È più preoccupante l’approssimazione informatica dei siti istituzionali che una campagna”provocatoria”

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Tutti si sono concentrati sul claim e sulla Venere animata con l'intelligenza artificiale, ma i problemi sono relativi all'igiene digitale

Di Open to Meraviglia, la campagna promossa dal ministero del Turismo per far conoscere l’Italia al mondo, si conosce davvero tutto. Si sa delle immagini condivise su WhatsApp, si sa dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la traduzione di alcuni testi (che, tuttavia, si è dimostrata sin troppo letterale, arrivando a coinvolgere anche nomi propri di città), si sa della foto stock scattata in Slovenia e utilizzata in maniera un po’ troppo libera. Il lavoro che, da questo punto di vista, ha svolto Selvaggia Lucarelli è stato determinante per divulgare l’argomento sui social network. Tuttavia, ci sono degli aspetti ancora diversi (e forse anche più preoccupanti), che non riguardano la campagna in sé (coordinata da Armano Testa), ma che riguardano le pagine web del ministero del Turismo.



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Open to Meraviglia è il vero problema del ministero del Turismo?

Abbiamo visto che gli sviluppatori si sono prodigati nell’utilizzo di una lunga serie di <br /> nel codice HTML del sito per dare la corretta spaziatura ai titoli delle varie slides (tra cui anche quella che introduce la campagna Open to Meraviglia); abbiamo visto che queste stesse slides, per forza di cose, non erano responsive per i device mobili, portando a eclissare – sugli smartphone – proprio la Venere tanto criticata da chi ha messo nel mirino la campagna in sé.



Se a questo aggiungiamo anche l’utilizzo di strumenti molto consumer e a basso costo per la realizzazione e la gestione della sicurezza di un sito istituzionale come quello del ministero del Turismo, ecco che allora comprendiamo che – forse – il problema è molto più profondo e risiede nell’igiene informatica della nostra classe dirigente. Non stiamo parlando esclusivamente di una campagna, della sua capacità di dividere l’audience, della sua effettiva aderenza ai canoni della bellezza italiana, della sua esaltazione del ruolo degli influencer (sappiamo ormai tutti che la Venere è stata trasformata in una sorta di Chiara Ferragni fatta di intelligenza artificiale): stiamo parlando di questioni più profonde, di come viene gestito il sito internet che dovrebbe essere la porta di ingresso per le istituzioni che operano nel settore del turismo, nel nostro Paese e a livello internazionale.

Che è perfettamente in linea con quell’approssimazione che ha portato, spesso, chi si è occupato di transizione digitale a evidenziare l’impreparazione della nostra pubblica amministrazione di fronte alle sfide del futuro, dal cloud al 5G, passando per la cybersicurezza. E allora, invece di parlare di Open to Meraviglia, forse, bisognerebbe stare un po’ più attenti a evitare che le porte di un sito web siano “open”. Magari all’azione di un gruppo di hacker malintenzionati.