Il lento declino dei Traveler’s Cheque

Categorie: Attualità

L'assegno di viaggio destinato ai turisti è ancora acquistabile presso banche e società d'intermediazione ma il suo uso diminuisce costantemente a causa sia dell'esplosione della moneta elettronica sia per le truffe che rendono questo sistema all'apparenza sicuro ormai non più al passo coi tempi

Vi ricordate i Traveler’s Cheque, gli assegni di viaggio destinati ai turisti che negli anni della nascita e crescita del turismo hanno rappresentato l’ancora di salvezza per coloro che avevano paura di perdere il proprio denaro o peggio di essere derubati? Con il passare degli anni e la diffusione in tutto il mondo di sportelli bancomat, oltre che all’esplosione dei pagamenti con moneta elettronica, questo strumento è progressivamente caduto nel dimenticatoio, anche se viene ancora offerto.



UN PO’ DI STORIA – Questo prodotto garantisce un rimborso del 100 per cento. All’atto dell’acquisto, presso banche o uffici finanziari, si chiede al titolare di apporre una firma sugli assegni che servirà da verifica per la seconda necessaria per la trasformazione dei Traveler’s Cheques, conosciuti anche con la sigla T/C, in contanti. Il primo prodotto ad essere immesso sul mercato fu un assegno emesso dalla London Credit Exchange Company il primo gennaio 1772 che permetteva all’acquirente di usarlo in 90 città europee, mentre Thomas Cook nel 1874 aveva studiato degli assegni circolari che di fatto anticiparono l’evoluzione odierna dei T/C, mentre la prima società a diffonderli su larga scala fu American Express nel 1891.



LE VALUTE – La loro evoluzione massima si ebbe appunto tra gli anni ’50 ed i ’90 del novecento visto che per i viaggiatori poteva essere il modo migliore di garantirsi denaro senza portarselo in giro. Oggi però, a causa sia dell’evoluzione della moneta elettronica sia dei rischi legati alle truffe studiate sui T/C, il sistema è ormai il declino visto e considerato, come vedremo più avanti, che numerosi paesi europei ed asiatici non li accettano più, con le banche che fanno sempre maggiore resistenza nell’emetterli. Ad oggi i T/C sono emessi nelle seguenti valute: dollaro Usa, dollaro canadese, sterlina inglese, yen giapponese, yuan cinese, franchi svizzero e Euro, mentre i tagli sono solitamente da 20, 50 o 100. Il loro punto di forza sta nel fatto che non scadono e che possono essere conservati per poi riscattarli in qualsiasi momento nel futuro.



I RISCHI – Il fatto stesso che siano privi di commissioni e d’interessi fa si che nel corso degli ultimi anni si siano trasformati da prodotti destinati ai viaggiatori in titoli di risparmio al portatore. Questo però ha portato ad un’evoluzione della criminalità con la nascita di un mercato nero dei T/C con i criminali che comprano i titoli, li rivendono al 50 per cento del loro valore dopo aver denunciato il furto degli stessi alla società che li emette, guadagnando la somma incassata per la cessione ad un soggetto terzo. Per questo motivo nel corso degli ultimi anni il suo uso è andato notevolmente limitandosi, con i beneficiari che prima d’incassarlo chiedono una registrazione con un documento.

L’OFFERTA DELLE BANCHE – Come spiega banca Unicredit, è importante per il possessore avere la ricevuta d’emissione del T/C con sé perché rappresenta l’unico modo per incassare i soldi depositati. La banca italiana, nel suo documento informativo, spiega che prevede una commissione nel caso del cambio valuta pari allo 0,25 per cento dell’importo con un minimo di 4 euro, mentre la negoziazione vale 8,25 euro. Anche la Banca di Credito Cooperativo, qui il foglio informativo della sede di Flumeri, in provincia di Avellino, prevede la vendita di questo prodotto a condizioni differenti, con una spesa di 2,58 euro ad operazione intesa come diritto fisso ed una commissione di negoziazione del 3 per cento. Dati che ci fanno capire come il prodotto sia ancora ben presente sul mercato.

