Come hanno reagito gli Atenei italiani alla richiesta di smettere di utilizzare i servizi di Google?

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A partire dal numero di atenei coinvolti, abbiamo cercato di quali e come hanno reagito alla consapevolezza che - utilizzando i servizi di Google - non stanno garantendo un corretto trattamento dei dati degli studenti

Gli atenei italiani si stanno dimostrando – secondo l’analisi fatta da MonitoraPA, gruppo di hacker attivisti che puntano a proteggere i dati degli italiani – inadempienti sul fronte protezione dati. Secondo quanto riporta la lettera che il gruppo ha indirizzato agli atenei, sono almeno quarantacinque le università italiane che ancora utilizzano servizi di Google senza curarsi del fatto che i dati non vengano trattati così come raccomanda l’Ue. Parlando con Giacomo Tesio, co-fondatore di MonitoraPA, è emerso in che modo gli atenei stanno prendendo coscienza della questione, con alcuni che stanno provando a rimediare per garantire un trattamento dati studenti università più corretto.



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Come hanno reagito gli atenei alla lettera sul trattamento dati studenti università?

In particolar modo, come evidenziato nella pagina dedicata alla lettera indirizzata agli atenei, emerge come i destinatari siano state quarantacinque università che – come dimostra dall’analisi del collettivo – «stando ai record MX pubblicati sul proprio DNS, ancora utilizzano i servizi di Google LLC ed in particolare GMail, Google Drive o Google Workspace for Education». La richiesta da parte degli hacker attivisti è stata quella di «interrompere entro 40 giorni i trasferimenti illeciti di dati personali che ne conseguono».



Nell’intervista a Tesio è emerso, chiedendo conto delle reazioni delle università a questa lettera, che alcune di quelle più piccole lo hanno contattato per chiedere suggerimenti e capire quali fossero – alla fine dei conti – le richieste del collettivo. Quello che emerge è una forte inconsapevolezza di studenti, amministrazioni e – soprattutto – anche di coloro che insegnano informatica nelle università, i quali dovrebbero identificare bene le criticità relative all’utilizzo dei servizi di un colosso come Google nell’ambito delle comunicazioni universitarie.

«Nessuna risposta ufficiale, solo interlocuzioni con informatici che lavorano nelle università»

Tesio è stato molto chiaro parlando ai microfoni di Giornalettismo: nonostante la gravità di quanto segnalato, la risposta delle istituzioni non è stata pronta.«Abbiamo avuto dei contatti da parte dei tecnici da parte di alcune università, che ci hanno chiesto quali fossero – secondo noi – le potenziali alternative e quali, esattamente, i problemi tecnici che si andavano ad affrontare con questa iniziativa. Ci hanno chiesto, sostanzialmente, dei chiarimenti».



«Dal punto di vista ufficiale da parte dei DPO e dei titolari (università e rettori) che sono stati contattati, al momento non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta. In conclusione: nessuna risposta ufficiale, ma alcune interlocuzioni da parte di informatici che lavorano in Università», ha spiegato il co-fondatore di MonitoraPA.

Qualcosa si è mosso solo sul fronte delle realtà più piccole: «Ci hanno contattato i tecnici delle Università “più piccoline”, da grandi atenei non abbiamo ancora ricevuto alcun contatto – a parte quelli che avevamo già – perché non ci muoviamo nel vuoto. Siamo già in contatto con persone che lavorano e che condividono i nostri obiettivi, sia come docenti universitari sia come tecnici informatici che lavorano all’interno di grandi atenei».

«I contatti che già avevamo – ci ha tenuto a sottolineare Tesio – non sapevano che stavamo preparando questa lettera ma sapevano che un’iniziativa del genere era nell’aria, anche perché si discute di questi temi e si è sostanzialmente tutti d’accordo sull’urgenza di porre un rimedio. Anche se, per varie ragioni, non tutti si possono esporre perché si tratta di attori molto potenti (sia a livello lobbistico che a livello politico), sono molto addentro non solo alla PA ma anche alla società e all’economia di questo Paese. È molo difficile esporsi frontalmente contro tutto ciò, perché si toccano nervi scoperti».