Dalle «alte sfere» al «mio cugino»: la genesi della bufala sulle donazioni di sangue | VIDEO

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L'intervista a Noemi Urso di Butac: dalla bufala del sangue dei vaccinati che si coagula alle strategie social di chi fa disinformazione

Vita, morte e miracoli di una bufala (e di tante altre). La pandemia e i vaccini sono ancora al centro di moltissima disinformazione che, spesso e volentieri, corre libera nel mare infinito dei social e della rete. Nel corso di questi lunghissimi mesi abbiamo incontrato fake news di ogni tipo: alcune talmente paradossali da sembrare create ad arte per prendere in giro i complottisti; altre più complesse che sfruttano strategie tipiche della disinformazione. Rientra in quest’ultima categoria la storia del sangue dei donatori vaccinati che si coagula, una vicenda a cui è stato dato grande risalto anche a causa dei personaggi (Enrico Montesano, per esempio) che si sono prodigati affinché questa bufala fosse condivisa. Abbiamo parlato di tutto ciò (e non solo) con Noemi Urso, caporedattrice di Butac che ha anche scritto, insieme a Michelangelo Coltelli, un saggio dall’emblematico titolo “Fake News” con le istruzioni per non cadere nella rete della disinformazione.



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Campagne di immunizzazione (e non solo contro il Covid) e donazione del sangue, infatti, sono tra gli argomenti da sempre al centro di narrazioni che viaggiano tra il falso, la decontestualizzazione ad arte e la speculazione. Noemi Urso ci spiega il funzionamento di questa “macchina” disinformativa: «I vaccini sono sempre stati una tematica piuttosto calda fin da quando, qualche anno fa, Andrew Wakefield ha creato la falsa notizia della correlazione tra l’autismo e l’MPR (edit dell’intervistata, 17 agosto 2021, 17:36). Ha iniziato a circolare tutta questa disinformazione che recentemente è stata anche oggetto di indagini da parte di alcuni giornalisti anglosassoni che hanno hanno fatto notare come la disinformazione anti-vaccinista faccia circolare girare un sacco di soldi. Sostanzialmente, spesso queste bufale provengono dall’estero e vengono diffuse proprio per motivi economici. Nel caso Wakefield, infatti, lui aveva proposto e sviluppato un vaccino alternativo all’esavalente e voleva venderlo. Per farlo, il modo migliore era screditare quello già in commercio.  Questo ha portato a un calo delle vaccinazioni infantili che s’è visto anche in Italia tra il 2015 e il 2016.»



Una dinamica che, evidentemente, si è riproposta con l’arrivo dei vaccini anti-Covid: «Ce lo aspettavamo. Chiaramente essendo in corso una pandemia questo è un argomento particolarmente caldo e che coinvolge tutti. Da mesi noi ci occupiamo, sia con Butac che con gli altri progetti per cui lavoro che sono più orientati all’ambito sanitario».

Sangue donatori vaccinati che si coagula, la genesi della bufala

E allora, come e quando nasce la bufala del sangue donatori vaccinati che si coagula? «Noi abbiamo scoperto che questa disinformazione è partita dagli Stati Uniti, dove c’è stata una notizia tagliata. Durante un servizio televisivo in cui si parlava con la Croce Rossa americana, era arrivato un appello alla ricerca di donatore di sangue che non avessero fatto il vaccino». Il motivo era semplice, anche se non poteva essere evidente dalle informazioni artefatte partite dagli USA e assorbite anche da alcuni utenti italiani: «All’epoca erano in corso degli studi sull’ipotesi di poter curare i malati con il plasma iperimmune. Quindi si cercava semplicemente una categoria di persone, cioè quelli che si erano ammalati entro sei mesi e che erano guariti e che non avevano preso il vaccino semplicemente, perché si stava valutando il numero di anticorpi che nel loro sangue nei loro plasma».