LA SVIZZERA CHIUDE LE PORTE – Si, perché oltre ad essere emessi dalle banche, vengono forniti anche da società come Travelex, Forexchange, Visa o American Express. Segno che il mercato è vivo e presente, anche se non è possibile quantificare il valore del suddetto perché, un po’ come accade per il monte di pietà, la circolazione di moneta giornaliera è tale per cui è difficile fare delle stime. Tutto poi dipende, come vedremo, anche dall’azione dei singoli Paesi. Paesi che, come la Svizzera, possono decidere di mettersi al riparo dalle truffe chiudendo la porta a nuovi prodotti. Come ci spiega SwissBankers, dal primo ottobre 2013 American Express ha chiuso le porte a nuove emissioni di T/C, anche se ovviamente quelli già venduti rimangono validi, mentre in caso di smarrimento i clienti potranno ricevere assegni di rimpiazzo.

A CHE SERVONO I T/C? – In fondo, come abbiamo visto in precedenza, le truffe legate a questo prodotto sono semplici. Basta una firma simile all’originale e magari una copia di un documento ed il gioco è fatto. Del resto come ci spiega l’Indipendent lo scorso anno scriveva che i T/C servono solo in caso di extrema ratio anche per via della difficoltà ad essere accettati da parte degli esercizi commerciali, che di norma potrebbero anche incassarli. Solo che non viene fatto per questioni d’opportunità e di sicurezza. Ad esempio, in Italia viene sconsigliato l’uso dei T/C ai turisti. Come spiega Reidsitaly nel nostro Paese bisogna incassare tale prodotto in uno sportello bancario prima di poterlo usare, rendendolo quindi meno pratico della carta di credito. Certo, in caso di smarrimento è incassabile nuovamente, ma come abbiamo visto, questo puo’ anche essere il modo di perdersi in truffe.

LA TRUFFA MESSICANA – Truffe che sembrano interessare non solo i semplici turisti ma anche le grandi organizzazioni criminali. Il Sole 24 Ore ci parla di una scoperta condotta nel 2004 da un funzionario della divisione del controllo interno centrale di Hsbc, John Root, che chiese al responsabile controllo della sussidiaria messicana della banca, la Hbmx, come mai nei primi tre trimestri di quel periodo vennero venduti 110 milioni di dollari in Traveler’s Cheques, una cifra ben più importante delle vendite fatte registrare dalle altre filiali. La richiesta di un rapporto sulle procedure anti-riciclaggio furono lettera morta, nonostante già il Dipartimento di Stato Usa abbia calcolato che grazie ai T/C i cartelli della droga riciclassero 30 miliardi di dollari l’anno.

ATTENTI AGLI ACQUIRENTI ON-LINE – Nel 2007 l’Office of the Conptroller of the Currency, Occ, ente di vigilanza Usa, si accorse del problema e chiede ad Hbmx di rafforzare i suoi sistemi di controllo anti-riciclaggio senza che vi fu una presa di posizione soddisfacente da parte della banca messicana. L’Occ poi, ed era il 2009, scoprì una quantità importante di T/C provenienti dalla Hbmx con numeri consequenziali e firme illeggibili. Nel 2012 emerse che i prodotti comprati da quella banca vennero poi incassati o depositati in altri istituti, a riprova che i T/C venivano usati per attività illecite. Un’altra truffa, questa volta proveniente dalla Svizzera, parla invece dell’impiego dei T/C per spillare soldi a persone inconsapevoli che si trovano dopo un acquisto sul web un Traveler’s Cheque magari dal valore nominale più alto della somma pattuita.

PERICOLO STORNO – Rsi.ch ci spiega cosa succede. Un privato mette in vendita un bene su internet, che viene acquistato da un compratore ad un prezzo incredibilmente alto. Questi offre un pagamento con un cheque bancario, anche un T/C, accompagnando la richiesta con una giustificazione. Dopo qualche giorno arriva il documento emesso in genere all’estero, tra Grecia, Romania, Bulgaria ed Inghilterra. L’importo è però notevolmente più alto ed i compratore si giustifica spiegando che si tratta di una svista e che si dovrebbe provvedere ad uno storno attraverso un servizio di Money Transfer. Il cheque risulterà falsificato ed il truffatore intanto prenderà i soldi dello storno. Quindi, per fare un esempio, se si manda un cheque da 100 euro per un bene che ne vale 60, il truffatore recupererà la differenza di 40 euro oltre al bene che nel frattempo sarà già stato spedito.

