Ma a Telegram non interessa della sua immagine, con tutte queste minacce no vax?

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Perché il servizio di messaggistica non fa nulla per rimuovere lo squadrismo contro esponenti del mondo politico o dei media?

Oggi abbiamo assistito a una sequenza davvero impressionante di nomi che sono entrati a far parte delle chat su Telegram in cui si riuniscono no vax e no green pass. Lo ha segnalato il presidente della regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, di cui compaiono i dati personali (indirizzo e numero di telefono); lo ha segnalato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio; lo hanno segnalato diversi giornalisti che, nel corso di questi ultimi mesi, si sono occupati di questa tematica. Nella giornata di ieri, vi abbiamo riferito di un lungo elenco di persone di cui sono state indicate le generalità con lo scopo di metterli nel mirino per eventuali azioni punitive (reali o virtuali).



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Telegram e no vax, ma perché nessuno interviene?

Innanzitutto ci sono due domande da fare: perché non c’è stato (ancora) nessun intervento esterno nei confronti di queste vere e proprie violazioni della sfera privata e personale dei cittadini e perché, soprattutto, il servizio di messaggistica non prende alcun provvedimento nei confronti di questa situazione che si verifica internamente alla sua piattaforma.



Nel primo caso, ci permettiamo di ricordare più precedenti. Innanzitutto, nei casi in cui si è verificata una violazione del diritto d’autore (soprattutto per quanto riguarda i giornali o per quanto riguarda i link alla trasmissione in diretta di eventi sportivi o culturali in genere) i provvedimenti esterni sono stati presi. La Guardia di Finanza ha oscurato a febbraio del 2021 oltre 300 canali Telegram che prevedevano la possibilità di diffondere pdf gratuiti di giornali normalmente disponibili solo a pagamento. Prima ancora, nel 2020, a seguito di una richiesta della procura di Bari, era stato lo stesso Telegram a oscurare il principale canale di diffusione di questi contenuti che, fino a quel momento, aveva agito liberamente.

Come la pensa Pavel Durov

Interventi esterni nel primo caso, intervento interno nell’ultimo. Telegram non può nascondersi dietro al fatto di disporre di una crittografia end-to-end per giustificare la sua assenza di “giurisdizione” su chat dai toni chiaramente minatori come quelle animate da utenti no-vax che indicano dati personali di medici, giornalisti o politici da mettere nel mirino. Telegram può agire su questo tipo di comunicazione che, tra l’altro (così come del resto avviene per tanti contenuti a sfondo sessuale, per il revenge porn, per la pornografia online), macchiano inevitabilmente la sua reputazione. Qual è il motivo, dunque, per cui non interviene?



La verità è che Pavel Durov, ceo di Telegram, sembra avere proprio un’idea diversa di reputazione. In uno degli ultimi suoi post sul canale personale sulla propria piattaforma, il numero uno del servizio di messaggistica istantanea si è espresso molto duramente nei confronti di quelle aziende di giganti del web che gestiscono i propri contenuti: «Oggi – ha scritto Pavel Durov davanti alla sua platea di quasi 600mila followers -, Apple e Google censurano le informazioni e le app sui nostri telefoni, mentre Visa e Mastercard limitano i beni e i servizi per cui possiamo pagare. Ogni anno cediamo più potere e controllo sulle nostre vite a una manciata di dirigenti aziendali irresponsabili che non abbiamo eletto». Con queste premesse, sembra davvero difficile che Telegram possa prendere spontaneamente provvedimenti nei confronti di questi contenuti.