Morte nel pomeriggio

Categorie: Attualità

Grazie



Napoli è una città d’acqua. Se ti muovi uno si offende. Se stai fermo, l’altro se la prende.

Per galleggiare devi essere davvero uno stronzo.



Alle 13 del pomeriggio, un pomeriggio del 1980, la sorte di Antonino Cuomo è segnata. Morirà. Che lui lo voglia o no . Antonino Cuomo è un uomo di camorra. La sua vita vale quanto sia utile. Se è produttivo che lui campi, campa. Sennò, avanti un altro. Lui lo sapeva. Il posto è a tempo, come nella vita per tutti quanti e la vita non l’ha inventata ancora la camorra sennò forse la faceva meglio. Lui lo sa, l’alternativa era morire prima. Morirà in carcere. Non è bello. Non è brutto. E’ un onore. Significa che sei stato qualcuno. E che devi essere sostituito con il massimo clamore. La più ampia forma di pubblicità. Se eri nessuno, manco morivi. Se qualcun altro deve prendere il tuo posto, allora sei esistito. Un altro deve andare a casa sua. Nella sua zona. Cuomo non ha capito bene. Ne’ perché, né come. Sa solo quando. Gli è dato scegliere. Un giorno, due, massimo tre dalla sentenza. E’ stato processato e condannato a morte due giorni prima. Gliel’han pure spiegato. E’ una brutta cosa non saper leggere e scrivere. Condannato per via di certi traffici di carte trovate nella cella. Lui non lo sapeva, l’ha detto anche il Professore, non lo poteva sapere. Sempre per via dell’ignoranza. Ma ora è condannato e la sua ultima ora è scoccata. Non ci ha capito molto. Quando gliene hanno parlato alla napoletana, quando gli hanno letto i suoi diritti e i suoi doveri. E’un brutto affare non saper leggere e scrivere. Avere fede. Non avere intelligenza. I santisti erano contro di lui. E quando non hai santi, il paradiso non si apre. Il signore non si mette mai contro tutti i suoi figli.

Cuomo non ha paura del dolore. Non ha paura di morire. Non esiste la paura della morte, la morte noi non la conosciamo. Conosciamo la vita. E’ quella che ci manca. Non è paura di morire, è voglia di restare. Ma ormai è deciso. L’uomo che dispone della vita e della morte, del principio e della fine, di tanta gente non può perderci la faccia. Oggi sarebbe un idolo indiscusso. Se ieri nell’80 era un capo, oggi sarebbe una rockstar. Ha carisma umano da vendere dietro due lenti chiare. Riscatteremo il Mezzogiorno d’Italia. E’ il programma di un partito di politica da delinquenti. Non quelli con la presunzione d’innocenza. Quelli veri. Nati già sporcati. Il riscatto se l’unione fa la forza se l’è inventato proprio dentro queste celle l’ex scrivano delle lettere, l’ex cupido delle storie d’amore tra i maledetti dentro e le speranze disperate fuori. Un cafone istruito di Ottaviano, uno di quei matti lucidi tra il semplice e il geniale. Raffaele Cutolo non ha tempo da perdere lì dentro. Ha poco tempo per diventare un capo senza soldi ma sulla parola. Appena tutta una vita. Ha iniziato col niente, una parolina lì, due consiglietti là. Oggi comanda il più bel esercito che a Napoli abbiano visto dai tempi del Cardinale Ruffo. Ha realizzato il sogno del Movimento, dei studentini a Trento e Pisa, lui, un umile carneade dimenticato in carcere ha chiesto e ottenuto l’impossibile. Fatto trionfare il ’68. Il sottoproletariato urbano e di campagna pende dalle sue labbra. Aspetta l’organizzazione, la condivisione, la rivoluzione. Cutolo. Anche Renato Curcio e poi Senzani e poi chiunque abbia un motivo armato contro lo Stato pende dalle sue labbra. Lui, la chiave dell’enigma. Il si alla domanda, ma in Italia si può fare ? Solo lo stato con i suoi sporchi trucchi poteva fermarlo. Non fa il delinquente. Amministra la giustizia e somministra il merito e il dolore. Alle 14, Cuomo ha finito di mangiare ed è un morto che cammina. Anche Cuomo pende dalle labbra del suo boia. E’ un uomo giusto. Un uomo che dà rispetto e dà valore alle esistenze specie più deboli. Raffaella. Si chiamava. Stuprata e uccisa. Lo stato ? assente. Vedremo, signora faremo, ma c’è il segreto istruttorio, non abbiate fretta. Che stiamo lavorando solo per voi. Cutolo no . Compra una pagina sul Mattino. E annuncia giustizia sarà fatta e guai a voi se la cosa si ripeterà. I bambini non si toccano. Li trovano in un auto, fatti a pezzi per disprezzo. Un tripudio umano tra la gente di mal affare e vecchi sentimenti. Qualcosa per la gente che non avrebbe avuto niente. Oggi non ci sarebbe più nulla del genere. Oggi niente follie, solo affari. E i soldi che hanno le facce li posson pure fotografare. Ma la follia di allora, no . E’ lontana. Rispetto a questi di oggi non basterebbero telefonini. E’ lontana. O è fuori fuoco o sembra più grande. L’uomo morto intanto è in cappella. Ha chiesto e ottenuto un permessino. Di solito, li danno se non chiedi di andare a leggere, in infermeria o a lavorare. Alla riunione c’erano tutti, o’professore per il cotanto onore, o’nimale, o’giappone, o’nirone. O’ Giappone è giovane. Ha lo sguardo tagliato, perciò lo chiamano così. Pare che chiagne e invece fotte. O’Giappone parla poco. Sta più fuori che dentro. Viene giusto alle riunioni o quando portano il pranzo e lo champagne dal ristorante. E’ il santista buono, solo perché per gli ignoranti chi non parla non è una carogna. O’Nimale è una scimmia. Non sta mai fermo. Uccide tutti e bene perché ti fa girare gli occhi con quelle braccia. Non sai mai con quale colpirà. Non è fortissimo, Giappone è più grosso. E il professore l’ha detto alla stampa che su Pasquale Barra stanno prendendo un granchio. Che è più sfortunato che assassino. Uno s’aspetta chissà quale armadio. A Bad ‘e Carros un anno dopo quando sventra Turatello, per poco Concutelli esteta della forza dalla stizza non lo finisce a calci. Ma è un gioco di prestigio il suo ammazzare. Un ballerino peloso sulle punte. Un che d’irritante, che ti sfotte, ti sfrucuglia, ti stizza prima di morire. Per come muove le mani sembra le tre carte. Colpisce svelto e spesso, come t’insegnano se sei pappone a puncicar le donne. Non un solo colpo, quello letale. Ma tanti colpetti alla tua porta, posso entrare ? ti sto facendo male ? vuoi morire ? A te la scelta. Una negoziazione più che un’esecuzione. Ti scorre la tua vita avanti, e a un certo punto basta, non c’è più niente che tu possa ricordare e stai ancora lì, a incassare. E lo preghi che finisca presto. E vedi il sangue tuo, di tua madre e dei tuoi figli, sprecarsi, colare, buttato lì sulle scarpe e nelle pozze. E quasi t’arrabbi con te stesso di avere ancora tanta resistenza, tanta fibra, tanta voglia di non collaborare, guardi il sudore del tuo assassino e quasi ti scusi. E non si sa cos’è di quelle tante cose che duri più e che ti faccia male. Quasi le 16.



