La lettera di Patrick Zaki alla famiglia: «Sto bene. Un giorno sarò libero»

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Lo studente egiziano è in prigione da 150 giorni, ancora in attesa di un giudizio

Sono passati 150 giorni da quando Patrick Zaki è costretto a vivere nel carcere di Tora, in Egitto, dove sta attendendo – a causa dei continui e pretestuosi rinvii – la sentenza dei giudici per ‘reati di opinione’. Il 27enne egiziano, che studia in Italia all’Università di Bologna – dove studia – è stato arrestato a Il Cairo nella notte tra il 6 e il 7 febbraio scorso e sottoposto a un lunghissimo interrogatorio – di 17 ore – in cui ha subito anche vessazioni. Ieri, però, la sua famiglia ha ricevuto una sua lettera di rassicurazione.



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«Cari, sto bene e in buona salute, spero che anche voi siate al sicuro e stiate bene. Famiglia, amici, amici di lavoro e dell’università di Bologna, mi mancate tanto, più di quanto io possa esprimere in poche parole. Spero che stiate tutti bene e che il Coronavirus non abbia colpito nessuno dei nostri cari. Un giorno sarò libero e tornerò alla normalità, e ancora meglio di prima», scrive Patrick Zaki nella sua lettera inviata alla famiglia e pubblicata dalla pagina Facebook Patrick Libero.



Patrick Zaki, la lettera alla sua famiglia

Il 27enne è rinchiuso nel carcere di Tora, vicino al Cairo, da cinque mesi e la prossima settimana (si parla di domenica 12 luglio) dovrebbe esser stata fissata l’udienza per convalidare (o annullare) la misura cautelare di carcere preventivo nei suoi confronti. Ma il condizionale è d’obbligo, visti i precedenti. Già in passato, nel corso di questi lunghissimi 150 giorni dal suo arresto, i giudici hanno rinviato più volte il giorno della decisione sul suo caso. La famiglia attende notizie da fonti ufficiali, sperando che il giorno della libertà di Patrick Zaki sia più vicino rispetto a questa lunga ed estenuante attesa durante la quale le informazioni arrivate dalle autorità egiziane sono state ondivaghe.



(foto di copertina: da pagina Facebook Patrick Libero)