Le 432 famiglie sfrattate dalle Ferrovie dello Stato

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Dopo quasi 40 anni di affitto e nessuna risposta per quanto riguarda l'eventuale acquisto delle case, Ferservizi, società che gestisce il patrimonio immobiliare del gruppo Fs, le ha sfrattate per questioni di sicurezza ma al Senato c'è chi sostiene che si tratti di una manovra economica

Allarme per 432 famiglie italiane residenti in altrettanti ex caselli ferroviari di proprietà di Ferservizi, società partecipata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato che si occupa del patrimonio immobiliare del gruppo Fs, oltre che di tutte le attività non-core, ovvero quelle non attinenti al trasporto ferroviario. Dal primo gennaio sono tutte abusive a causa di una decisione di Ferservizi che ha intimato loro di abbandonare l’abitazione ceduta in affitto per question di sicurezza, con gli inquilini che minacciano le barricate.



ABUSIVI DAL PRIMO GENNAIO – Il Tirreno ha raccontato la storia di alcuni di questi inquilini, ferrovieri o vedove di ex dipendenti delle Fs, che all’epoca ricevettero in affitto un’abitazione posta a pochi metri dai binari nella quale potevano vivere e lavorare garantendo la reperibilità fuori orario. E fu così che capistazione, macchinisti e capitreno entrarono nelle abitazioni ristrutturandole ed andando quindi incontro a spese considerevoli, oltre all’affitto ad equo canone versato a Ferservizi. Ora però appare tutto in forse visto che dal primo gennaio sono ufficialmente abusivi. L’azienda ha spedito loro una raccomandata nella quale venivano avvertiti della decisione causata da nuove disposizioni di sicurezza.



LE 432 CASE – Le case devono stare ad almeno quattro metri e mezzo dai binari, in risposta a quello che è stata la strade di Viareggio. Le case, circa 100 in Toscana e 432 in tutta Italia, sono a ridosso della linea ferrata e per questo devono essere sgomberate. E dire che nel corso degli anni i proprietari avevano anche chiesto di acquistare queste case, senza ricevere però risposta. I residenti, persone per lo più anziane ed in pensione, chiedono un aiuto alle autorità perché secondo loro la prospettiva di esser prive di un tetto sulla testa, specie alla loro età, è inaccettabile. Visto e considerato, oltretutto, che molti hanno speso migliaia di euro per rendere le case abitabili.



CASE SANE E SENZA CREPE – Della questione se n’è occupata anche la trasmissione Mi Manda Raitre lo scorso 4 dicembre. Il lamento degli inquilini però passò sotto silenzio. Gli inquilini intervistati, residenti nel comune di Pietrasanta, raccontano di aver vissuto in quelle case già dai primi anni settanta e di averci allevato figli e nipoti e riportano quella che è stata da loro definita lo scarno comunicato presente nella lettera loro inviatagli:

Al 31 dicembre scade l’affitto e dal 1 gennaio l’alloggio dev’essere reso libero da persone e cose

senza alcuna motivazione a sostegno della comunicazione stessa. Gli stessi ferrovieri confermano che le comunicazioni sono arrivate solo a coloro il cui affitto scadeva il 31 dicembre 2013 mentre ad altri il cui contratto si concluderà a fine 2018 o a fine 2020 non è stato chiesto nulla.

LO SFRATTO SENZA MOTIVAZIONI – Non solo. I due uomini intervistati contestano anche il fattore sicurezza, spiegando che i loro caselli sono stati costruiti nel 1908 e che da allora, nonostante le vibrazioni ed il passaggio di treni anche massicci come i Frecciabianca, non è apparsa una crepa nel muro. Infine viene proposto un interrogativo: «Perché vengo sfrattato con la scusa della sicurezza quando il mio collega che abita in un casello simile al mio resta ancora al suo posto e non ha ricevuto comunicazioni?». In trasmissione era presente tra gli ospiti l’Amministratore Delegato di Ferservizi, Francesco Rossi, che interpellato sulla questione aveva dato la versione dei fatti delle Ferrovie dello Stato.

