Le Meilleur Reste à Venir, recensione della commedia francese

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Le Meilleur Reste à Venir, dai registi di Le Prénom, alla 14ª Festa del Cinema di Roma, tratta il tema del lutto e dell’amicizia con ironia e dolcezza.

Gioco d’equivoci

Il film Le Meilleur Reste à Venir, di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, presentato alla 14ª Festa del Cinema di Roma, è la storia di una profonda amicizia che dura da anni. Arthur (Fabrice Luchini) e César (Patrick Bruel) in conseguenza di un grosso malinteso, pensano entrambi che l’altro sia in fin di vita a causa di un cancro non più operabile. Decidono quindi di recuperare tutto il tempo perduto e di trascorrere insieme i giorni che verranno. Tra desideri inespressi, confessioni e sogni realizzati, i due credono di prendersi cura l’uno dell’altro. E di star passando gli ultimi giorni della loro vita insieme.



Meno pungente, ma sempre ironico

Dai registi dello straordinario Cena fra amici, o, titolo originale, Le Prénom, la commedia francese diverte e commuove. Ma principalmente diverte. Riuscire a suscitare ilarità e a far ridere anche utilizzando il tema della malattia, di un cancro incurabile, non è facile. E il film ci riesce alla perfezione. Però non è neanche il classico dramedy, uno dei generi più comuni, ma al tempo stesso complessi da realizzare. Le Meilleur Reste à Venir è sicuramente una commedia. Ma, specialmente nella seconda parte del film, non mancheranno le lacrime.

Fabrice Luchini e Patrick Bruel in una scena del film

Due attori che sono il film

Ritroviamo l’attore di Cena fra amici, Patrick Bruel , anche qui in un’interpretazione magistrale. Caratterizzato da sarcasmo, arroganza e capacità di scherzare su tutto. Perfetto contrasto con il co-protagonista, uomo tutto d’un pezzo che non ha mai fatto un minuto di ritardo e non cambierebbe le sue abitudini per niente al mondo. A parte la possibilità che il suo migliore amico sia in fin di vita, ovviamente. Un’amicizia di lunga data che continua ad evolversi. Perché non si finisce mai di conoscere gli altri.



Insegnamenti profondi

Una riflessione sul lutto, sulla morte. Su quanto possa far male la consapevolezza di morire, ma anche su quanto sia, forse, più terribile dover lasciar andare, piuttosto che andarsene. “Una volta che si muore non ci si è più. La tua sofferenza è finita, pensa al dolore che dovranno sopportare quelli che hai lasciato” dicono in una scena del film. Un tema ricorrente in questa Festa del Cinema quello del mentire sulla malattia terminale di qualcuno, o meglio, sul tenerla del tutto nascosta. Basti pensare a The Farewell.

Fabrice Luchini e Patrick Bruel in una scena del film

Perché si può ridere su tutto

Tra César che si prende finalmente cura di qualcuno e affronta i suoi traumi, e Arthur che rompe la sua corazza protettiva e si lascia andare. Perché forse è vero che quando il proprio tempo sta per scadere improvvisamente ci rendiamo conto di quanto i nostri sogni siano possibili e su quanto tempo si perde ad aver paura di osare. Un’ottima regia e una fotografia tipicamente francese, con colori caldi, accesi e definiti e delle interpretazioni impeccabili, Le Meilleur Reste à Venir coinvolge, diverte, a volte commuove e dà un messaggio profondo. Trattando il tema della morte, il film è un inno alla vita.