Liam Neeson chiede scusa ancora. Ma non dovrebbe

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Liam Neeson ha rilasciato, in data 29 marzo 2019, una nota di profonde scuse per le dichiarazioni rilasciate durante il tour promozionale del suo ultimo film, Un uomo tranquillo.



Usando il meraviglioso strumento dell’ipertesto, ripercorriamo cosa è successo negli ultimi due mesi o poco meno. è costretto ad annullare la sua presenza sul red carpet alla prima del film a New York.

E adesso, arriva una ulteriore sentita lettera di scuse. Eccola.



“Over the last several weeks, I have reflected on and spoken to a variety of people who were hurt by my impulsive recounting of a brutal rape of a dear female friend nearly 40 years ago and my unacceptable thoughts and actions at that time in response to this crime. The horror of what happened to my friend ignited irrational thoughts that do not represent the person I am. In trying to explain those feelings today, I missed the point and hurt many people at a time when language is so often weaponized and an entire community of innocent people are targeted in acts of rage. What I failed to realize is that this is not about justifying my anger all those years ago, it is also about the impact my words have today. I was wrong to do what I did. I recognize that, although the comments I made do not reflect, in any way, my true feelings nor me, they were hurtful and divisive. I profoundly apologize.”

Traduzione:



Nel corso delle ultime settimane ho riflettuto, e ho parlato con molte persone che sono state ferite dal mio impulsivo racconto di un brutale stupro, di cui fu vittima una mia cara amica quasi 40 anni fa, e dagli inaccettabili pensieri e azioni che ebbi come reazione a quel crimine. L’orrore di quanto accadde alla mia amica ha acceso pensieri irrazionali che non mi appartengono. Cercando di esporre oggi quei pensieri, ho sbagliato e ferito molte persone, in un momento in cui le parole sono così spesso usate come arma e un’intera comunità di persone innocenti bersaglio di azioni violente. Non ho realizzato che nel giustificare la mia ira di tanti anni fa, non ho considerato l’impatto che le mie parole di allora hanno oggi. Ho sbagliato a fare ciò che ho fatto. Ammetto che, nonostante quei commenti non riflettano in alcun modo i miei reali sentimenti né la mia persona, siano stati dannosi e controversi. Mi scuso dal profondo.

Era sparito dalla circolazione per quasi due mesi, la sua prima comunicazione è questa. Ebbene, Mr. Neeson, so che il mondo oggi lo pretende, ma davvero, non c’era bisogno. Ha fatto un errore, di cui si era immediatamente reso conto, andando personalmente ad affrontare la gogna in diretta su una delle trasmissioni più seguite d’America, per scusarsi, per dire che le sue parole erano state male interpretate perché lei stesso le aveva mal poste. In un mondo in cui tutti sono convinti portatori insani di verità, a me bastava già.

Ma come scrive anche nella sua lettera di scuse, oggi le parole sono un’arma potentissima, e bisogna fare molta attenzione. Neeson ha praticamente sganciato una bomba atomica e ne ha pagato, e ne pagherà, le conseguenze. Giusto, va bene. Ma forse bisogna smettere di linciare a caso, dall’alto di profili social puri come neonati.

Gli ultimi anni della carriera di Liam Neeson sono caratterizzati dalla sua trasformazione in star d’azione attempata e spietata, in parole povere Bryan Mills al telefono che ti cercherà, ti troverà e ti ammazzerà. Forse questa sua ultima trasformazione ha fatto dimenticare una lunga serie di motivi per cui accusare di razzismo un uomo come Liam Neeson è frutto non delle sue scriteriate parole, ma di tempi molto cupi in cui un cadavere eccellente al giorno è il minimo sindacale.

Liam Neeson non è un mostro, si può facilmente dimostrare.

Nato e cresciuto in Irlanda del Nord, di famiglia cattolica, in una piccola città a prevalenza protestante. In parole povere, la discriminazione e l’odio hanno un significato pieno per lui sin da bambino, come lui stesso dichiarò nel 1999, affermando di essersi sentito spesso un ragazzino di “seconda classe” nella sua Ballymena. Una dichiarazione che scatenò le ire del DUP, il partito unionista cattolico di destra. Quelli, per intenderci, che al momento sono tra i maggiori responsabili del molto probabile No Deal della Brexit. E pensare che i sermoni del reverendo Ian Paisley, il fondatore del DUP, sono stati la prima fonte d’ispirazione per la futura carriera dell’attore.

Neeson aveva 19 anni il 30 gennaio del 1972, il giorno infame passato alla storia come Bloody Sunday. Tredici persone, cattolici repubblicani, che manifestavano pacificamente per i diritti civili in Irlanda del Nord, uccise dall’esercito britannico. Per il cattolico e giovane Neeson, ed evidentemente anche facilmente infiammabile, poteva essere abbastanza per diventare un protagonista dei Troubles, piuttosto che sulle tavole di un palcoscenico. Invece…

Non smetto mai di pensare ai Troubles. Ho conosciuto ragazzi e ragazze, cattolici e protestanti, che sono stati al contempo vittime e carnefici. Fa parte del mio DNA.

Liam Neeson adIrishcentral.com

Anche per questo nel film L’ombra della vendetta decide di interpretare un attivista protestante che per trent’anni porta con sè il rimorso di avere ucciso un omologo cattolico di fronte al giovane fratello. Una storia vera, una delle tante di un paese dilaniato per 40 anni da una guerra fratricida.

