Ready Player One: la recensione, il Buckaroo Banzai di Steven Spielberg

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Ready Player One, il film di Steven Spielberg, tratto da un romanzo di grande successo ispirato ai suo film anni’80 e a tutta la cultura pop del periodo. Ecco il mondo video ludico del futuro con uno sguardo al passato da uno dei più grandi registi viventi.
Ready Player One, è tratto dal romanzo di grande successo di Ernest Cline, è la storia di un gioco nel gioco. Anno 2044: il mondo è in recessione, divisioni tra ricchi e poveri sono fin troppo accentuate  l’umanità  per sfuggire ad una pessima vita reale vive con i suoi avatar nel mondo virtuale chiamato OASIS, il più grande videogioco di sempre, una dimensione simulata che racchiude tutti i mondi del fantastico mai creati dall’uomo, una fusione che lo scrittore del libro ha realizzato inserendo tutta la cultura pop in particolare anni’70 e ’80, con l’omaggio al “Dio dei film”: Steven Spielberg .

Nel mondo di OASIS si è scatenata una caccia al tesoro molto anni ’80 orchestrata prima di morire dal fondatore del gioco, James Donovan Hallyday (Mark Rylance) , l’ eccentrico fondatore di Oasis ha basato molto del suo universo virtuale sulla sua passione per la cultura pop dei lontani anni ’80, ha nascosto 3 chiavi all’interno degli easter egg (per chi non le conosce letteralmente uova nascoste , all’interno delle quali si trovano dei contenuti speciali, inventate per la prima  volta nel  videogioco Adventure creato da  Warren Robinett per l’Atari 2600 nel 1979, che ritroverete nella pellicola).
L’adolescente Wade (Tye Sheridan), da sempre affascinato dalla figura del programmatore (che ci ricorda un Matthew Broderick alla Wargames, per gli amanti delle citazioni) conosce tutto  del creatore di Oasis  e  attraverso l’avatar Parzival tenterà di aggiudicarsi il premio in palio, che potrebbe consegnarli il controllo totale di Oasis e una ricchezza infinita, ma contro di lui troverà la potente multinazionale IOI guidata Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn) pronto a tutto pur di impadronirsi delle 3 chiavi racchiuse negli easter egg.
Di conseguenza chi poteva dirigere Ready Player One una pellicola basata praticamente sulle storie alla Spielberg, che cita in continuazione tutta la cultura che il regista stesso ha alimentato crescendo generazioni di Nerd, Geek, ma io preferisco il termine italiano appassionati di cinema, fumetto e videogiochi, ovviamente la scelta era una sola: Steven Spielberg.

E come poteva  Steven Spielberg realizzare  un film dove viene citato in continuazione? Semplice facendo un film che solo un nerd-geek-appassionato può aver visto nei lontani anni’80 e che pochi (Wikipedia Italia ha solo 2 righe di descrizione del film) anzi praticamente nessuno può aver visto nel nostro paese : Buckaroo Banzai del 1984 di  W. D. Richter.
Ovviamente la mia  è una forzatura per un film tratto da un libro che cita praticamente tutto: Star Trek , Star Wars (ma nel film per questioni di diritti e per colpa di  Topolino che non voleva, solo citazioni verbali) Il Signore degli Anelli, Matrix, i film di John Hughes Breakfast Club, Una pazza giornata di Vacanza, la moto di Akira di Kaneda, Gundam , Godzilla, Freddy Kruger e potrei andare avanti con almeno altri 300 nomi, di film, videogiochi, Atari 2600 su tutti, auto come la De Lorean  (vedi il link http://www.ernestcline.com/ecto88/) realmente esistente parliamo di  una fusione-citazione di Ritorno al Futuro, Supercar, Ghostbusters e ovviamente Buckaroo Banzai, realizzata proprio dall’autore del libro e migliorata nella pellicola.

Rara cover Vhs di Buckaroo Banzai, titolo originale:  The adventures of Buckaroo Banzai across the 8th dimensions, diventato da noi Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione.

Davvero difficile descrivere o recensire un film che a seconda della vostra età anagrafica non potrete non amare.   Spielberg riesce nel modo più perfetto a fare sua una storia, che nel libro in fin dei conti era la trama di uno dei suoi tanti film. La summa di tutto, ma ovviamente il tocco del maestro e le giuste modifiche rispetto alla versione cartacea offrono un prodotto per tutti nella più sana tradizione spielberghiana. E se il millennial  che vi ritroverete accanto a voi nel cinema non riuscirà a capire perché ridiate a determinate scene o battute (infondendo in voi un’autostima esagerata) e se per caso, anzi sicuramente, non saprà che diavolo di film è questo Buckaroo Banzai, anche se ha visto e rivisto Ritorno Al Futuro in Tv e in Dvd mille volte, allora il senso di superiorità e il vostro ego esploderà come le immagini del film trascinandovi nella pellicola, mentre il millennial accanto voi, ugualmente sconvolto, tornerà a casa per acquistare su ebay un vecchia console Atari 2600 e cercare disperatamente di scaricare Buckaroo Banzai per vederlo.
Se il cinema di Spielberg è stato sempre erroneamente descritto  come quello per i fanciulli, un ritorno al bambino che è in noi, in realtà, come la vita vera, il messaggio che contiene il film come tutte le opere  del regista è a più strati. Vivere la vita reale è più importante di quella virtuale è il messaggio del libro e del film, e davvero in un momento dove l’umanità sembra dare sempre più importanza ai social, foto, chat , specie nei rapporti umani  e nella ricerca della propria anima gemella, l’easter egg del film, tutt’altro che nascosto, è da sempre presente in tutta la filmografia  di Steven Spielberg, capace nel corso della sua ormai leggendaria carriera di passare da una super 8 alla motion capture lasciando intatto il suo modo di raccontare : “Non faccio mai film per amore della tecnologia; la utilizzo solo per raccontare meglio una storia. La tecnologia agevola la realizzazione di questo tipo di film, ma poi dovrebbe passare in secondo piano per lasciare spazio alla storia ed ai personaggi”- dice Spielberg.  Probabilmente le sue parole sono più che sufficienti per chiudere questa recensione, per una  pellicola che una volta tanto non sconvolgerà gli abitanti di South Park (almeno speriamo, e scusate la citazione).

Ultima nota la colonna sonora di Alan Silvestri che per la prima volta, dopo numerose collaborazioni nella produzione, vede finalmente assieme compositore e regista. Un risultato anni’80  perfetto amalgamato assieme  al numero impressionanti di brani tratti dal periodo, ma ovviamente io sono rimasto colpito dalla scena che vede irrompere sulla scena il Mecha-Godzilla accompagnata  dalla colonna sonora originale del primo Godzilla di Akira Ifukube del 1956, il millennial accanto a me non lo saprà mai ! Ready Player One è Ready Perfect Movie, grazie Steven.
Voto:237 (easter egg)
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