Il pettegolezzo sul presidente del consiglio gay è stato rinverdito ieri da Vendola. Ma è vecchissimo. E ci sono un paio di indiziati.
EMILIO COLOMBO? – In un articolo su L’Espresso dedicato alla sua contrarietà ai patti di convivenza tra persone dello stesso sesso, Eugenio Scalfari scrisse che “Colombo ha rivelato al pubblico la sua omosessualità ed anche, sia pur per breve periodo, la sua condizione di consumatore di cocaina”. Ed Emilio Colombo, informa Wikipedia, “è stato Presidente del Consiglio dei ministri nel periodo 6 agosto 1970 – 17 febbraio 1972, primo presidente espresso dalla Basilicata dall’avvento della Repubblica. Prima dell’esperienza alla guida del governo e nel periodo successivo ha guidato a più riprese importanti dicasteri ministeriali quali il Tesoro, le Finanze, il Bilancio e gli Esteri. Dal 1977 al 1979 è Presidente del Parlamento Europeo, l’ultimo nella composizione a suffragio indiretto dell’assemblea comunitaria”. Sulla sua omosessualità si discuteva già apertamente da tanti anni, era un sussurro ripetuto e diretto, al quale l’oggi senatore a vita non ha mai risposto, così come non ha mai smentito Scalfari dopo l’articolo su L’Espresso.C’è anche da dire che il giornalista Mario Adinolfi ha giusto ieri scritto sul suo profilo di Facebook di aver subito, proprio da Colombo, “un approccio molto pesante da cui sfuggii non senza fatica”. Chissà che ne pensa, il senatore a vita, di questa accusa piuttosto pesante e inelegante.
GIOVANNI SPADOLINI? – Molto più pressanti invece i pettegolezzi sui gusti sessuali di Giovanni Spadolini. Dal primo dicembre 1982 è stato presidente del Consiglio, ma l’identikit di Vendola nel suo caso non corrisponde: è stato un esponente storico del Partito Repubblicano, non ha mai miliato nella Dem0crazia Cristiana (soltanto nel Partito Radicale prima di iscriversi all’Edera). Scrive Wikipedia che “l’esperienza del suo governo terminò traumaticamente nell’estate del 1982, a causa di quella che lui stesso ribattezzò la lite delle comari tra i due ministri finanziari del suo governo, il democristiano Nino Andreatta (Tesoro) e il socialista Rino Formica (Finanze). Nell’agosto di quell’anno ricostituì un governo perfettamente identico al precedente (lo “Spadolini-bis”, ribattezzato dai radicali “la minestra riscaldata”), ma in novembre dovette dimettersi a causa del disimpegno del PSI di Bettino Craxi. Grazie al cosiddetto “effetto Spadolini”, alle elezioni politiche anticipate del 1983, per la prima volta nella sua storia, il PRI supererà il 5% dei voti alla Camera dei deputati; in alcune grandi città come Torino diventerà il terzo partito, dietro DC e PCI, ma davanti ai socialisti”. Spadolini fu spesso indicato nelle chiacchiere da comari come omosessuali, ma nel suo caso – così come per Goria – non c’è alcuna prova, nemmeno indiretta, che lo fosse.