LE PAROLE DELL’AD DI FERSERVIZI – L’intenzione specifica è quella di demolire le case per una questione di sicurezza per via dei treni che sfrecciano ad 80 chilometri orari a pochi centimetri dalle case. Per Rossi non è una giustificazione pensare che visto che esistono da tanto possono restare lì. Successivamente viene citato un decreto del 1980 che parla di una distanza di 30 metri. La norma, derogabile all’articolo 54, ha continuato Rossi, ha portato nel 2004 alla decisione per cui la distanza minima è di 4,5 metri. Nel 2008 sono stati rinnovati con l’aiuto del sindacato degli inquilini 5.500 contratti ma non quelli che secondo Rossi non avevano i titoli per farlo.

«SONO PER DEMOLIRE LE CASE E VENDERE DOVE POSSIBILE IL DIRITTO EDIFICATORIO» – E per quanto riguarda la questione dei nove anni intercorsi dalla norma di Fs e lo sfratto. Il professor Antonello Spadafora dell’Università di Roma Tre è intervenuto ricordando che la questione di sicurezza non è stata espressa nelle raccomandate e che la disdetta, così com’è stata presentata, non è conforme alle norme in quanto manca la motivazione che potrebbe essere ad esempio quella legata alla vendita della stessa. In quel caso gli inqulini però avrebbero il diritto di prelazione e potrebbero esaudire il desidero dell’acquisto. Incalzato da Spadafora, Rossi conferma che personalmente sarebbe per «demolire le case e vendere, laddove possibile, il diritto edificatorio».

L’ACCORDO CON IL SUNIA – L’accordo nazionale per il rinnovo del contratto di locazione degli immobili di proprietà di Rete Ferroviaria Italiana, stipulato nel 2008 con il Sunia e la cui conclusione è prevista nel 2014, prevede poi che le Ferrovie debbano trovare una soluzione alternativa agli affittuari la cui casa è stata ripresa dall’ente nel perimetro delle abitazioni a disposizione. Altrimenti bisogna trovare una soluzione che coinvolga le organizzazioni sindacali e gli enti locali. In sostanza, in caso di sfratto, le Ferrovie dello Stato dovrebbero impegnarsi a risolvere la questione ma Rossi, interpellato sulla questione, ha nicchiato chiedendosi se una famiglia residente a Pisa è disposta a trasferirsi a Firenze.

LA LEGGE E LE DEROGHE – Il tema del contendere è relativo però alla questione del diritto edificatorio e dei quattro metri e mezzo. Il decreto citato da Rossi è il D.P.R. 753/80 che prevede una distanza minima dal sedime ferroviario di 30 metri ma che apre ad una serie di deroghe, sempre dedicate alla ferrovia. Ciò significa che questo limite era superabile. Prendiamo ad esempio il caso di un fabbricato costruito nel 1984 a Bari che ha goduto di un permesso particolare per essere realizzato a 6,1 metri dal sedime ferroviario mentre Ptpl riporta un’altra autorizzazione, datata 2002, nella quale si permette la costruzione di una rimessa di autobus ad una distanza di 9,6 metri dalla linea ferroviaria. Quindi parliamo di autorizzazioni in deroga e non di valori assoluti, visto anche che si parla di un documento di Ferrovie dello Stato.

LE DOMANDE SENZA RISPOSTA – Ciò che risulta strano, e sarà questo il pensiero del Senatore Pd Manuela Granaiola, è che queste richieste di sfratto siano state presentate senza motivazione. Inoltre non si spiega quale sarà il futuro delle abitazioni ed, infine, si violerebbe l’accordo sindacale con la sigla Sunia nel quale è specificato che in caso di sfratto ci penseranno le Ferrovie a trovare una soluzione. No. Ferservizi spiega che tocca ai comuni farsi carico dei residenti. Ed a proposito del Senatore Granaiola, lo scorso 17 dicembre questi ha presentato un’interrogazione diretta al ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi per chiedere lumi relativamente all’atteggiamento di Ferservizi sulla situazione.

