Sergio Calore, una morte da Romanzo Criminale

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Ammazzato a Roma un ex fascista che aveva sposato una brigatista rossa. Dirigente di Ordine Nuovo, voleva preparare un golpe nero in Italia. Organizzando attentati e stragi. E ha armato la mano di D’Inzillo, un “pischello” assassino di avvocati arrestato a casa di Mokbel



Com’è piccolo il mondo. Una scarna agenzia di stampa annunciava oggi che l’ex estremista di destra Sergio Calore è stato trovato morto nel suo casolare in campagna a Guidonia. A trovare il cadavere è stata la moglie, che non vedendolo rientrare a casa e’ andato a cercarlo: dopo la scoperta, la donna ha avvertito i carabinieri. Sul corpo di Calore c’era una profonda ferita alla gola. E’ stato ucciso a colpi di piccone, e gli inquirenti pensano a un delitto d’impeto. Magari potrebbe aver sorpreso nel casolare qualcuno che non conosceva.

SPOSO’ UNA TERRORISTA ROSSA Calore nel giugno 1989 ha sposato una terrorista rossa. Scriveva Repubblica all’epoca: “Il loro amore è nato tra le mura del supercarcere di Paliano dove sono stati rinchiusi negli ultimi anni. E proprio al comune di Paliano sono state affisse le pubblicazioni che annunciano il matrimonio. Emilia Libera, 35 anni, romana, è in libertà provvisoria da sei mesi ed è in attesa di un figlio. Sergio Calore, nato 37 anni fa a Tivoli, attualmente è in semilibertà”. In carcere ci era finito perché era considerato il mandante dell’omicidio dell’avvocato Giorgio Arcangeli, ammazzato per vendetta perché aveva “tradito”, ovvero aveva denunciato Pierluigi Concutelli per l’omicidio del giudice Vittorio Occorsio. Occorsio è stato ammazzato da Ordine Nuovo,in quanto accusato di “avere, per opportunismo carrieristico, servito la dittatura democratica perseguitando i militanti di Ordine Nuovo e le idee di cui essi sono portatori”. Calore era accusato anche di essere tra quei dirigenti che avevano ordinato l’omicidio del giudice, consumato a colpi di mitra. Venne prima condannato e poi assolto con formula dubitativa. I veri mandanti non vennero mai trovati.



ALTRI ARRESTI – Nella sua storia ci sono altri arresti. Primavera ‘79: tra aprile e maggio, alcune bombe scoppiano davanti al carcere di Regina Coeli, al Campidoglio e al Ministero degli Esteri. Un quarto ordigno, composto da 55 candelotti di dinamite, sono in attesa di esplodere davanti al CSM: ciò non avverrà per un difetto del timer. Gli attentati vengono rivendicati dal Movimento Rivoluzionario Popolare, e il 28 maggio viene arrestato proprio Calore: a condurre le indagini è Mario Amato, insieme alla Procura di Rieti. La sua inchiesta si concentra sul gruppo di ‘Costruiamo l’Azione’, nato dalle ceneri di O.N. e Avanguardia Nazionale. Dopo Calore, il 7 giugno, viene arrestato Paolo Signorelli, esponente di punta di O.N. Poi, il 17 dicembre ’79, a Roma un commando neofascista uccide uno studente lavoratore, Antonio Leandri, ma è un tragico errore di persona; la vittima predestinata era infatti proprio l’avvocato Arcangeli. Dopo l’omicidio mentre si danno alla fuga, vengono arrestati quattro terroristi di destra tra cui Calore, da poco tornato in libertà. Del gruppo di fuoco fa parte anche Valerio Fioravanti, che però riesce a fuggire. Agli inizi dell’80 Fioravanti e i NAR, di cui è a capo, sono i protagonisti indiscussi dell’eversione nera a Roma. Nella loro cerchia confluiranno membri di altre formazioni, prima di tutte Terza Posizione. La violenza si fa più feroce: molte sono le persone uccise a sangue freddo.

