Quando Berlusconi fondò Sky

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Nel 1990 il Cavaliere diede vita alla prima piattaforma televisiva commerciale a pagamento europea, Telepiù. Ma nonostante una serie di manovre finanziarie l'azienda non decollò e dopo una parentesi francese diventò Sky Italia a seguito della fusione con la piattaforma Stream

“Perché questa televisione, Sky, l’ho fondata io”. Si sa che a Silvio Berlusconi piacciono le sparate in extremis. Del resto quella sull’abolizione dell’Ici ha fatto scuola, ma il colpo riservato in conclusione della sua intervista su Sky ha avuto dell’incredibile.



SKY L’HA FONDATA BERLUSCONI – Perché indipendentemente dalle facili ironie, Sky è stata fondata da Silvio Berlusconi, ed è vero. Ma quel marchio azzurro di proprietà di Rupert Murdoch ricorda anche il più grande fallimento televisivo del Cavaliere di Arcore ed uno degli episodi più controversi legati alla sua attività imprenditoriale. Perché se è vero che è stato lui in collaborazione con altre due persone, Vittorio Cecchi Gori ed il tedesco Leo Kirch, a portare la tv a pagamento in Italia, è altrettanto vero che è stato l’unico a non averci guadagnato. O meglio. Ha provato in tutti i modi a rendere profittevole l’investimento aggirando la legge e legandosi a personaggi strani, ma di fatto ha abbandonato Telepiù (questo il vecchio nome di Sky) ancora in fasce per poi essere adottata da uno strano australiano di Adelaide che l’ha resa parte del primo gruppo editoriale del mondo.



LA NASCITA DELLA PAY TV ITALIANA – Ma andiamo con ordine. Nel 1990 nacque Telepiù S.r.l., divenuta poi S.p.A. Il suo obiettivo quello di offrire, prima in Europa, una serie di piattaforme televisive a pagamento per la televisione analogica terrestre e digitale satellitare. I canali all’inizio furono tre, Tele+1, dedicato al cinema, Tele+2, dedicato allo sport e Tele+3, dedicato alla cultura ed all’intrattenimento. Le frequenze erano quelle lasciate libere da TeleCapodistria. A causa del segnale crittografato molto particolare la rete dovette utilizzare uno speciale smart top box visto che i televisori dell’epoca non erano in grado di leggere correttamente il segnale trasmesso dagli studi di Cologno Monzese. Si, perché la prima sede di Telepiù fu di fronte a Mediaset, in Corso Europa. Quindi davanti a Casa Berlusconi.

LA COMPOSIZIONE DELLA SOCIETA’ – La società era controllata da una cordata formata da Vittorio Cecchi Gori, dal magnate dei media tedeschi Leo Kirch e da Silvio Berlusconi per le seguenti percentuali: 35, 45 e 10 per cento. Il resto era posseduto da soci di minoranza tra cui Renato Della Valle, un nome da tenere a mente. Il primo canale in chiaro nacque nel 1990 ed il suo nome era semplicemente “Telepiù”. Questo trasmetteva sulle doppie frequenze di Canale 5 per diverse ore al giorno gli stessi film diffusi dalle tre reti del biscione, senza però la pubblicità. Il 20 ottobre arrivò la moltiplicazione del segnale con la nascita di +2 e +3, mentre il lancio del servizio a pagamento venne preceduto da una massiccia campagna pubblicitaria.



IL FALLIMENTO INDUSTRIALE – Ma gli italiani non sembravano ben disposti a pagare per un qualcosa che potevano avere gratis o quasi come il segnale tv. Per questo motivo, dopo soli sette mesi di programmazione, le perdite di Telepiù ammontavano già a 150 miliardi di lire. La via d’uscita dalla crisi venne individuata, nel 1993, in un accordo con Lega Calcio per la trasmissione in diretta ed a pagamento di un posticipo di campionato di Serie A la domenica alle 20.30 ed un posticipo di B il sabato, sempre alle 20.30. Quindi, se vogliamo, la febbre del calcio in tv nacque grazie a Telepiù. Il primo incontro trasmesso nella storia della pay-tv italiana fu Lazio – Foggia, finita 0-0.

