Era diventata famosa per essere la candidata senza volto del Movimento 5 Stelle, il tutto per motivi legati alla sua sicurezza, ora è stata indagata dalla Procura di Sciacca per falso in atto pubblico. È questa la storia della deputata Piera Aiello, testimone di giustizia per alcuni processi legati a crimini mafiosi, entrata a Montecitorio dopo le elezioni del 4 marzo 2018 grazie al Movimento 5 Stelle. E proprio il suo status di testimone di giustizia è al centro della contestazione avviata nei suoi confronti dalla Procura siciliana.
L’indagine è, infatti, legata alla sua candidatura proprio nelle file del Movimento 5 Stelle. Non per reati commessi in precedenza, ma proprio per quel suo particolare status che l’ha portata e ‘costretta’ a stravolgere la propria vita. All’Ufficio anagrafe del Comune di Partanna, dove la parlamentare èil 2 luglio del 1946 nata, il nome Piera Aiello, non esiste più, non è certificabile, proprio per la sua condizione di testimone di giustizia. Secondo i pm la deputata, per candidarsi in Parlamento, con questo nome ‘congelato’, ha compiuto delle forzature.
Una vicenda molto complessa che da una parte trova riscontri nella legge – qualora fosse confermata l’assenza del suo nome dall’anagrafe -, ma dall’altra mostra tutta la scarsa flessibilità sia della burocrazia che della magistratura su determinati temi. Piera Aiello, che tra l’altro è cognata di Rita Atria, la giovane testimone di giustizia che si tolse la vita dopo l’uccisione del giudice Paolo Borsellino, è già stata sentita dalla Procura: «Posso dimostrare, con documenti alla mano – ha detto ai magistrati – che ero candidabile».
La storia di Piera Aiello inizia diversi anni fa, quando conobbe e poi sposò Nicolò Atria – figlio del boss mafioso Vito, ucciso nel 1985, nove anni dopo il loro matrimonio -. Nel tentativo di vendicare la morte del padre, il marito dell’attuale deputata del Movimento 5 Stelle fu ucciso sotto i suoi occhi il 24 giugno del 1991 e lei divenne la testimone di giustizia di quanto accaduto. Da quel giorno fu costretta a cambiare nome e fuggire dalla sua città. Ventisette anni lontana dalla sua terra natia, nel tentativo di metterla al sicuro e collaborando con le inchieste di Paolo Borsellino. Poi la sua vita è andata avanti, fino a quando il M5S scelse lei come il volto della giustizia da portare a Montecitorio come testimonianza. Fino a qualche giorno fa, quando la doccia fredda dell’indagine per falso in atto pubblico si è abbattuta su di lei.
(foto di copertina: ANSA)