Sono riusciti ad ammazzare il Sarrismo

Categorie: Editoriale

Maurizio Sarri è il nuovo tecnico della Juventus

Con un lapidario comunicato ufficiale sui suoi account social, la Juventus ha ufficialmente decretato la fine del Sarrismo. Ovvero, la notizia che Maurizio Sarri – già idolo delle masse partenopee, alle quali aveva promesso di portare la rivoluzione ‘fino al palazzo’ – è diventato il nuovo allenatore dei bianconeri, a partire dalla prossima stagione.



Maurizio Sarru nuovo allenatore della Juventus

La telenovela è finita. Il tira e molla degli ultimi giorni (che è sembrato sempre un ‘tira’ più che un ‘molla’) non ha fatto altro che abituare i tifosi della Juventus (ai quali Sarri aveva rivolto il gestaccio in occasione di Juventus-Napoli dello scorso anno, quello del successo partenopeo allo Stadium) e quelli del Napoli a una notizia che prendeva corpo con il passare dei giorni, nelle convinzioni dei vertici societari e nelle dichiarazioni – persino a Vanity Fair – del diretto interessato che diceva di non poter restare fedele alla moglie da cui aveva divorziato.



Non si mette in discussione l’opportunità che Maurizio Sarri avrà diventando l’allenatore della Juventus. Avrà a disposizione una rosa formata da campioni di massimo livello, come mai prima d’ora nella sua carriera. Entrerà a far parte del club più blasonato dell’intera Serie A e avrà la possibilità di aggiungere alla sua bacheca (che al momento vede esposta una Europa League e un campionato e una Coppa Italia di Eccellenza con il Sansovino) con dei titoli importanti.

La morte del Sarrismo dopo l’annuncio di Maurizio Sarri alla Juventus

Tuttavia, non si può far altro che decretare la morte del Sarrismo, quel movimento – diventato così importante da avere uno spazio sulla Treccani – nato dalla pagina Facebook Sarrismo Gioia e Rivoluzione (che ha, a proposito, annunciato un comunicato del ministro della Propaganda Sandro Ruotolo per le 15.45 e un comunicato della sede centrale alle ore 16) e che ha messo insieme il simbolismo della sinistra rivoluzionaria e il gioco del calcio secondo l’allenatore di Figline Valdarno.

Impossibile pensare a una prospettiva proletaria nella squadra più élitaria d’Italia. E se persino l’esperienza al Chelsea era stata vissuta come una sorta di rivisitazione del labourismo di matrice Corbyniana, questo nuovo momento della vita del tecnico toscano non potrà trovare giustificazione alcuna nella narrazione che ha da sempre accompagnato la sua storia. La rivoluzione – come ha sottolineato qualcuno – è entrata nel Palazzo. Ma è salita in ascensore e con il vestito di gala.