La conversione di Paolo Sizzi

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L'etno-nazionalista lombardo è sbocciato all'italico patriottismo e ora fa anche il tifo per la Lazio

Paolo Sizzi è una figura mitica del nostro sottobosco internettiano, interpretando da anni il ruolo di piccolo fuhrer e ideologo del «lombardismo». Buona parte del suo appeal lo deve proprio alla sua fedeltà indefessa all’ideale e alla schiettezza con la quale si racconta e spiega la sua bizzarra cosmogonia. Non deve quindi stupire se la notizia della sua conversione ha gettato nello sconcerto i suoi esegeti ed estimatori.



IL LOMBARDISTA – Paolo Sizzi è un giovane lombardo che è assunto a una certa notorietà dopo essere stato denunciato per vilipendio al Presidente della Repubblica, ma soprattutto dopo una storica intervista pubblicata da IlPost.it, nella quale si descriveva così:



“Fino alla primavera del 2006, sono stato un cattolico, duro e puro. Andavo ogni giorno a funzione, un bigotto. È un momento della mia educazione, che mi ha protetto dai veleni della modernità, del consumismo e dei bassi appetiti sessuali. Poi, ne ho avuto piene le gonadi, la fede non era più intima, sentita, ed è cambiato tutto”. Nella primavera del 2006, all’età di vent’anni, Paolo Sizzi è diventato un etnonazionalista e un classificatore del genere umano in base a razza, subrazza, etnia, gruppo sanguigno e misure antropometriche.

LA FISSA DELLA RAZZA – Questo alle misure antropometriche non è un riferimento casuale, nel suo inesausto cercare di catalogare e disegnare razze per definirne per differenza il puro ceppo lombardo al quale si dice appartenente, Sizzi si dimostra buon seguace di Lombroso, riponendo ad esempio grande fiducia nella craniometria, lasciati misurare la testa e ti dirò chi sei. A lui poi piaceva, che caso, definirsi ariano:



“Dal punto di vista genotipico”, afferma, “appartengo al gruppo sanguigno A positivo, di tipo indoeuropeo. Digerisco il lattosio senza effetti collaterali, il che mi attribuisce una caratteristica ariana e nordica”, e poi asciutto, con limpidezza e nessuna esitazione, dichiara di non avere mai avuto una donna né rapporti intimi. “Nel mio futuro non vedo il matrimonio, ma una forma di sacerdozio laico pagano del Lombardesimo, per rieducare le masse lombarde”

UN CASO UMANO – Quello che però colpiva di Sizzi non erano tanto le idee e l’iconografia riciclate in salsa lombarda, quanto la chiusura del suo orizzonte sociale e culturale, che si capiva che il giovane aveva cercato d’ampliare all’unico scopo di dotarsi di qualche certezza a supporto di una condizione infelice:

Per il resto, non mi sono mai allontanato da qui. Non cambierei questo posto con nessun’altro. Del resto, come pure i miei genitori, non ho mai visto il mare”.

UN TIPO INTERESSANTE – Non credo di sbagliare nel dire che la curiosità per una tale condizione di disagio sia stata il catalizzatore del relativo interesse che Sizzi ha continuato a suscitare negli anni, una curiosità umana nettamente più forte e condivisa di quanto non fosse invece l’interesse della plebe lombarda per il suo progetto politico e il suo divagare su sangue e dialetti,  su chi si era accoppiato con chi nel ‘500 sporcando la razza e chi invece si era mantenuto puro continuando a generare lombardi veri. Un orizzonte claustrofobico e asfittico che alla fine è rimasto stretto al nostro e così la scorsa estate il Movimento Nazionalista Lombardo fondato da Adalbert Roncari e Paolo Sizzi (a occhio anche gli unici 2 iscritti al movimento) si è sciolto in nuovo progetto lombardista che ha esteso la sua portata fino alla Lombardia orientale. L’APERTURA ALL’IMPROVVISO – Il 6 novembre è così nata la Grande Lombardia, nel suggestivo scenario medievale del Castello Visconteo di Pavia si sono ritrovati in cinque o sei e hanno fondato il nuovo movimento, che si è subito dotato di un sito con tanto di versione in toscano e inglese accanto a quella in milanese classico, che per il Sizzi prima maniera era quasi un dialetto da terroni. Un soggetto politico che in realtà estendeva le sue mire molto oltre i confini della Lombardia moderna:

Come MNL ci eravamo soffermati sulla Neustria longobarda, fondamentalmente, vale a dire Aosta, Piemonte, CH lombarda, Regione Lombardia, Emilia fino al Panaro e altri brandelli di territorio padano appartenenti a varie realtà amministrative; ora invece allarghiamo il discorso lombardista all’Austria longobarda ossia Trentino, Lombardia venetizzata e Friuli, escludendo per ovvie ragioni etno-storiche il Tirolo, il bacino dell’Isonzo, l’Emilia al di là del Panaro, la Romagna e le coste venete con l’entroterra. Allo stesso modo escludemmo la Liguria dalla parte occidentale perché poco e tardi longobardizzata e inoltre mediterranea a differenza del territorio lombardo vero e proprio, e cosí Bolognese e Ferrarese, adriatici e solo all’ultimo conquistati dai Longobardi.

