La morte in carcere dell’uomo arrestato per violenza sessuale e che pubblicò sul web un falso certificato sull’HIV

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Originario del Salernitano, si trovava in carcere a Poggioreale

Una vicenda, quella di Dario Marruso, che si è conclusa qualche giorno fa in una cella del carcere di Secondigliano. Il corpo dell’uomo è stato ritrovato senza vita all’interno dell’istituto dove era stato trasferito dopo l’ultimo arresto nel luglio del 2019. Le accuse nei suoi confronti erano di violenza sessuale aggravata, atti persecutori e violazione di domicilio aggravata. Sul quarantenne del Salernitano erano in corso delle indagini per verificare altri casi legati alle stesse ipotesi di reato.



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Morto in carcere, era stato arrestato per violenza sessuale

L’uomo si trovava in carcere per un episodio del 2017 e che coinvolgeva due persone: una di queste, all’epoca dei fatti, era minorenne. Su di lui ha indagato a lungo la Procura della Repubblica di Salerno, attraverso gli agenti della polizia di Stato, diretti dal vicequestore Giovanni Amodio e dagli agenti del commissariato di pubblica sicurezza di Battipaglia, agli ordini del vicequestore Lorena Cicciotti. Si stavano cercando legami con altri casi, con altre persone che potevano essere state contattate via web e social network. All’epoca dell’arresto per i due casi emersi, si parlò della possibilità che rappresentassero esclusivamente la punta dell’iceberg di qualcosa di più profondo e radicato sul territorio.



Morto in carcere, il caso del certificato sull’HIV

Il tutto aggravato anche da un dettaglio non di poco conto: sui social network, quasi per dimostrare la sua buona fede e per mettere a tacere alcune voci che lo riguardavano da vicino, l’uomo aveva pubblicato un falso certificato medico (tale è stato ritenuto dagli inquirenti, che ne hanno verificato la contraffazione) in cui dichiarava di essere negativo all’HIV. Un dettaglio che, com’è facilmente comprensibile, ha reso ancora più difficile la sua posizione di fronte alle autorità.

In passato, l’uomo era già noto alle forze dell’ordine per diverse vicende. Una di queste, in modo particolare, aveva contorni particolarmente gravi. Nel 2016 era stato condannato dalla terza sezione penale del tribunale di Salerno per essere entrato in un giro di pedofilia che coinvolgeva un padre che aveva messo in vendita i suoi stessi figli.



La sua morte è stata comunicata da Samuele Ciambriello, il garante campano dei detenuti. Quest’ultimo ha spiegato che l’uomo avrebbe lasciato una lettera per spiegare le motivazioni del suo gesto: «Quando si muore di carcere e in carcere – ha detto Ciambriello – è una sconfitta per tutti: sia per gli operatori che si prodigano quotidianamente, tra mille difficoltà a rendere più umane le pene, sia per la politica che ha fatto del carcere e, più in generale, della giustizia penale, un luogo di afflizione, di vendetta ed esclusione sociale». La procura ha anche aperto una inchiesta sulla morte in carcere, per ora senza indagati. Sarà necessario un esame autoptico, anche se al momento non ci sarebbero dubbi sulla natura del gesto.