CECCHI GORI LITIGA CON BERLUSCONI E SE NE VA – Nel 1993 arrivò su Tele+2 anche Aldo Biscardi il quale prese possesso della redazione sportiva della rete la quale ospitò il famosissimo Processo, migrato da Raitre. Ma se da un lato vi fu la ripartenza della rete, dall’altro la stessa sopravvivenza dell’azienda venne messa in crisi da un dissidio tra Vittorio Cecchi Gori e Silvio Berlusconi. Tale dissidio si risolse con la vendita da parte del produttore fiorentino delle sue quote nell’azienda e la conseguente perdita di tutti i film del catalogo CG. Il posto di Cecchi Gori venne preso dal sudafricano Johann Rupert, proprietario di altre pay tv in Europa e Sudafrica. Vengono siglati accordi con le major hollywoodiane e stanziate nuove risorse destinate al calcio.

I PROBLEMI DEL SATELLITE – Nel 1996 vi fu anche la novità della trasmissione satellitare grazie alla piattaforma televisiva DStv. Ma nonostante tutti questi accorgimenti la rete rimaneva in perdita. Rupert, deluso dai risultati, se ne andò vendendo il suo 35 per cento ai francesi di Canal Plus. Un anno dopo toccò a Leo Kirch cedere la quota alla società transalpina la quale alla fine si trovò proprietaria del 90 per cento delle azioni, decide di fare di testa sua lasciando a Fininvest, il ruolo di comparsa, dall’alto del suo 10 per cento.

TELEPIU’ DIVENTA FRANCESE – Le cose cambiano il primo settembre 1997. Tele+1, +2 e +3 diventeranno Telepiù nero, bianco e grigio. Quest’ultimo poi diventerà Vetrina D+, un canale promozionale della piattaforma satellitare. Telepiù satellite, piattaforma che sostituì DStv, divenne D+. I francesi lasceranno su Telepiù bianco e nero le trasmissioni generaliste e lo sport. Per loro il futuro è dato dal satellite e per questo sacrificheranno le trasmissioni terrestri. meno risorse possibili per quella terrestre. Eppure, al 31 dicembre 1997, gli abbonati della televisione terrestre sono ancora la maggioranza: 1.100.000 contro 400 000 per D+.

LA SCOMPARSA DI TELE + NERO E TELE + BIANCO – La fine dell’esperienza francese si avrà nel 2003 per mano di Sky Italia che assorbirà l’azienda a causa del tracollo di Vivendi, il gruppo che controlla Canal Plus. A Sky viene però impedito di prendere possesso delle reti terrestri visto la sua posizione dominante dovuta all’acquisto di Stream, piattaforma satellitare di Telecom Italia. Le frequenze terrestre verranno cedute a Tarak Ben Ammar -Prima Tv che le userà per un multiplex del digitale terrestre- ed a Eurosport -che poi le girò ad Europa 7-. Ma ormai Berlusconi era sparito dall’azienda visto che Fininvest vendette la sua quota nel 1998. A causa della legge Mammì il Biscione non poteva possedere più del 10 per cento di un’emittente televisiva a pagamento in quanto aveva già una licenza per un’emittente gratuita.

 

LA BANDA – Quindi si, Silvio Berlusconi ha fondato Telepiù ma nella speranza di poter ricavarci un guadagno. Tanto i soldi li metteva un tedesco -Leo Kirch- i film fiorentino -Vittorio Cecchi Gori-. E Silvio? Le frequenze televisive. Ma alla fine a manovrare i fili c’era lui. Cecchi Gori avrebbe messo i film gratis -la conferma è data dai contratti siglati con le major hollywoodiane dopo la partenza di Vittorio- e Kirch avrebbe messo i soldi per i diritti tv. Le cose non andarono come previsto e l’azienda si trovò impelagata nell’affare pay tv fino al 1998, quando riuscì a vendere la sua quota a Canal Plus la quale si trovò in possesso alla fine del 98 per cento di Telepiù. Il restante 2 venne lasciato alla Rai, ma fu più un acquisto simbolico che altro.