E da lì, grazie a una non-notizia creata ad arte, si arriva alla smodata condivisione dei social che ha coinvolto anche personaggi molto in voga nel mondo no-vax, come Enrico Montesano che ha costretto persino l’Avis a pubblicare una netta smentita: «In questo caso è stata presa la frase che diceva che si cercavano dei donatori di sangue che non fossero vaccinati. E questa frase è stata contestualizzata e gli è stata data una spiegazione falsa: il fatto che il sangue dei vaccinati non lo volessero per la donazione. Il resto lo hanno fatto le catene social (e chat, come su Telegram, ndr) con la ripresa anche di Enrico Montesano con tanto di riferimento a presunte alte sfere dell’Avis. Uno stratagemma per dimostrare come ti stesse raccontando un qualcosa che gli altri non sanno».

Ma oltre a queste evidenze, come si smentisce (a livello tecnico) un contenuto falso come questa? «Quando abbiamo confutato questa bufala del sangue dei vaccinati che si coagula ci siamo trovati un po’ spiazzati perché probabilmente molte persone si aspettavano che noi portassero degli studi scientifici che potessero smentire questa teoria. Ma come si fa a portare uno studio scientifico che dice “no il sangue non coagula“?. L’unica cosa che possiamo palesare è il fatto che non c’è nessuna testimonianza del fatto che il sangue abbia coagulato. A smentire il tutto ci ha pensato subito l’Avis insieme alla smentita del Centro nazionale sangue».

Come affrontare quel che leggiamo sui social?

Una bufala nata, dunque, seguendo i classici cliché. Ma cosa deve fare l’utente quando si trova di fronte ad affermazioni simili?: «Quello che sarebbe molto importante far passare al pubblico è il fatto che quando si vedono delle affermazioni di questo tipo bisognerebbe chiedere le prove. C’è una bellissima iniziativa del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, ndr) che si chiama proprio “Chiedi le prove” che tenta di sensibilizzare proprio sul fatto che nel momento in cui si vede, per esempio, un “prodotto miracoloso” venduto online occorre chiedere le prove di quello che è il suo funzionamento quindi le prove della sua efficacia. Non basta che certe informazioni siano pubblicate sui social, perché non c’è nessun tipo di mediazione tra chi parla sui social e chi fruisce dell’informazione sui social. Dovrebbero essere gli utenti stessi a dire “ok, su cosa ti stai basando per fare queste affermazioni?”. Non basta dire l’amico dell’amico che ha parlato con le alte sfere di qualcosa. Bisogna chiedere le evidenze».

Amici fantastici e cugini prediletti

Non solo “alte sfere”, ma anche “mio cugino“: «In casi come quello della bufala sul sangue dei vaccinati che coagula ma anche in molti altri episodi di disinformazione entra la dinamica dei famoso mio cugino. È sempre quello che viene portato come testimonianza, perché è chiaramente “cugino” e quindi non si può verificare. Puoi averne un numero spropositato, può avere un cognome diverso e, generalmente, non gli si dà un nome. Insomma, chiaramente è quella figura a cui si fa appello quando si vuole raccontare qualcosa ma non si ha effettivamente una prova. Purtroppo si pensa molto spesso che una singola testimonianza, se anche fosse vera, possa essere considerata un’evidenza. La realtà è che una singola testimonianza senza nient’altro a supporto che possa sostenerla non è una prova. Sostanzialmente, quindi, sui social si vede spesso quello che racconta “mio cugino” o “un amico” o “un amico medico” e purtroppo lo si fa senza fare nomi per non dare la possibilità di verificare una possibile testimonianza attendibile».

Una dinamica che accompagna, spesso e volentieri, la nascita e il “successo” di queste bufale: «Per creare la bufala si prende una piccola parte di un discorso o di un articolo. Una tecnica chiamata Cherry Picking, uno stratagemma retorico, una fallacia logica molto molto comune. Gira lo screenshot con tre righe e gira un video decontestualizzato di 30 secondi presi da un’ora e mezzo di girato. Insomma, tutto quello che può appunto essere usato a supporto di una determinata teoria anche se tutto ciò è spesso fallace perché chi parla di scienza in maniera corretta generalmente fornisce un link per controllare e fornisce le fonti che siano verificabili da tutti quelli che leggono. Quando invece vediamo che la fonte è un piccolo estratto in pochi secondi bisogna già cominciare a insospettirsi perché una cosa così breve non ci può dare la completezza delle informazioni».

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