La Curva Nord dell’Inter spiega a Lukaku che i «buu» dei tifosi del Cagliari non erano razzismo. Anzi

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Il comunicato degli ultras nerazzurri che spiegano il modo di fare classico degli italiani negli stadi

Non era razzismo, ma un modo di aiutare la squadra. La Curva Nord dell’Inter prende le difese dei tifosi del Cagliari che, durante il match della Sardegna Arena di domenica scorsa, hanno inveito con cori e «buu» nei confronti dell’attaccante nerazzurro Romelu Lukaku. Gli ultras, infatti, hanno risposto con una lettera aperta a quanto scritto nei giorni scorsi dall’attaccante belga – rimasto molto deluso per l’atteggiamento che gli è stato riservato sugli spalti (e che passerà impunito) -, spiegando il funzionamento del sistema tifo in Italia.



«Capiamo che ciò è quello che possa esserti sembrato ma non è così – si legge nel comunicato della Curva Nord -. In Italia usiamo certi ‘modi’ solo per ‘aiutare la squadra’ e cercare di rendere nervosi gli avversari non per razzismo ma per farli sbagliare». I buu della tifoseria del Cagliari, dunque, non erano per via del colore della pelle di Romelu Lukaku, ma per farlo sbagliare e indurlo all’errore. E anche innervosirlo. «Non siamo razzisti – è scritto – allo stesso modo in cui non lo sono i tifosi del Cagliari».

La Curva Nord a Lukaku: «Non era razzismo, anzi»

Anzi. Quei cori dovrebbero essere apprezzati dall’attaccante belga. E il motivo per cui quei «buu» potrebbero diventare una medaglia al collo di Lukaku lo spiega la stessa lettera nel suo prosieguo. «Devi capire che in tutti gli stadi italiani la gente tifa per le proprie squadre ma allo stesso tempo la gente è abituata a tifare contro gli avversari non per razzismo ma per ‘aiutare le proprie squadre’. Ti preghiamo di vivere questo atteggiamento dei tifosi italiani come una forma di rispetto per il fatto che temono i gol che potresti fargli non perché ti odiano o son razzisti».



L’Età della Pietra del tifo italiano

Insomma, per la Curva Nord dell’Inter Lukaku non deve fare una tragedia per questo atteggiamento tipico dei tifosi italiani, perché se non si giudica un giocatore da un calcio di rigore, non è dai «buu» che si può valutare il razzismo. Sta di fatto che gli episodi proseguono ciclicamente in Italia e l’arrendersi alle consuetudini per paura di cambiare – nonostante una propria stella gli stia facendo capire che tutto questo sia sbagliato – continua a far vivere il tifo italiano all’Età della Pietra.

(foto di copertina: Jonathan Moscrop/CSM via ZUMA Wire)