LA DIGA ERA ORMAI ROTTA –  Eravamo a metà gennaio e già si capiva che la strettissima corazza lombardista che il giovane Sizzi si era cucito addosso, ora soffocava il Sizzi più maturo, ma lo showdown del 13 scorso ha preso del tutto in contropiede gli affezionati come i suoi più attenti osservatori, in particolare quelli che lo seguono e c’interagiscono spesso attraverso Twitter e che credevano di aver trovato un uomo dai dogmi incrollabili. Eppure Sizzi lo aveva spiegato chiaramente di non essere di quella pasta lì, raccontando ad esempio la sua transizione da cattolico bigotto a impenitente bestemmiatore. La notizia comunque è stata un fulmine a ciel sereno anche per chi s’aspettava che prima o poi le ripetute interazioni del giovane Sizzi con il mondo al di fuori della sua valle ci avrebbero regalato un nuovo Sizzi:

IL TRADIMENTO LOMBARDISTA – Le reazioni della platea più fedele non si sono fatte attendere e sono state per lo più all’insegna dell’incredulità e della delusione, dopo anni trascorsi a dire il peggio dei romani e in genere di tutti quelli nati al di sotto della Alpe orobiche, Sizzi che ti diventa «italianista» è un evento che scuote una delle poche certezze offerte dal ventunesimo secolo. Eppure,come ha spiegato lui stesso si tratta di un’evoluzione naturale: «Capisco l’ovvio clamore ma accostare al lombardesimo l’italianismo significa solo maturare. La vita è un cammino e finisce solo alla morte», frutto di maturazione e ravvedimento: «Nulla, mi sono ravveduto. L’Italia etno-federale è la via da seguire» e non è un riferimento al leghismo, ma «La mia svolta non è leghista, è italianista. Non possiamo non dirci Italiani col glorioso passato romano.»

È SEMPRE LUI – Il che non vuol dire rinunciare alla cronometria e ad altre bizzarrie, che Sizzi pare intenzionato ad adeguare alla nuova passione nazionalista, ma per l’intanto l’orizzonte di Sizzi si è notevolmente allargato fino a fargli esprimere addirittura simpatie per la Lazio. Una squadra della Terronia, secondo il suo vocabolario ora in via di revisione, e per giunta romana, espressione di una città per la quale Sizzi ha sempre manifestato disprezzo e ostilità, non per niente ha un gruppone di fan romani che amano giocare con questa sua fissa.

UN SIZZI IMPERIALE – Ora invece Sizzi sembra conquistato dall’immagine della Roma imperiale non meno di quanto lo furono i suoi avi all’apparire delle legioni che s’impadronivano della pianura padana e si spingevano a Nord verso l’Europa: «L’indipendentismo è solo un favore al marxismo ragazzo. Nessuno tocchi l’Aquila legionaria e i nostri Padri indoeuropei».

UNA DELUSIONE PER MOLTI – Un’evoluzione non improvvisa o improvvisata: «Sono passi meditati e ponderati da tempo, non è la mattana del momento», dice, affermando che «non è fascismo, è etno-regionalismo, ho solo recuperato l’Italia» e ancora: «All’alba dei 30 anni è ora di rinsavire ragazzi. Non possiamo non dirci Italiani.» C’è poco da fare, Sizzi ha studiato, si è evoluto e ha concluso che «Siamo un grande Paese votato all’unità nella diversità, in nome di Roma e delle sue aquile legionarie. Italiani da 4000 anni.» Peccato che così abbia perso buona parte del suo appeal, che stava tutto nell’interpretazione e perorazione del buffo lombardismo. Il nazionalismo che chiama in causa le aquile romane, pur declinato come etno-nazionalismo federale, ha invece tutt’altro sapore e non fa ridere come l’arianesimo orobico, anche se riconcilia e riavvicina l’iconografia e la cultura di Sizzi alla grande tradizione nazifascista dalla quale ha finora tratto tutto il suo ciarpame ideologico. La delusione tra chi lo seguiva con interesse e quasi con affetto è palpabile, il toccare con mano i limiti di Twitter come strumento didattico ha raggelato più d’uno, tutti gli sforzi fatti per farlo uscire dalle montagne e mostrargli il mare… e poi questo gran ariano ti diventa un laziale d’estrema destra come un coatto qualunque e comincia a dire ave di qua e ave di là. Una grande occasione d’intrattenimento persa e Sizzi che cade dalla padella alla brace, almeno fino al prossimo ravvedimento, non è detto infatti che con gli italici etno-nazionalisti e le atmosfere latine si troverà bene, Sizzi è uno esigente.