IL PENTIMENTOCalore è stato imputato per strage per la strage di Bologna. Fu invece tra gli accusatori di Franco Freda per Piazza Fontana. Ne raccolgono le confidenze e le raccontano ai magistrati. La bomba che esplose alla Banca dell’ Agricoltura – avrebbe detto l’ ideologo della cellula nera veneta – sarebbe stata confezionata e depositata nell’ agenzia di Piazza Fontana da Fachini. Lo dicono anche altri due pentiti: Latini e Izzo (quello del Circeo). Aggiungono qualcosa di più: sempre secondo Freda, comunque implicato nell’ eccidio, non era nelle intenzioni degli attentatori provocare una strage. Anzi, avrebbe detto Freda a Calore, qualcuno potrebbe avere intenzionalmente spostato il timer per far esplodere l’ ordigno in anticipo, quando la banca era piena di gente. Calore è considerato un ideologo di Ordine Nuovo. Nel 1985 comincia a collaborare con i magistrati. Conferma in aula, al processo per la strage di piazza Fontana, i rapporti che alcuni esponenti di destra tennero tra il 74 e il 77 con alcuni ufficiali dei carabinieri. Rapporti – ha precisato l’ imputato – che si basavano “su un reciproco scambio d’ informazioni” che consentì loro di sapere di essere sottoposti “a particolare sorveglianza da parte degli inquirenti”. Nel frattempo aveva preso l’ergastolo per la morte di Antonio Leandri, ma la pena gli era stata scontata a quindici anni per il pentimento.



L’INVITO AD ABBANDONARE LO STRAGISMO Calore lancia anche dei proclami politici, come quello, rivolto ai “camerati” di abbandonare lo stragismo e a dire quello che sapevano delle stragi. Intanto, i giudici ritengono la sua, e quella di altri, testimonianza su Freda poco credibile, imputano leggerezza e utilitarismo, assolvono il terrorista nero nell’appello di Piazza Fontana. Parla di progetti di assassinare l’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone, di attentati progettati alle ferrovie. Dice che “la strage di Brescia rientrava in un più vasto progetto golpista che i movimenti neofascisti avevano programmato per la primavera-estate del ‘ 74. Lo dice alla Corte d’ assise di Brescia nel processo-bis sull’ eccidio di piazza della Loggia. Parla a lungo dei suoi rapporti con Paolo Signorelli, della strategia stragista dei primi anni ‘ 70 e dei rapporti fra i neofascisti di allora e un gruppo di ufficiali del corpo d’ armata nord-est del paese. Gli attentati venivano compiuti sotto sigle diverse. Alcuni venivano decisi a livello centrale. Altri nascevano spontaneamente alla base. Tutti h avevano un unico scopo: creare allarme sociale e gettare le premesse di un intervento da parte dell’ esercito”. Racconta che ai suoi era venuta anche l’idea di rapire Licio Gelli, che conosceva. Il matrimonio con la brigatista Emilia Libera arriva nel 1989, tre anni dopo l’annuncio. E Calore sparisce, praticamente, dalle cronache.

UNA GOLA DI TROPPO – Fino ad oggi, quando qualcuno ha deciso di tagliargli la gola, mentre aveva compiuto cinquantotto anni ed era in libertà da almeno altri dieci. Intanto la sua storia si incrocia ad altre, tornate d’attualità in questi ultimi anni. Come quella di Antonio D’Inzillo, la cui mano Calore ha armato per l’omicidio dell’avvocato Arcangeli, che aveva fatto il nome di Concutelli per l’omicidio Occorsio. Quando spara, D’Inzillo ha 16 anni, è figlio di un ginecologo tra i più rinomati (e ricchi) della Capitale, frequenta un liceo classico e conosce già i vari grandi nomi dell’eversione romana. D’Inzillo guida anche l’automobile che porta via Valerio Giusva Fioravanti e Bruno Mariani dopo che hanno appena ammazzato Leandri, lo studente scambiato per l’avvocato. Nell’auto c’è anche Calore, che non ha potuto partecipare all’azione perché Arcangeli avrebbe potuto riconoscerlo. Quando lo beccano per l’omicidio, lo condannano a quindici anni, ma lui esce per decorrenza dei termini. E rientra nel giro. Prende altri quattro anni per detenzione di armi da fuoco (che erano di Fioravanti), in carcere conosce quelli della Banda della Magliana, entra in contatto con Marcello Colafigli (“Marcellone”) e Vittorio Carnovale (“er coniglio”). Colafigli pretende che lui guidi la moto, mentre lui va ad ammazzare Enrico De Pedis, “Renatino”, il Dandy di Romanzo Criminale. Lui, nell’opera di De Cataldo, è il “pischello”.