Ha pregato per due ore. A raccomandarsi l’anima al Signore. Quello di sopra. Che quello di sotto gli ha già garantito vaglia e protezione per chi resta. E’ la regola. Se uno rispetta, ha diritto. Se sbagli, tu da solo paghi, la tua famiglia è salva. L’affranchi tu col tuo comportamento. Con il rispetto che dai alla punizione. Al prete ha detto che stava lì per l’adorazione. Meglio quello che aspettare in cella. Con gli amici. Quelli che l’avrebbero scortato. Come lui con Nanninella. A’ Nanninella, uno spione. O forse no. In fondo chissà che aveva fatto. In fondo pure a lui, ora. Il carteggio ritrovato una scusa della qualunque. Anche lui adesso sapeva che pure nella rivoluzione si muore per altri motivi. Non quelli veri, altri. A ‘Nanninella, nu’brav’omme. Almeno gli sembrava ora.

Antonino gli aveva fatto da scorta, boia e confessore. Ora gli faceva idealmente da compagno. Quasi le sedici, mancava nulla. E tra poco sarebbe morto. Dopo aver pregato per due ore. Troppo ? No. Agli adulti si, agli adulti serve. Fosse stato un bambino allora. Gli adulti devono prima capire che ci fanno là. I bambini no .

Alla riunione era passato pure O’Nirone, l’ala legalitaria della rivoluzione dei camorristi proletari. Lui da bambino era andato a scuola e poi il latino, il greco, la cultura. E con tutta la cultura stava lì. A dimostrare, diceva o sicuramente pensava il Professore, che quella dell’ignoranza come molla è roba andata. Che i soldi sono una cosa e il classico un’altra. Che l’umanesimo non paga. Per l’Organizzazione era il principe erede della perfezione, il riscatto sociofisico materializzato. Serviva uno che parlasse bene, almeno in italiano, uno che si presentasse conosciuto l’aoristo e tutti i tempi giusti. In società. Dove i Cuomo e quelli come Cuomo grazie al Professore sarebbero arrivati. Da padroni, e non più con la mano tesa. Antonino semplicemente non aveva fatto a tempo. Da bambino lui al massimo quando era sole così come quel pomeriggio non portava libri ma o il coltello o il pallone. Ma questo non significava. Suo figlio avrebbe fatto, con l’aiuto e’Dio e d’o Prufssor. E andiamo, va.

A’nanninella però era morto più male. Si deve dire. Aveva scontato il tormento, cioè un po’ di Purgatorio che il Professore gli aveva inferto giustamente. Era stato gli ultimi suoi giorni in vita nella vecchia cella di fronte quella dove stavano quelli che stavano ancora nelle grazie del Signore. Nanninella non doveva solo aspettare e accettare la condanna a morte. Doveva meritarsela comunque, di morire solo lui. E per questo si doveva sbattere, doveva gridare, soffrire.

Nanninella sapeva di morire uguale ma se non implorava e si umiliava moriva pure qualcun altro. E allora doveva sopportare. E dire grazie. Antonino il morto che cammina preferisce pensare a questo, a qualcosa, mentre sta entrando nel cortile e vede intorno a sé tutti girare. Grazie. Come Nanninella. Lui lo sapeva mentre lo teneva fermo che lo faceva così, soltanto per amore, e allora non lo teneva troppo che tanto era inutile mentre quello per paura che gli altri se ne accorgessero strillava forte grazie, pisciavano sulla foto della madre, e lui grazie, non lo facevano dormire e grazie. La prima coltellata, finalmente, grazie.

Alle 16 del pomeriggio, Cuomo è un uomo morto.

Il sole pietoso negli occhi, ad accecarlo, che hanno portato, il coltello o il pallone.

L’urlo con il professore affacciato sulle sbarre. Che lo guarda. L’ultimo onore.