Cristiano De Eccher e l’inchiesta sulla strage di piazza Fontana: secondo il giudice Salvini, l’oggi senatore del PdL avrebbe custodito il dispositivo che ha consentito lo scoppio della bomba che ha ammazzato diciassette persone nel dicembre del 1969 a Milano
Tic-tac tic-tac tic-tac tic-tac…Boom. A causa della loro brevità, le biografie dei parlamentari non sempre rendono giustizia alle loro molteplici attività. A puro titolo di esempio, basta leggere questa dedicata al senatore del Popolo delle Libertà in quota Alleanza Nazionale Cristiano De Eccher. Alla voce “professione” il calepino recita soltanto “insegnante di chimica e scienze n
QUEI MERAVIGLIOSI SEVENTIES – Ne parla diffusamente e con dovizia di particolari Gianni Barbacetto nell’ultimo numero di Micromega. Il nome di De Eccher entra in gioco nel 1973, quando i carabinieri gli perquisiscono la casa. Il ragazzone promette bene: alto, biondo, nibelungo, diretto discendente di una nobile famiglia del Sacro Romano Impero, e proprietaria del magnifico castello di Calavino dalle parti di Trento. Ma soprattutto: amicone di Franco Freda, condannato ad anni 15 di reclusione per associazione sovversiva. Le forze dell’ordine trovano il solito florilegio di libercoli, volantini, manifesti e opuscoli; ma anche 78 pile elettriche. Le pile all’epoca facevano parte dell’armamentario del perfetto stragista: servivano a confezionare esplosivi. Gli chiedono che se ne fa, e lui risponde: “mi servono per i miei hobby”. La madre, alla stessa domanda, replica invece che li usano per far giocare i figli di un amico di famiglia, il colonnello Santoro, ufficiale dei carabinieri e superiore di chi sta effettuando la perquisizione. Uno strano riferimento, e ancora più strano è che un documento del Sid (l’allora servizio segreto) che racconta della perquisizione e del particolare delle pile viene inviato in lettura al famigerato generale Gianadelio Maletti.
C’E’ UN GIUDICE A MILANO – La perquisizione rimane senza esito, ma negli anni Novanta il giudice Guido Salvini, ritrovando l’appunto del Sid, ricostruisce la storia. Partendo
MA CHE BEL CASTELLO – Scrive Salvini, citato da Barbacetto: “Purtroppo l’atto investigativo non era stato esteso al castello di Calavino di proprietà della famiglia De Eccher, dove, probabilmente i timer erano occultati. Se De Eccher, come pare ormai certo, ancora deteneva in quel periodo parte dei timer utilizzati per gli attentati del 12 dicembre 1969, la perquisizione avrebbe potuto consentirne il ritrovamento con conseguenze catastrofiche per il gruppo di Padova e per coloro che all’interno del Servizio avevano offerto loro copertura”. I timer li aveva comprati Freda a Bologna al costo di 80mila lire, e sono custoditi per essere utilizzati come fonte di ricatto su ordine di Delle Chiaie: così l’editore nero è costretto a starsene buonino in carcere a farsi processare senza parlare di suoi eventuali complici. Freda verrà prima condannato e poi assolto per
CAMERATI ALL’ARMI! – Sempre Barbacetto ricorda un’altra circostanza interessante del curriculum di Eccher: secondo un rapporto del Sid lui, insieme ai fratelli Cecchin, ha organizzato “un addestramento alla guerriglia sulle pendici della Maranza”, con 50 chili di tritolo, detonatori e quattro moschetti, mentre secondo Vincenzo Vinciguerra Eccher diede l’ordine di fermare un attentato dimostrativo sulla linea ferroviaria Trento-Verona. Nella sua fedina penale c’è solo un attentato contro l’auto di uno studente di Lotta Continua e una condanna a due anni per attività eversive. Insomma, forse si esagera qui quando si paragona Eccher a D’Elia (riconosciuto comunque colpevole senza ombra di dubbio). Ma certo, questa storia del timer di piazza Fontana dovrebbe far riflettere. Ci sono almeno 17, se non 18 buone ragioni per farlo.