici che hanno valutato in ultimo grado un caso di violenza accaduto a Torino nel 2009, l’assunzione volontaria e consapevole di alcol e droghe non può far inasprire la pena dei colpevoli.
Il caso di stupro di gruppo al centro della sentenza della terza sezione penale della Cassazione, racconta la storia di una doppia beffa per la vittima che aveva subito violenza sessuale da parte di due 50enni. Nel 2017 la Corte d’Appello di Torino aveva condannato i due uomini a tre anni di reclusione, ma con questa sentenza si dovrà procedere a un nuovo rinvio a giudizio sulle aggravanti che porterà, inevitabilmente, a una pena inferiore.
La Cassazione non riscrive completamente il processo ai due uomini, ma va a inserire nella sentenza il concetto di «assunzione volontaria», che fa decadere qualsiasi richiesta di aggravante. «C’è stata violenza sessuale di gruppo con abuso delle condizioni di inferiorità psichica o fisica – si legge nella sentenza 32462 della terza sezione penale -, ma si deve rilevare che l’assunzione volontaria dell’alcool esclude la sussistenza dell’aggravante, poiché la norma prevede l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa». L’assunzione di alcol, quindi, incide sulla valutazione del valido consenso, ma se è volontaria non fa sussistere le aggravanti.
Bere, responsabilmente. Sembra essere questo il monito lanciato dalla Cassazione. Una verità sacrosanta che, però, non pare essere più a tutela dei colpevoli che delle vittime di stupro, facendo aumentare ancor di più quel processo di «colpevolizzazione della vittima di violenza sessuale», tema tanto dibattuto e al centro di tutte le campagne contro la violenza sulle donne.
(foto di copertina da archivio Ansa)