Una class-action accusa Google di pagare Apple perché questa non investa in motori di ricerca

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E - sempre per questo motivo - Google sarebbe il motore di ricerca predefinito sui dispositivi della casa di Cupertino

Apple, Google e gli amministratori delegati Tim Cook e Sundar Pichai sono le persone chiamate in causa da una class-action in California che punta a dimostrare in tribunale che Google paga Apple. I volumi d’affari, secondo le persone che hanno dato vita a questa azione legale, sarebbero nell’ordine dei miliardi di dollari: non ci sarebbe di mezzo soltanto il fatto che Apple permetta a Google di essere il suo motore di ricerca predefinito sui suoi dispositivi, ma ci sarebbe anche l’accusa sul fatto che il colosso di Mountain View avrebbe corrisposto del denaro – stiamo parlando di 50 miliardi di dollari – alla Big Tech di Cupertino per non investire in motori di ricerca.



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Google paga Apple per non investire in motori di ricerca?

Secondo la causa intentata nel tribunale della California, questo rapporto di non concorrenza impone anche ad Apple di «sopprimere attivamente» i concorrenti dei motori di ricerca più piccoli di Google, si pensi, ad esempio a Bing o a DuckDuckGo. Per questo Google sarebbe il motore di ricerca predefinito per il browser Safari di Apple, per Siri e per Spotlight. Inoltre, Google e Apple si sarebbero accordati anche per acquisire delle società che, nel tempo, avrebbero potuto rappresentare un problema per il settore tecnologico all’interno dei quali i due colossi operano: insomma, un modo per evitare la concorrenza inglobando al proprio interno la potenziale minaccia. In base alla class-action, Apple ha acquisito più di 120 – e Google più di 247 – concorrenti e potenziali concorrenti negli ultimi 22 anni.



La class-action fa leva ancora una volta su quanto accaduto in passato alle compagnie petrolifere che furono costrette a sciogliere il loro monopolio a inizio Novecento in seguito allo Sherman Antitrust Act. Si tratta di una decisione che viene sempre agitata davanti alle compagnie tecnologiche che, però, si difendono – solitamente – dicendo che i potenziali disagi per i consumatori, in seguito alla loro condotta, non possono essere dimostrati. In questo caso specifico, i querelanti sostengono invece che gli utenti siano stati danneggiati dall’accordo tra Google e Apple perché, se non ci fosse stato, Google sarebbe riuscito a offrire dei prezzi pià convenienti agli investitori nel suo settore di annunci pubblicitari.

Al momento, nessuno dei due colossi ha voluto commentare questa class-action.