COM’E’ PICCOLO IL MONDO – Nella realtà, D’Inzillo viene finalmente arrestato nel 1992, in casa di un certo Gennaro Mokbel. Quello oggi implicato nel caso Finmeccanica e ‘ndrangheta, e beccato a parlare di un movimento politico in formazione da creare con Aldo Brancher, ex ministro dimissionario di Berlusconi poi condannato per la scalata di Bpl. D’Inzillo intanto scappa di nuovo dall’Italia e muore in Kenia. Muore? “Secondo le rare indiscrezioni trapelate in procura, a Roma, D’Inzillo è deceduto tempo fa in un ospedale di Nairobi, ma il corpo è stato frettolosamente cremato, dunque non potrà mai essere a disposizione della magistratura che l’aveva rintracciato mesi fa a Kampala, in Uganda, attraverso l’ascolto delle conversazioni sul telefono della moglie Barbara e dei familiari di quest’ultima”, scrive il Giornale. Nel frattempo si era rifatto una vita, aveva sposato una donna tacendogli il suo passato ed era diventato un marito modello. Muore, D’Inzillo? Scrive sempre il Giornale che la sua è “Una morte che presenta moltissimi lati oscuri (per i familiari si tratta di morte per problemi al fegato), così come oscura è tutta la sua avventurosa latitanza culminata con un misterioso agguato ai suoi danni al confine con il Congo: un killer gli ha sparato una pistolettata in faccia, a bruciapelo, ma il proiettile è passato per la mandibola senza colpire organi vitali. Da quel giorno il fantasma di D’Inzillo è stato più facile da tenere d’occhio per via di quella lunga cicatrice che gli squarciava la guancia. Pedinarlo, però, era praticamente impossibile visto che prestava la sua opera in un’azienda agricola di proprietà del presidente Museveni ed era indirettamente in affari, nella gestione di uno sporting club, con familiari del fratello dello stesso presidente. Sarà stato anche per queste importanti amicizie, oltre a quella con un religioso cattolico locale, che D’Inzillo viveva tranquillo, al riparo da qualsiasi richiesta di estradizione che l’Uganda, nel caso, avrebbe certamente respinto. Il killer del boss De Pedis negli ultimi anni avrebbe lavorato al servizio di apparati governativi come coordinatore militare di attività segrete, assolutamente illecite, quali la raccolta e il trasporto di legname rubato in territorio sudanese oltre al traffico di particolari risorse minerarie, come l’oro del Congo. Avrebbe ricoperto anche un ruolo nei rapporti con il Lord Resistance Army, organizzazione paramilitare d’ispirazione cristiana specializzata in scorribande oltre confine, sovrintendendo i gruppi armati a difesa dei lavori per la costruzione di strade, partecipando come consulente alla costruzione di una diga. Precedentemente, però, viene segnalato in Kenia al servizio di due gruppi paramilitari”. Oggi è morto Calore. Gli hanno tagliato la gola. Forse per qualcosa di troppo tra le tante che ha detto. Chissà quale. Oppure è un delitto d’impeto, davvero. Ma per una vita da Romanzo Criminale come la sua, sarebbe davvero una delusione.