Grazie
Napoli è una città d’acqua. Se ti muovi uno si offende. Se stai fermo, l’altro se la prende.
Per galleggiare devi essere davvero uno stronzo.
Alle 13 del pomeriggio, un pomeriggio del 1980, la sorte di Antonino
Cuomo non ha paura del dolore. Non ha paura di morire. Non esiste la paura della morte, la morte noi non la conosciamo. Conosciamo la vita. E’ quella che ci manca. Non è paura di morire, è voglia di restare. Ma ormai è deciso. L’uomo che dispone della vita e della morte, del principio e della fine, di tanta gente non può perderci la faccia. Oggi sarebbe un idolo indiscusso. Se ieri nell’80 era un capo, oggi sarebbe una rockstar. Ha carisma umano da vendere dietro due lenti chiare. Riscatteremo il Mezzogiorno d’Italia. E’ il programma di un partito di politica da delinquenti. Non quelli con la presunzione d’innocenza. Quelli veri. Nati già sporcati. Il riscatto se l’unione fa la forza se l’è inventato proprio dentro queste celle l’ex scrivano delle lettere, l’ex cupido delle storie d’amore tra i maledetti dentro e le speranze disperate fuori. Un cafone istruito di Ottaviano, uno di quei matti lucidi tra il semplice e il geniale. Raffaele Cutolo non ha tempo da perdere lì dentro. Ha poco tempo per diventare un capo senza soldi ma sulla parola. Appena tutta una vita. Ha iniziato col niente, una parolina lì, due consiglietti là. Oggi comanda il più bel esercito che a Napoli abbiano visto dai tempi del Cardinale Ruffo. Ha realizzato il sogno del Movimento, dei studentini a Trento e Pisa, lui, un umile carneade dimenticato in carcere ha chiesto e ottenuto l’impossibile. Fatto trionfare il ’68. Il sottoproletariato urbano e di campagna pende dalle sue labbra. Aspetta l’organizzazione, la condivisione, la rivoluzione. Cutolo. Anche Renato Curcio e poi Senzani e poi chiunque abbia un motivo armato contro lo Stato pende dalle sue labbra. Lui, la chiave dell’enigma. Il si alla domanda, ma in Italia si può fare ? Solo lo stato con i suoi sporchi trucchi poteva fermarlo. Non fa il delinquente. Amministra la giustizia e somministra il merito e il dolore. Alle 14, Cuomo ha finito di mangiare ed è un morto che cammina. Anche Cuomo pende dalle labbra del suo boia. E’ un uomo giusto. Un uomo che dà rispetto e dà valore alle esistenze specie più deboli. Raffaella. Si chiamava. Stuprata e uccisa. Lo stato ? assente. Vedremo, signora faremo, ma c’è il segreto istruttorio, non abbiate fretta. Che stiamo lavorando solo per voi. Cutolo no . Compra una pagina sul
Ha pregato per due ore. A raccomandarsi l’anima al Signore. Quello di sopra. Che quello di sotto gli ha già garantito vaglia e protezione per chi
Antonino gli aveva fatto da scorta, boia e confessore. Ora gli faceva idealmente da compagno. Quasi le sedici, mancava nulla. E tra poco sarebbe morto. Dopo aver pregato per due ore. Troppo ? No. Agli adulti si, agli adulti serve. Fosse stato un bambino allora. Gli adulti devono prima capire che ci fanno là. I bambini no .
Alla riunione era passato pure O’Nirone, l’ala legalitaria della rivoluzione dei camorristi proletari. Lui da bambino era andato a scuola e poi il latino, il greco, la cultura. E con tutta la cultura stava lì. A dimostrare, diceva o sicuramente pensava il Professore, che quella dell’ignoranza come molla è roba andata. Che i soldi sono una cosa e il classico un’altra. Che l’umanesimo non paga. Per l’Organizzazione era il principe erede della perfezione, il riscatto sociofisico materializzato. Serviva uno che parlasse bene, almeno in italiano, uno che si presentasse conosciuto l’aoristo e tutti i tempi giusti. In società. Dove i Cuomo e quelli come Cuomo grazie al Professore sarebbero arrivati. Da padroni, e non più con la mano tesa. Antonino semplicemente non aveva fatto a tempo. Da bambino lui al massimo quando era sole così come quel pomeriggio non portava libri ma o il coltello o il pallone. Ma questo non significava. Suo figlio avrebbe fatto, con l’aiuto e’Dio e d’o Prufssor. E andiamo, va.
A’nanninella però era morto più male. Si deve dire. Aveva scontato il tormento, cioè un po’ di Purgatorio che il Professore gli aveva inferto giustamente. Era stato gli ultimi suoi giorni in vita nella vecchia cella di fronte quella dove stavano quelli che stavano ancora nelle grazie del Signore. Nanninella non doveva solo aspettare e accettare la condanna a morte. Doveva meritarsela comunque, di morire solo lui. E per questo si doveva sbattere, doveva gridare, soffrire.
Nanninella sapeva di morire uguale ma se non implorava e si umiliava moriva pure qualcun altro. E allora doveva sopportare. E dire grazie. Antonino il morto che cammina preferisce pensare a questo, a qualcosa, mentre sta entrando nel cortile e vede intorno a sé tutti girare. Grazie. Come Nanninella. Lui lo sapeva mentre lo teneva fermo che lo faceva così, soltanto per amore, e allora non lo teneva troppo che tanto era inutile mentre quello per paura che gli altri se ne accorgessero strillava forte grazie, pisciavano sulla foto della madre, e lui grazie, non lo facevano dormire e grazie. La prima coltellata, finalmente, grazie.
Alle 16 del pomeriggio, Cuomo è un uomo morto.
Il sole pietoso negli occhi, ad accecarlo, che hanno portato, il coltello o il pallone.
L’urlo con il professore affacciato sulle sbarre. Che lo guarda. L’ultimo onore.