Uno di Famiglia: Recensione del film di Alessio Maria Federici

Categorie: Mass Media

Ecco la nostra recensione di Uno di famiglia, la commedia diretta da Alessio Maria Federici che uscirà al cinema giovedì 25 ottobre.
Uno di famiglia, in uscita il 25 ottobre 2018, è il nuovo film di Alessio Maria Federici (Fratelli unici, Terapia di coppia per amanti), regista classe 1976. Pietro Sermonti è nel ruolo del protagonista accompagnato da Sarah Felberbaum, Lucia Ocone, Moisè Curia, Massimo De Lorenzo, Anna Della Rosa e Giampiero Judica. Nella pellicola troviamo anche la partecipazione speciale di Nino Frassica e Neri Marcorè.
“Uno di famiglia” è ciò che diventa Luca (Pietro Sermonti) per una famiglia di famigerati camorristi calabresi dopo aver salvato la vita a Mario (Moisè Curia), figlio del boss Peppino Serranò (Nino Frassica). Dopo aver salvato il giovane, che prende da lui lezioni di dizione per eliminare la scomoda cadenza dialettale diventare attore, Luca si trova invischiato insieme a sua fidanzata Regina (Sarah Felberbaum) nelle losche vicende di famiglia dei Serranò senza riuscire a tirarsi indietro e impara a conoscere – e a temere – l’intraprendente e spregiudicata zia Angela detta “Della Morte” (Lucia Ocone).

Uno di Famiglia, recensione | Lucia Ocone è Angela, mentre a interpretare Luca c’è Pietro Sermonti



Uno di Famiglia | Recensione del film di Alessio Maria Federici

Prima di tutto, vorremmo spezzare una lancia in favore di questo film. La regia si vede, adattandosi a diverse situazioni con specifici movimenti di macchina che sanno valorizzare, molte volte, la messa in scena. Anche la colonna sonora ha un tema dotato di una certa personalità, con un tono alla Far West che cattura fin dall’incipit di Uno di Famiglia. Ma il resto? Per quanto riguarda la sceneggiatura, ci sono diversi punti che lasciano perplessi, per quanto riguarda lo svolgimento delle vicende.
La rappresentazione della famiglia calabrese è abbastanza minimale, condita con qualche stereotipo esasperato che non induce comunque alla risata. Se è vero che dietro i luoghi comuni in parte si nasconde anche un briciolo di novità, è anche vero che, però, ci si aspetta forse qualcosa di più per quanto riguarda la caratterizzazione. Il dialetto parlato dai personaggi è spesso forzato, non sempre credibile, l’interpretazione degli attori è per lo più priva di carisma, fatta esclusione forse per il personaggio di Angela, descritta efficacemente come “la classica vedova calabrese in versione 2.0”. La famiglia Serranò, insomma, non ha nulla di speciale rispetto alle famiglie malavitose che abbiamo visto fino ad oggi nella storia del cinema. Il protagonista, d’altro canto, è il classico squattrinato baciato dalla sfortuna: nulla di più del ritratto di chi può finire per rivolgersi alla malavita per risolvere i propri problemi.

Uno di Famiglia, recensione | Luca insieme alla sua compagna, Regina (Sarah Felberbaum)

A questo proposito si potrebbe controbattere, però, dicendo che stiamo parlando di una commedia che vuole farsi prendere sul serio. Si potrebbe, se non fosse che sono abbastanza rare delle battute o delle situazioni che facciano effettivamente ridere o che siano memorabili. Anzi, spesso si fa ironia in modo superficiale su temi e categorie di persone – sui quali, nel dubbio, forse sarebbe meglio evitare -, giungendo quasi alla provocazione e senza effettivamente quel guizzo che porta alla risata. Quando al tono e all’intenzione non corrisponde anche quella che dovrebbe essere la naturale reazione del pubblico sorge, chiaramente, un problema.
In Uno di famiglia non ci sono particolari scene di violenza eclatante, non si riscontra un tono neanche lontanamente noir. Non è la sua intenzione, il film è scanzonato, ma gli manca la sostanza che si vorrebbe tanto trovare in una commedia degna del suo nome. Insomma, come inquadrarlo? Si tratta di un tentativo cinematografico che porta sul grande schermo un genere – quello della commedia – e un contesto – quello malavitoso – già ampiamente inflazionati nel nostro Paese, con un’intuizione debole che comunque non viene sviluppata nel migliore dei modi. Il risultato è senza infamia e senza lode.
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