Israele, subisce stupro di gruppo e il nome viene pubblicato sui social: 16enne costretta a trasferirsi

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Una sedicenne è stata vittima di uno stupro di gruppo in Israele e il paese è sceso in piazza per protestare contro il sistema

La ricostruzione fatta finora tramite le indagini restituisce un evento a dir poco brutale. La giovanissima vittima si trovata Red Sea Hotel, ospite di alcuni amici, ed è andata in una delle camere per utilizzare il bagno. Lì sarebbe stata raggiunta da un branco di uomini che – come ha riferito il primo sospettato 27enne – in 30 uomini avrebbero compiuto il brutale stupro di gruppo. Arrestato mercoledì, si sospetta che l’uomo abbia gonfiato i numeri per depistare le indagini della polizia ma – controllando le telecamere di sicurezza dell’hotel – risulta che nella stanza dove si è consumato l’abuso si sia recato un nutrito gruppo di uomini.



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Identità rivelata sui social, la 16enne costretta a nascondersi

La proprietaria dell’hotel ha negato l’aggressione e si attendono i risultati dell’indagine per chiarire la questione, considerando anche che questo albergo è noto per ospitare minorenni che consumano alcolici in maniera illecita e incontrollata. La notizia si è diffusa mercoledì sera, in concomitanza con l’arresto del primo sospettato, e sui social è stato fatto il nome della ragazzina. I servizi sociali, per tutelare la sua incolumità e «per evitare che possa essere minacciata dagli aggressori o loro famigliari» hanno disposto il trasferimento della 16enne in un luogo sicuro.



Israele scende in piazza per lo stupro di gruppo: «Solo il 3% delle denunce sfocia in condanna»

Il paese è sceso in piazza per protestare con un migliaio di manifestanti in sedici presidi diversi. Anche a Gerusalemme è nato un raduno spontaneo con proteste contro la violenza sessuale e il mood del paese, che tende a giustificare questa tipologia di azioni e gli uomini che la compiono. Uomini che, nella stragrande maggioranza dei casi, restano impuniti. «Siamo qui anche per condannare quella cultura di connivenza verso gli aggressori che consente ancora di pronunciare frasi raccapriccianti come ‘era ubriaca’, ‘aveva la gonna cortissima’, ‘se l’è cercata’: è un fenomeno sociale che dobbiamo sradicare», dichiara Diklà a Repubblica. Revital, attivista di lunga data, rende noto un dato aberrante: «L’85% delle denunce presentate alla polizia viene chiuso dalla procura e solo il 3% si risolve in una condanna», dato che porta le donne a non denunciare per mancanza di fiducia nel sistema.