Tria indica la via al governo: «O cresce l’Iva, o si taglia la spesa. E non è colpa dei burocrati di Bruxelles»

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Il bilancio dello Stato non permette di ridurre le tasse, far crescere la spesa e sperare di disinnescare le clausole di salvaguardia

L’ultima volta che Giovanni Tria ha parlato in Aula sono arrivate bordate da maggioranza e opposizioni. Ora, dopo l’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, ci si aspetta un’altra giornata difficile per il Ministro dell’Economia e delle Finanze. Il tema caldo è, ovviamente, l’aumento dell’Iva previsto dal Def che ha dettato i paletti entro i quali l’Esecutivo potrà muoversi nello stilare la Legge di Bilancio 2020. Le aspettative, però, non sono delle migliori e le varie promesse e rassicurazioni che sono arrivate in questi giorni da Lega e Movimento 5 Stelle sono state ridimensionate, o lo dovranno essere.



La promessa è nulla senza il controllo. E così Giovanni Tria spiega che nella prossima Manovra finanziaria non si potrà volere tutto, perché una cosa esclude l’altra. «Il bilancio dello Stato – spiega il ministro dell’Economia a Il Fatto Quotidiano – è di circa 800 miliardi di euro. Queste sono le risorse e la politica deve decidere come usarle. Ridurre le tasse, tagliare la spesa e ritoccare l’Iva? Qualcosa va fatto. Non è possibile abbassare le tasse, far crescere la spesa e tenere l’Iva ferma. In passato l’hanno fatto e adesso ne facciamo i conti».

Tria conferma: «Non si può fermare l’Iva, abbassare le tasse e far crescere la spesa»

No way. Non c’è modo di fuggire di fronte ai dati economici, perché il bilancio dello Stato pone dei vincoli che non permettono di mantenere tutte le promesse. In sintesi, se si vuole evitare l’aumento dell’Iva – e quindi non disinnescare le consuete clausole di salvaguardia – bisogna fare alcune scelte impopolari e non elettorali: dalla diminuzione della spesa pubblica, all’aumento delle tasse. Perché la matematica non è un’opinione e la cassa, alla fine delle promesse, rischia di svuotarsi troppo rapidamente.



L’esultanza di Di Maio

Da quando si è insediato questo governo, come da tradizione italica, si è cercato di dare la responsabilità nel disastro dei bilanci italiani all’Unione Europea, ma Tria ha un’idea ben precisa: «Il problema non sono i burocrati di Bruxelles, ma è il mercato che possiede il nostro debito». Poi parla del deficit e dell’esultanza dei 5 Stelle da Palazzo Chigi: «L’errore più grosso è stato fatto quando in Consiglio dei ministri s’è deciso il deficit in manovra. Potevo resistere di più e convincere i colleghi. Non mi aspettavo l’uscita sul balcone. Rispetto a una severa reazione dei mercati finanziari, ammetto che mi ha angosciato più l’esultanza che il deficit al 2,4%. Il deficit va fatto ma non è un fine: è un mezzo per raggiungere un fine».

Le polemiche con i vicepremier

Tria è poi tornato sugli attacchi incrociati di cui è spesso rimasto vittima da parte di Salvini e Di Maio: «Non mi fa piacere. All’inizio telefonavo per capire e ogni volta mi smentivano di aver espresso questi apprezzamenti. Poi ho smesso, non ci faccio più caso. Si tratta di dichiarazioni pubbliche, forse pensano di incentivare il consenso politico, non credo serva».



(foto di copertina: ANSA/GIUSEPPE LAMI)