Revenge porn, la proposta di legge del M5S copia la petizione da 100mila firme di Insieme in Rete

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Era stata presentata in collaborazione con Bossy e Sentinelli di Milano

Giornalettismo ha seguito la petizione sul revenge porn da 100mila firma lanciata da Insieme in Rete, Bossy e I Sentinelli di Milano sin dall’inizio. Ecco perché ha ravvisato subito qualcosa di strano nel video dell’esponente del Movimento 5 Stelle Elvira Lucia Evangelista che ha presentato, per il proprio partito, una proposta di legge sullo stesso tema. Quest’ultima, che è stata già messa online sulla piattaforma per la democrazia diretta Rousseau, consta di tre articoli che puntano a introdurre sanzioni ben precise per chiunque metta in pratica atti di revenge porn. Sarebbe la prima legge in Italia che disciplina questo fenomeno. Ma riprende di pari passo il lavoro fatto a monte da Insieme in Rete e dalle altre associazioni.



Revenge porn, l’immenso lavoro di Insieme in Rete

L’idea, infatti, non ha il marchio originale del Movimento 5 Stelle. Già il 30 novembre 2018, la petizione – con un video che ha spopolato su Change.org – aveva raggiunto la quota di firme necessarie a portarla all’attenzione del sito che si occupa di raccogliere istanze dal basso per affrontare i problemi avvertiti dai cittadini. Qualche giorno dopo, la petizione aveva raggiunto 100mila firme, che erano state consegnate – nel corso di un evento pubblico – all’ex presidente della Camera Laura Boldrini.

E il M5S riprende la petizione sul revenge porn

Oggi, il Movimento 5 Stelle ha fatto uscire un video della senatrice Evangelista che presenta questa proposta.



Il confronto tra la petizione di Insieme in Rete e il video di presentazione del M5S

Nel video – per larghi spezzoni – la senatrice Evangelista legge proprio il testo della petizione che Insieme in Rete aveva lanciato su Change.org. A partire dalle primissime battute: «ll revenge porn – dice la Evangelista – è la pratica, sempre più diffusa nella Rete, che consiste nella pubblicazione – o nella minaccia di pubblicazione – di foto o video in frangenti intimi o in attività sessuali senza il consenso della persona interessata». Ecco un primo confronto con il testo della petizione:



Il calco è evidente. Ma fin qui ci potrebbe anche stare, in fondo si parla solo di una definizione. È più avanti che la petizione sembra essere letta di pari passo dalla senatrice. «Un fenomeno umiliante e lesivo della dignità, che può condizionare la vita delle vittime anche nella ricerca di un impiego e nei rapporti sociali» – dice la Evangelista. Che è esattamente quanto riportato nella petizione di Insieme in Rete.

La senatrice va avanti, fa riferimento alla memoria di Tiziana Cantone (cosa che, ovviamente, è presente anche all’interno della petizione nella seguente formula: «Tiziana Cantone, che si è tolta la vita il 13 settembre 2016, dopo che un suo video hard era diventato virale in Rete»). In quest’altro punto del suo discorso, l’esponente del M5S riporta un dato statistico: «Il revenge porn è riconosciuto come reato in Germania, Israele e Regno Unito, e in trentaquattro Stati degli Usa. In Italia, invece, non esiste alcuna legge specifica sul revenge porn». Che è esattamente il dato statistico riportato – con le stesse parole – anche nel testo della petizione:

La senatrice, nella seconda parte del video, passa a descrivere la sostanza della legge depositata sulla piattaforma Rousseau. Afferma che il testo prevede delle aggravanti anche per chi diffonde il video e non soltanto per chi realizza le immagini, dice che la legge offre particolari attenzioni ai minori coinvolti e poi parla anche delle piattaforme online che danno ospitalità a questi video (il riferimento è a Facebook, WhatsApp e altri servizi di messaggistica e di social networking). Con queste parole: «Occorre responsabilizzare in modo tangibile i gestori delle piattaforme e delle applicazioni attraverso le quali si effettua il revenge porn». Parole che, neanche a farlo apposta, sono contenute ancora una volta nel testo della petizione lanciata da Silvia Semenzin.

Non bastava semplicemente votare in Parlamento la proposta di Insieme in Rete, una volta presentata?

Ora la proposta di legge del Movimento 5 Stelle sarà in discussione sulla piattaforma Rousseau fino al 21 aprile, per dar modo agli iscritti di discutere nel merito e di apportare eventuali modifiche. Prevede, tra le altre cose, la reclusione da sei mesi a tre anni a chiunque pubblichi attraverso strumenti informatici o telematici immagini o video privati aventi un esplicito contenuto sessuale senza l’espresso consenso delle persone o la sanzione da 75 a 250 euro per chi diffonde i video sessualmente espliciti.

Per quella data, con ogni probabilità, sarà già pronto e presentato in Parlamento il testo derivante dalla petizione: fonti vicine ai promotori dell’iniziativa, infatti, assicurano che ci sono soltanto gli ultimi dettagli da limare. C’era davvero bisogno di questo teatrino? Per il M5S non bastava semplicemente allinearsi a una proposta partita realmente dal basso (senza gli aiutini di una piattaforma «per la democrazia diretta»)? Misteri del nostro tempo.