L’INTERROGAZIONE DEL SENATORE GRANAIOLA – Nel testo dell’interrogazione, il Senatore si chiede come mai gli inquilini dopo aver speso soldi per ristrutturazioni sperando poi nell’acquisto, non esaudito a causa di questioni burocratiche, Ferservizi vuole estromettere gli inquilini dalle case distanti meno di 4,5 metri dai binari. E poi si lancia l’attacco diretto alla società:

secondo alcune notizie di stampa gli ex caselli posti all’interno del parco dell’Uccellina sono stati venduti a caro prezzo, nonostante anche per essi valgano le norme di sicurezza che si vorrebbero applicare agli altri ex caselli

Vengono poi riproposte le parole dell’Ad di Ferservizi, Rossi, sulla demolizione delle case e la vendita del diritto edificatorio per una realizzazione a quattro metri e mezzo di distanza dai binari, sicuramente insufficienti nel caso del deragliamento di un treno. Il tutto mentre, come abbiamo visto, sono sempre state concesse deroghe.

Infine ecco l’atto d’accusa:

non è chiaro se si tratti di un problema di sicurezza o di una volontà da parte di Ferservizi di recuperare risorse vendendo le stesse aree ove oggi sorgono gli ex caselli al miglior offerente

con il Senatore che chiede a Lupi come intende agire per evitare che Ferservizi porti a compimento l’iniziativa e se è vero «che, per i proprietari degli edifici collocati nei pressi dei binari, sia prevista una deroga alle norme in materia di sicurezza».

L’EQUIVOCO DELLA STRAGE DI VIAREGGIO – A quest’interrogazione è seguita poi una seconda interrogazione, presentata l’otto gennaio 2014, sempre dal Senatore Granaiola, che lamentava la non risposta da parte del Ministro Lupi. Intanto i residenti non ci pensano proprio ad abbandonare la propria casa. Rosario Russo, uno dei ferrovieri coinvolti, ripreso da Repubblica, vive in una casa distante 4 metri e 30, venti centimetri in meno della distanza, e conferma che non andrà mai via. Eppure la motivazione, ovvero la nuova disposizione a seguito della Strage di Viareggio, non convince. Perché? L’incidente avvenuto il 29 giugno 2009 e costato la vita a 33 persone, è accaduto cinque anni dopo l’entrata in vigore della direttiva, come confermato dall’Ad di Ferservizi Rossi, che aveva parlato di un documento di Fs datato 2004 che prevedeva la distanza.

IL TAVOLO TECNICO VOLUTO DAL PREFETTO DI LUCCA – Allora c’è un’incongruenza, che si assomma alle altre fin qui denunciate. Gli inquilini hanno già fatto sapere che non se ne andranno e probabilmente rimarranno lì dove sono. Anche perché, come riportato da Versiliatoday, il Prefetto di Lucca ha convocato il 14 gennaio un tavolo tecnico con le parti in causa per arrivare ad una soluzione dopo aver compreso lo stato della questione. In provincia sono 14 le case interessate dal provvedimento di Ferservizi che si è impegnata dal canto suo a cercare soluzioni a canoni agevolati, modificando in parte la sua posizione rispetto al passato. I Comuni dal canto loro hanno spiegato la difficoltà di trovare alloggi agli inquilini. Di certo si sa che al momento non ci saranno sfratti prima di aver trovato una soluzione alternativa.

IN ATTESA DI UNA RISPOSTA DA PARTE DEL MINISTRO LUPI – In attesa di una risposta da parte del ministro Lupi, appare evidente il ruolo di Ferservizi nella situazione. Si è parlato di sicurezza e di strage di Viareggio ma nella lettera di conclusione della locazione non venivano presentati motivi validi ma solo uno scarno comunicato. Si scopre poi che le abitazioni entro i 30 metro sono state realizzate con deroghe continue fin dal 1980 e che infine si è cercato di coinvolgere i comuni con situazioni abitative alternative in violazione con gli accordi siglati con il sindacato degli inquilini nel 2008. Infine il quesito presentato dal Senatore Granaiola: per quale motivo Ferservizi ha deciso che quelle case servono? E come s’inserisce l’opinione dell’Ad di demolirle e poi venderle, cancellando probabilmente (aggiungiamo noi) il diritto di prelazione degli inquilini? A tutte queste domande potrebbe rispondere il Ministro Lupi. La risposta è però in attesa da un mese. (Photocredit Google)