ASCESA E CADUTA DI LEO KIRCH – Telepiù non fu un affare neanche per i soci di Berlusconi. Cecchi Gori come sappiamo anni dopo perderà Tmc e Tmc2, acquisite dalla Stet mentre Leo Kirch, deceduto nel 2011, vedrà il suo impero fallire poco alla volta dopo aver conosciuto il successo in un modo molto simile a quello di Berlusconi. Il tedesco iniziò la sua carriera nel 1956 ovvero quando comprò per la Germania i diritti del film “La strada”. In pochi anni divenne il principale fornitore di pellicole e programmi televisivi dell’emittente ZDF. Nel 1984 lancerà Germania Sat.1, la sua prima tv commerciale, seguita l’anno successivo dall’acquisto del tabloid “Bild”. Negli anni ’90 divenne anche azionista di minoranza di Mediaset e per lanciare al meglio le sue pay tv acquisì i diritti dei principali eventi sportivi del globo come la Formula 1 ed i mondiali di calcio. La troppa ingordigia lo porterà però all’insolvenza l’8 aprile 2002.

TROPPA INGORDIGIA – Nel 1985, alla morte del fondatore Axel Springer, Kirch ha comprato il tabloid Bild. Nei primi anni ’90 ha fondato anche le prime pay tv europee, in collaborazione con soci del calibro di Silvio Berlusconi (diventando anche azionista di minoranza di Mediaset), per lanciare al meglio le sue pay tv ha acquistato in grandi quantità i diritti di eventi sportivi, come la Formula 1, la Bundesliga e il campionato del mondo di calcio, tuttavia saranno proprio questi grandi investimenti in campo sportivo a portare il Kirch Group all’insolvenza il giorno 8 aprile 2002.

MURDOCH RACCOLSE I COCCI – Il colosso satellitare tedesco creato in quegli anni dal gruppo Kirch in collaborazione con Bertelsmann e Canal +, ovvero Premiere, venne prima preso in gestione dal fondo d’investimenti Permira, e questo avvenne nel 2003, poi venne ceduto ad un’azienda che decise che era arrivato il momento di rilanciare il marchio. Quest’azienda si chiama News Corporation e decise di chiamarla Sky. Sky Deutschland. Sky si è quindi impegnata a raccogliere ciò che in 20 anni l’imprenditoria italiana e non solo si è limitata a piantare senza essere in grado di cogliere alcunché. O meglio. Raccolse i cocci di quella che a tutti gli effetti fu l’ennesima speculazione dell’etere italiano. Ancora una volta il protagonista è solo uno, Silvio.

IL RUOLO DI RENATO DELLA VALLE – Franco Bassanini, ex deputato del Pds, dalle colonne dell’Unità nel 1994 lanciò un grido d’allarme relativo proprio allo stato di Telepiù. A seguito dell’uscita di Vittorio Cecchi Gori dall’azienda, il nuovo assetto si è sviluppato nel seguente modo:  Leo Kirch (34%), Nethold of South Africa (33%), Renato Della Valle (23%, molto vicino a Berlusconi) e Fininvest (10%). Ed è proprio Renato Della Valle a far scatenare i dubbi più grandi. Di mestiere è un immobiliarista ed è molto vicino a Silvio Berlusconi. Per quale motivo una persona con nessun interesse nel mondo della televisione debba impegnare un sacco di soldi -228 miliardi non suoi, come vedremo- in un’azienda in perdita, e parliamo di una chiusura in rosso nel 1995 di 120 miliardi.

LA NECESSITA’ DI AGGIRARE LA LEGGE MAMMI’ – Il sospetto è che il coinvolgimento di Della Valle sia stato giustificabile con il tentativo da parte di Fininvest di aggirare la legge Mammì possedendo di fatto più del 10 per cento consentito dalla Legge. Le norme prevedevano poi che in caso di mancato rispetto dei vincoli si sarebbero automaticamente perse le frequenze. Bassanini denunciò la cosa ed un anno dopo Kirch, che nel frattempo era diventato azionista di minoranza al 7,6 per cento di Mediaset, vendette a Vivendi. In sostanza Berlusconi possedeva di fatto Telepiù dopo l’allontanamento di Cecchi Gori, ma non sapeva come farla fruttare visto che aveva un modello di business totalmente diverso dalle altre reti.

