In Thailandia è escalation di proteste e il Governo censura i media

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Nel Paese asiatico si moltiplicano le proteste contro la monarchia e il regime e, mentre la tensione sale, il Governo censura social e giornali

Non si placano le proteste a Bangkok e in tutta la Thailandia. Mentre il mondo combatte una partita epocale contro il Covid-19, i tailandesi sono scesi in strada per la seconda notte consecutiva per sfidare un decreto governativo che il Governo sta utilizzando per sedare manifestazioni, proteste e atti di disubbedienza civile che vanno ormai avanti da oltre tre mesi.



Proteste in Thailandia: cosa chiedono i manifestanti

La polizia ha dichiarato che chiunque abbia violato il decreto che prevedeva, tra le altre cose il divieto di assembramenti, verrà perseguito penalmente anche se solo fotografato. Nella giornata di ieri i manifestanti sono stati caricati dalla polizia e dispersi con getti d’acqua, ma tutto ciò non sembra impensierire di molto i manifestanti che chiedono essenzialmente due cose: le dimissioni del Governo in carica e la riforma della Monarchia. Anche se formalmente è una monarchia costituzionale, i poteri del sovrano nel Paese asiatico, rimangono molto ampi. Dopo una dittatura militare, dal 2014 al 2019, il Paese ha formalmente indetto nuove elezioni l’anno scorso, ma la tornata elettorale ha portato al potere il generale Prayut, l’uomo che ha guidato il colpo di stato del 2014. Le elezioni sono state ampiamente contestate, inoltre, da numerosi osservatori internazionali.   I manifestanti chiedono una reale riforma della Costituzione che limiti i poteri del Sovrano , destituisca i militari golpisti dal potere e apra le porte dello Stato alla Società Civile.



Molti studenti stanno portando avanti da mesi atti di vera e propria disobbedienza civile, come parlare male della monarchia in pubblico, un reato che nel Paese asiatico può comportare fino a 15 anni di detenzione.

Perché il Regime sta imbavagliando i media e i social

E come ci hanno insegnato le primavere arabe, le proteste corrono anche sui media e sui social. Un’eventualità che ha portato il Governo ha censurare tutte quelle notizie, cartacee, audiovisive e online, volte a suscitare “paura e rabbia” tra i cittadini. Un vero e proprio shutdown dei media che ha suscitato immediate reazioni, come quella del quotidiano “Thai Enquirer” che ha commentato: “Il giornalismo non è un crimine, la censura non è un’opzione. Che il Governo di Prayut Chan-ocha voglia censurare i media in un momento di emergenza nazionale è indicativo di che tipo di Governo sia. Invece di censurare, il Governo dovrebbe preoccuparsi di leggere i contenuti della stampa e dei social per comprendere le lagnanze e i punti di vista della gente che dice di rappresentare”.



E secondo un “leak” estrapolato da un documento governativo, il regime si starebbe preparando anche a censurare Telegram, app di messagistica molto usata dai manifestanti. La lettere, già indirizzata alla National Broadcasting and Telecommunications Commission, imporrebbe a tutti i provider di vietare l’accesso al servizio ritenuto veicolo di messaggi sovversivi e mezzo utilizzato per organizzare assembramenti anti-governativi. Cose già sentite altrove, a migliaia di chilometri di distanza da Bangkok che ora, anche i cittadini della megalopoli asiatica, sono chiamati tristemente a sperimentare.