Manduria, il gip conferma conferma il carcere per gli accusati: «Stano era braccato dagli aguzzini»

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«È stato fatto oggetto di un trattamento inumano e degradante, terrorizzato e dileggiato»

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto ha confermato la permanenza in carcere nei confronti dei due maggiorenni coinvolti nelle violenze su Antonio Cosimo Stano, il 66enne di Manduria morto lo scorso 23 aprile. Il gip non ha convalidato i fermi nei confronti dei due accusati – ritenendo non sussistente il pericolo di fuga -, ma ha deciso di emettere nei loro confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Una mossa che ha, di fatto, condiviso il quadro accusatorio portato avanti della Procura pugliese, che indaga anche in relazione al reato di tortura. Stessa decisione è stata adottata, nel tardo pomeriggio di giovedì, dal gip minorile che ha mandato in carcere gli altri sei minori coinvolti.



«La misura della custodia cautelare in carcere – scrive il gip del Tribunale ordinario Rita Romano nell’ordinanza – appare sostanzialmente adeguata alla gravità dei fatti, avendo gli indagati dimostrato notevole inclinazione alla consumazione di reati, totale inaffidabilità e completa assenza di freni inibitori. Né vi è misura diversa meno grave rispetto a quella anzidetta idonea a garantire le esigenze di tutela della collettività stante la personalità dei due indagati, che non offrono alcuna garanzia certa di rispetto degli obblighi di una misura cautelare meno afflittiva, dovendosi pertanto fortemente limitare la loro libertà di movimento per impedire la ricaduta nel delitto».

Le violenze di Manduria su Stano

Il Gip di Taranto ha provato anche a ricostruire l’atteggiamento dei due maggiorenni – ma il discorso può essere esteso anche agli altri sei minori arrestati – nei confronti del 66enne di Manduria: «Stano è stato fatto oggetto di un trattamento inumano e degradante, braccato dai suoi aguzzini, terrorizzato, dileggiato, insultato anche con sputi, spinto in uno stato di confusione e disorientamento, costretto ad invocare aiuto per la paura e l’esasperazione di fronte ai continui attacchi subiti e, di più, ripreso con dei filmati (poi diffusi in rete nelle chat telefoniche) in tali umilianti condizioni».



La responsabilità delle famiglie

«Giravano in rete (su YouTube e sulle chat degli indagati e dei loro amici) filmati che riprendevano i maltrattamenti in danno dello Stano – spiega ancora il giudice nella sua ordinanza – e che erano divenuti merce di scambio tra i diversi giovani che li ricevevano sui loro telefoni o vi si imbattevano in Internet. Non vi è dubbio che nel caso in esame le condotte poste in essere dagli odierni indagati e dai loro co-indagati minorenni sono state perpetrate in danno di un soggetto affetto da disabilità mentale che viveva in un evidente stato di abbandono, di disagio sociale e che, pertanto, versava in un chiaro stato di minorata difesa». La scelta di non concedere gli arresti domiciliari è spiegata poche righe dopo e accusa i genitori: «Hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare i due giovani».

(foto di copertina: ANSA/ UFFICIO STAMPA POLIZIA DI STATO )