LEO KIRCH DIVENTA AZIONISTA DI RIFERIMENTO – Sospetto suffragato da una rivelazione del 1994 targata Renato Della Valle. Come racconta Repubblica, l’immobiliarista dichiarò nel corso degli interrogatori nel processo contro Berlusconi ed altri imputati sulle tangenti alla Guardia di Finanza che aveva venduto il 23,4 per cento in suo possesso a Leo Kirch. Il passaggio avvenne nel marzo dello stesso anno quando Kirch fece scattare un’opzione d’acquisto concessa dal venditore nel 1993 per un totale di circa 250 miliardi di lire. In totale sono circa 250 miliardi”.

BERLUSCONI VOLEVA SOCI PER TELEPIU’ – Questo il racconto dell’epoca di Della Valle fornito agli investigatori nel corso dell’interrogatorio: “Nel 1990 quando stava per entrare in vigore la legge Mammì, Berlusconi mi chiese di adoperarsi per trovare dei soci che potessero entrare nella compagine di Telepiù. Della Valle prese contatti con Rai, Fiat, Rizzoli e Telemontecarlo con scarso successo. Allora entrai con il 10 per cento e in seguito acquisii altre quote sino ad arrivare al 28 per poi scendere al 23 circa. Fino al 1991 pensavo di farcela poi mi resi conto che gli investimenti erano eccessivi”.

IL RUOLO DELLE BANCHE EUROPEE – Della Valle investì fino al 1991 28 miliardi in telepiù. 12 erano di tasca sua mentre il resto proveniva da finanziamenti ottenuti dalla Compagnie Monegasque de Banque, dalla tedesca Bayerische e dalla lussemburghese Bil, già azionista attraverso la Cit di un altro 25 per cento di Telepiù. L’ imprenditore ha spiegato che i finanziamenti erano garantiti dalle azioni di Telepiù e dalla sua firma come fidejussione. Ma nel 1991 , quando si accorse che l’ investimento era superiore alle sue previsioni, Della Valle si mise in contatto con un esponente del gruppo Kirch, Jean Moito. Così nel 1993 si giunse all’ opzione con Kirch per la cessione della sua quota.

CHI MUOVEVA I FILI DI TELEPIU’ – L’ accordo venne curato dall’avvocato Giovanni Acampora, il civilista romano arrestato nei giorni scorsi nell’ ambito dell’ inchiesta Imi-Rovelli. L’ imprenditore ha spiegato di aver ricevuto i capitali dal gruppo Kirch e di aver sempre trattato con “uomini del gruppo Kirch”. Ma durante il processo l’accusa ha letto in aula una lettera inviata da Giorgio Vanoni, già responsabile delle attività estere di Fininvest ed all’epoca latitante, a Mojto. Il manager italiano scrive che i soldi per la banca tedesca provenivano a loro volta da una banca svizzera, mentre la banca del Lussemburgo, altra dispensatrice di denaro, “non sapeva”. Della Valle se la cavò rispondendo: “I soldi li ricevevo da queste tre banche. Non sapevo da chi li prendessero”.

L’ADDIO – Quando ormai la rete non serviva più a nulla, quando il socio in Mediaset Leo Kirch si liberò del fardello e toccò ai francesi di Vivendi, attraverso Canal Plus, prendere il controllo della baracca, allora Fininvest decise di farsi da parte. All’epoca Fininvest dichiarò che si sarebbe concentrata maggiormente sulla tv commerciale potenziando il proprio business anche attraverso intese internazionali. “Il gruppo Fininvest -precisò la nota del 1999- riconosce peraltro l’importanza del settore della tv a pagamento nel quale intende mantenere una presenza significativa come fornitore di contenuti”. Come dire: “addio e grazie per tutto il pesce”.

PIU’ OMBRE CHE LUCI – Allora in sostanza perché nacque Telepiù? Probabilmente per dare un senso alle frequenze acquistate da Berlusconi prima del 1990 per poi “aggiustare” a suo piacimento la situazione superando i vincoli di legge. Un piano all’apparenza perfetto ma che non ha preso in considerazione un piccolo particolare, ovvero il mercato. Cosa successe è stato già spiegato. La banda del buco svanì e la tavola imbandita rimase a disposizione di Rupert Murdoch. Si, questa televisione l’hai fondata tu, caro Silvio e la sua esistenza ricorda a tutti noi uno dei tuoi più grandi fallimenti nonché uno dei migliori magheggi finanziari della storia. Forse non è stata l’idea migliore ricordare uno dei capitoli più bui della sua vita da imprenditore in campagna elettorale.