Matteo Salvini ha voluto tentare il colpo di teatro al culmine della manifestazione a Milano. Nella piazza convocata dalla Lega, davanti ai militanti radunatisi davanti al Duomo, il leader del Carroccio si è voluto impegnare solennemente con gli italiani, giurando loro fedeltà brandendo un rosario e un vangelo.
«Davanti a voi oggi, 24 febbraio 2018, mi impegno e giuro di essere fedele al mio popolo – ha detto Salvini – e di servire i 60 milioni di italiani con onestà, rispettando i principi contenuti nella costituzione italiana, attraverso i precetti di questo sacro vangelo». Insomma, dopo il contratto, il patto e l’impegno con gli italiani (di berlusconiana memoria), arriva anche il sacro giuramento per gli italiani, pronunciato solennemente da uno dei candidati che ambisce a fare il premier.
Ma l’uscita di Salvini non è affatto piaciuta alla chiesa. Il primo a intervenire è stato l’arcivescovo di Milano Mario Delpini che ha troncato qualsiasi discussione con un netto: «Nei comizi si parli di politica». Tante le critiche al leader leghista, accusato di strumentalizzare la religione: in molti sui social network hanno ricordato anche le sue battaglie per il crocifisso nelle aule e per il presepe. Qualcuno, sempre via social, lo ha accusato anche di incoerenza, poiché ha fatto riferimento a principi religiosi che sembrano non appartenere al suo stile di vita, né al suo programma politico.
Del resto, quando c’è di mezzo la religione nella campagna elettorale, le critiche sono sempre all’ordine del giorno. Lo sono state per Luigi Di Maio, fotografato mentre a Napoli baciava l’ampolla con il sangue di San Gennaro, o per il Partito Democratico, con Matteo Renzi che – nel corso di una tappa con il suo treno – ha incontrato la popolazione in una chiesa di Paestum. L’apoteosi, però, si è registata ieri in piazza Duomo: il giuramento di Salvini ha senz’altro il primato.
(FOTO: ANSA/DANIEL DAL ZENNARO)