LE TRUFFE IN ITALIA – La cronaca italiana è poi ricca di altre truffe operate attraverso i T/C. Il Mattino di Parma ci racconta la storia di un cittadino malese che è stato beccato con cinque travellers cheque falsi con loro dell’American Express dal valore di 2500 euro. L’uomo aveva già provato altre volte a presentarsi in banca salvo andare via perché turbato dal fatto che i documenti fossero evidentemente falsi. Ed infatti, una volta scoperto il raggiro, è stato bloccato dalle forze dell’ordine. Trg media invece ci racconta un altro caso che risale allo scorso 22 novembre che ha per protagonisti due rumeni in possesso di T/C rubati per un totale di 700 euro. Uno dei tre appartiene ad una cittadina ecuadoregna derubata all’aeroporto di Amsterdam nel lontano 2004.

LO SRI LANKA DICE STOP – A causa dell’aumento degli atti illeciti legati a questo prodotto, ci sono Paesi che oltre alla Svizzera hanno deciso di dire basta. Parliamo dello Sri Lanka che, come spiegato da Lbt, ha deciso attraverso la sua banca nazionale d’interrompere l’emissione di questi titoli perché ormai in tutto il mondo si ragiona in termini di operazioni telematiche. Un altro fattore che ha influenzato tale decisione è che l’American Express ha già da tempo deciso per l’interruzione nell’emissione di T/C nel Paese mentre in India si è deciso di dire basta per le troppe truffe legate al prodotto. La decisione ha cambiato anche le politiche d’ingresso per turisti, che ora potranno portare nel Paese fino a 5000 dollari in contanti, modificando il limite che in precedenza era di massimo 1500 dollari liquidi e 3500 in T/C.

I DUBBI AUSTRALIANI – La decisione dello Sri Lanka conferma come ormai i Travellers Cheque abbiano fatto il loro tempo. Lo conferma anche un sondaggio del Sydney Morning Herald che propone anche dei conti che dimostrano come ormai i T/C abbiano perso la loro forza. Ad oggi, se si comprano 1000 dollari australiani con prodotti firmati Travelex, si hanno 651,7 euro. Se invece si prelevano con una carta Mastercard, ecco che i 1000 dollari diventano 688, a dimostrazione che ormai anche grazie all’unificazione delle politiche in termini di commissioni sia più conveniente affidarsi alla propria carta di credito. Con il risultato che i T/C sono sicuri solo se vengono custoditi in un luogo controllato e si hanno a disposizione i codici del prodotto e la ricevuta.

LA SENTENZA DELL’ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO – In questo caso, visto che sono privi di scadenza, possono essere usati come deposito, a patto, ripetiamo, di conservare le ricevute in un luogo sicuro. Altrimenti hanno perso sia d’interesse sia d’efficacia. Del resto il dottor Marco Pomaro, intervistato nel 2012 da La Stampa sulla questione delle nuove normative antiriciclaggio, ha confermato che i T/C ormai sono poco utilizzati, anche se rappresentano una forma di pagamento tracciabile. Infine, proponiamo una sentenza dell’Arbitro Bancario Finanziario datata 30 novembre 2012 che dimostra come spesso neanche le banche abbiano più confidenza con questo prodotto. Nello specifico una truffa effettuata con sei T/C falsi dal valore di 2500 euro andò a buon fine perché l’impiegato dichiarando di non conoscere il prodotto versò subito il contante senza preoccuparsi del fatto che mancasse la sottoscrizione all’incasso.

L’ORA DELLA FINE? – I Traveler’s Cheque sono quindi ancora presenti nel portafoglio degli istituti di credito e delle società d’intermediazione finanziaria ma ormai il loro ruolo è a dir poco limitato. Certo, rappresentano una sicurezza in termini di protezione del proprio denaro ma oggi, grazie anche alla moneta elettronica ed alle commissioni di cambio e di prelievo più vantaggiose, i Paesi in cui sarebbe supposto il loro utilizzo, vedi quelli in via di sviluppo, non li accettano più per colpa delle truffe che mettono in pericolo la stabilità economica di un Paese. Se poi aggiungiamo che può capitare che una banca paghi degli assegni senza sottoscrizione del mittente, allora si capisce che forse il prodotto ha fatto il suo tempo, a parte per coloro che sanno come sfruttarlo a proprio vantaggio.