Non accenna a placarsi la polemica sul Salone del Libro di Torino, e mentre imperversa il dibattito sul presentarsi o meno a una fiera che ospita un editore che si dichiara palesemente neofascista, Chiara Appendino e Sergio Chiamparino rompono gli indugi. La Regione Piemonte e il Comune di Torino hanno infatti inviato un esposto alla procura della Repubblica contro Francesco Polacchi, dirigente di CasaPound ed editore di Altaforte. L’accusa è quella di apologia di fascismo.
E il comunicato delle amministrazioni non lascia spazio a nessuna forma di ambuguità, come si legge del resto nel comunicato rilasciato. «Le due amministrazioni, alla luce delle dichiarazioni sul fascismo rilasciate a mezzo stampa e attraverso emittenti radiofoniche dal signor Francesco Polacchi (‘io sono fascista’, l’antifascismo e’ il vero male di questo Paese’, ecc.) ritengono il rappresentante della casa editrice Altaforte e la sua attivita’ professionale nel campo dell’editoria estranee allo spirito del Salone del libro e, inoltre, intravvedono nelle sue dichiarazioni pubbliche una possibile violazione delle leggi dello Stato» fanno sapere congiuntamente.
E gli anticorpi evocati sono quelli del nostro ordinamento, con la legge Scelba e la legge Mancino che vengono evocate esplicitamente anche nel comunicato: «Regione e Comune chiedono dunque che i magistrati possano valutare se sussistano i presupposti per rilevare il reato di apologia di fascismo (legge Scelba 645 del 1952) e la violazione di quanto disposto dalla legge Mancino 305 del 1993 e, nello specifico, l’articolo 4 che prevede venga punito chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalita’ antidemocratiche». Una decisione, quella della Regione e del Comune, assunta «nella convinzione che anche la forma piu’ radicale dell’intolleranza vada contrastata con le armi della democrazia e dello stato di diritto». Ma è sicuramente una decisione volta a sbloccare un impasse culturale e istituzionale che potrebbe svuotare e impoverire il Salone, un prezzo che nessuno sembra disposto a pagare. Ma è anche il primo episodio di intesa trasparente tra M5S e PD per fermare l’estrema destra, segno che la posta in gioco nel Paese è sempre più alta.