Il killer di Stefano Leo era già stato condannato, ma la sentenza non è mai stata eseguita

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Il ministero della Giustizia ha avviato un indagine per capire perché l'uomo fosse ancora libero

La notizia non fa solo rumore, ma fa ancor più male ai genitori, familiari e amici di Stefano Leo, il 33enne torinese barbaramente ucciso il 23 febbraio scorso ai Murazzi, in riva al Po. Il suo killer si è consegnato ai carabinieri del capoluogo piemontese, fornendo una versione scioccante e ritenuta non veritiera dagli inquirenti. Poi le voci su un presunto scambio di persona. Ora, come se tutto ciò non bastasse, emergono alcune responsabilità da parte dello Stato: Said Machaouat, il 27enne autore dell’omicidio, non doveva trovarsi lì in quella fredda mattinata di febbraio, ma doveva essere in carcere a scontare la propria pena.



E, invece, lui era libero, nonostante una condanna a 18 mesi per maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti della sua ex compagna che, tra l’altro, abitava non distante dai Murazzi dove è stato accoltellato alla gola e lasciato morire Stefano Leo. Come riporta il quotidiano torinese La Stampa, nel giugno 2016 il giovane era stato condannato a 1 anno e 6 mesi per maltrattamenti e lesioni aggravate ai danni della sua ex fidanzata, dalla quale aveva avuto anche un figlio. Il giudice aveva negato a Said la sospensione condizionale della pena per alcuni reati commessi in passato, e quando la sentenza è divenuta definitiva, per il 27enne sarebbe dovuto scattare l’arresto e la carcerazione.

Il killer dei Murazzi doveva essere in carcere

Questo nella logica consequenziale della giustizia, ma qualcosa ha frenato l’esecuzione delle sentenza. Per questo motivo il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha inviato a Torino alcuni ispettori per effettuare tutte le verifiche del caso e accertare le responsabilità di quanto avvenuto. Per il suo comportamento violento, infatti, il caso di Said Machaouat non poteva essere sottovalutato.



Mai partito l’ordine di esecuzione della pena detentiva

Secondo quanto emerge, ma la Corte d’Appello spiegherà il tutto nella giornata di venerdì, il 20 giugno del 2016 la sentenza è stata giudicata irrevocabile, ma l’ordine di carcerazione sarebbe rimasto bloccato proprio nelle stanze della Corte d’Appello dal 18 aprile 2018, senza mai varcare le soglie dell’ufficio esecuzioni della Procura di Torino. Fossero stati rispettati i tempi, Said Machaouat non si sarebbe mai trovato la mattina del 23 febbraio scorso lungo i Murazzi e non avrebbe mai colpito a morte Stefano Leo.

(foto di copertina: ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)