Liam Neeson, l’impegno civile

Cattolico irlandese, Neeson ha prestato la sua voce per un video prodotto da Amnesty International per la legalizzazione dell’aborto in Irlanda. Sì, avete letto bene. Basterebbe questo. Ma c’è dell’altro.

Liam Neeson è un attivista per il controllo delle armi negli Stati Uniti, per l’esattezza ha definito le leggi americane sulla circolazione delle armi “una disgrazia”. Dichiarazioni che hanno fatto infuriare l’azienda che forniva le armi al franchise di Taken, tanto da sciogliere il contratto con la produzione. Ma la vita delle persone conta più di Bryan Mills.

Soprattutto quella dei bambini, dato che Neeson è anche ambasciatore per l’UNICEF dal 2011.

Liam Neeson, una carriera dai due volti

La maggior parte della carriera di Liam Neeson è caratterizzata da personaggi che vivono dei terribili contrasti interiori. Dal sacerdote idealista di Lamb al misterioso senzatetto di Suspect. Ma anche Oskar Schindler, Michael Collins, lo stesso Qui-Gon Jinn, il maestro Jedi di Obi-wan Kenobi di Episodio I – La minaccia fantasma, sono eroi positivi ma con un lato oscuro.

L’esempio lampante è il suo personaggio più iconico, il dottor Peyton Westlake, il Darkman di Sam Raimi.

Liam Neeson in Darkman di Sam Raimi

Tutti ruoli che un interprete vuole per perseguire la ricerca di un equilibrio, per sé ben prima e più che per il personaggio.

Liam Neeson, il suo dolore

Tutti subiamo delle perdite, ma prima di poter giudicare il prossimo bisognerebbe almeno poter dire di sapere in che panni questo prossimo si trovi. Liam Neeson è rimasto vedovo nel 2009. La moglie era Natasha Richardson, sorella di Joely, figlia di Vanessa Redgrave e del regista Tony Richardson. Erano felicemente sposati da 15 anni, con due splendidi figli. Morì il 18 marzo del 2009 a seguito del trauma cerebrale subito in un incidente sugli sci. Sono passati dieci anni e dieci giorni da allora. Un anniversario che certamente lo ha fatto riflettere anche sulle sue recentissime azioni.

Le scuse di Liam Neeson erano necessarie

Non per lui, ma per la Sony Pictures, che sta per cominciare la campagna promozionale, con relativo tour mondiale, di Men in Black: International. Chi conosce un minimo le dinamiche di questo lavoro, sa bene che erano necessarie, per non nuocere al film e per poter fare anche un po’ di attività stampa a supporto dello stesso. E per poter ricominciare a lavorare serenamente.

Il caso Liam Neeson è uno specchio dei tempi, molto cupi, che corrono.

Un uomo e un professionista integerrimo che commette un errore, di cui si pente immediatamente, che viene sommerso in poche ore da una marea nera che lo affoga. Pensavo a questo articolo da quando sono accaduti i fatti noti. Se a qualcosa è servita questa richiesta ulteriore di pietà da parte del gigante irlandese, è stata propria l’occasione di dover ribadire alcune cose.

Per scrivere e documentarmi per questo pezzo non ci è voluto molto, per tre ragioni. La prima è che conosco la storia professionale e umana del personaggio, perché faccio questo lavoro da molti anni. La seconda: so come e cosa cercare per potermi documentare al meglio. Tre, perché anche per chi non fa questo lavoro, basta aprire la pagina di Wikipedia per trovare la maggior parte delle informazioni. Un professionista ci mette di più perché le verifica e fa degli ulteriori controlli incrociati. In ogni caso, è un lavoro di circa tre ore, scrittura compresa. Una ricerca che però mi ha permesso di avere un quadro ancora più chiaro e lucido della persona in questione. E non solo. Ho ricostruito un contesto storico e ambientale, politico e sociale, rianalizzato la sua carriera sotto un ulteriore punto di vista. Ho imparato delle cose nuove e rinfrescato delle altre già acquisite, ma un po’ offuscate.

Poi, mi sono fatto la seguente domanda.

Quanti post su Facebook e Twitter si possono fare in tre ore, senza perdere tempo a fare tutte queste ricerche?

Direi un numero tendente a infinito, se il contenuto sono stupidaggini senza senso dettate da una finta morale, figlia di crociate combattute dal divano. Liam Neeson è la vittima eccellente di questo inizio anno. Prima di lui Woody Allen, dopo di lui Michael Jackson, la cui memoria, che sarà pure poco limpida e senz’altro eccentrica, è stata calpestata da un documentario di ben dubbia veridicità.

Lo sport contemporaneo preferito è l’annichilimento sociale da parte di un esercito del nulla, perché composto da nullità che si ergono a giudice e giuria saltando prove e dibattimento. Un segno dei tempi che sta provocando grossi danni nella società contemporanea, e che sono solo l’inizio di una catastrofe generale. Dare voce alla stupidità e all’ignoranza è un male assoluto. Ignorare e lasciar fare ha portato a Trump, la Brexit, il governo italiano.

Quindi, Mr. Liam Neeson, a me non servono ancora le sue scuse.

Bastavano le prime, perché so chi è lei e tutti possiamo sbagliare. Il suo è stato un enorme e grossolano errore, e molte persone si sono certamente sentite ferite. Ma confido che chi, come lei, ha sofferto in molti modi diversi, riconosca il pentimento.

Sono più convinto che molti debbano a lei delle scuse. Ma stia tranquillo. Non accadrà.