Gli sviluppatori di app LGBTQ+ che decidono di non renderle disponibili in certi paesi

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Far parte della macchina capitalista spinge anche chi si schiera a favore dei diritti LGBTQ+ apertamente ad assoggettarsi al volere dei governi autoritari

Da una ricerca congiunta tra il gruppo per i diritti umani statunitense Fight fo the future e GreatFire, gruppo che monitora la censura web in Cina, sono emersi risultati molto interessanti relativi non solo a Apple – che abbiamo trattato già nella giornata di ieri – ma anche agli sviluppatori di queste applicazioni. Non è solo Apple ad adottare una politica conciliante nei confronti di determinati paesi ma sono anche gli stessi sviluppatori delle app LGBT, certe volte, a non volere che vengano rese disponibili in alcune nazioni per evitare di avere problemi con il prodotto.



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La questione delle app LGBT rimosse

Dal rapporto emergono una serie di paesi meno virtuosi, ovvero quelli in cui buona parte delle applicazioni LGBTQ+ sono state rimosse dagli store. La Cina, per esempio, ha rimosso dall’App Store del paese ben ventisette applicazioni a tema LGBTQ+. Questa situazione potrebbe dipendere da due fattori in particolare: in primis dal volersi adeguare – da parte degli store – alle richieste del governo cinese (e di tutti gli altri) ma anche dalla paura degli sviluppatori di queste stesse applicazioni.



In alcuni casi, infatti, la scelta sarebbe stata quella di agire in via preventiva non rendendo disponibili certe applicazioni sin dall’inizio in Cina. A fare peggio della Cina è solamente l’Arabia Saudita ma bisogna sottolineare una grande differenza tra le due: se nel paese del Dragone l’omosessualità non è criminalizzata – almeno non sulla carta – nel più grande stato arabo dell’Asia occidentale essere omosessuali corrisponde invece a reato.

I soldi muovono tutto anche quando non dovrebbero

Da un lato c’è la direttrice di Fight for the Future che ha accusato Apple di «aiutare i governi di tutto il mondo a isolare, mettere a tacere e opprimere le persone LGBTQ+». Una parte di verità c’è se si considera che anche solo facendo il gioco dei governi per non aizzarli ed evitare danni agli affari tra i paesi coinvolti fa sì che moltissime persone della comunità non abbiano pari opportunità rispetto a quelle degli altri paesi in tal senso.



Va però considerata anche la questione degli sviluppatori che scelgono, sin dall’inizio, di non diffondere il prodotto che hanno creato in determinati paesi per non crearsi problemi. Anche in questo caso, però, la questione è sempre la stessa: che siano i singoli creatori di app o Apple a decidere che una determinata app non vada distribuita in prima battuta o vada ritirata, il risultato è sempre che il soldi e la possibilità di continuare a commercializzare i propri prodotti anche in paesi che non rispettano la libertà dei cittadini vince su tutto.