Gianni Minà e il suo archivio digitale: «Bussola per andare oltre a ciò che gli algoritmi propongono»

Categorie: Attualità, Mass Media

Il giornalista ci spiega il progetto Minà's Rewind: l'idea di digitalizzare il suo immenso archivio. Intanto, è partita la raccolta fondi su Produzionidalbasso

Non è passato neanche un anno dall’intervista che Gianni Minà ha rilasciato a Giornalettismo per parlare di Minà’s Rewind, il grande progetto che prevede la digitalizzazione dell’enorme patrimonio di materiale inedito – decenni e decenni di interviste video -. La raccolta fondi per sostenere il progetto è stata portata avanti nel corso dell’estate del 2022, mentre a febbraio 2023 risale l’ultimo post sull’account Instagram ufficiale di Gianni Minà che invitava a collaborare al progetto.



Oggi, il giorno dopo la notizia della morte del grande e amatissimo giornalista, risulta doveroso riportare in cima alla home del nostro sito una delle ultime interviste che Minà ha rilasciato alla stampa proprio per evidenziare propositi e scopi della digitalizzazione del suo archivio audio-visivo. Di seguito le parole che Minà ha regalato alla nostra testata lo scorso 27 maggio 2022.

L’intervista a Gianni Minà sul suo progetto Minà’s Rewind

La sfida ha il sapore dell’impresa. Come quelle di cui Gianni Minà è stato testimone. Sono opere e giorni. Le opere, perché c’è del materiale (una quantità immensa di materiale) da rendere disponibile. I giorni, perché il tempo è passato, le tecnologie sono diventate sempre più presenti nella nostra vita quotidiana e gli strumenti del giornalista utilizzati anche solo venti, trenta anni fa rischiano di essere inutilizzabili senza gli opportuni supporti. Per questo motivo, Gianni Minà ha lanciato – nei giorni scorsi – un’iniziativa romantica e didattica allo stesso tempo: costruire il progetto Minà’s Rewind, la digitalizzazione del suo immenso archivio di materiali inediti, messo insieme in oltre 60 anni di carriera. Per farlo si è rivolto al pubblico che lo ha sempre seguito con affetto, avviando una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Produzionidalbasso, che ha raccolto, in qualche giorno, quasi 7mila euro.



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Abbiamo chiesto a Gianni Minà se la digitalizzazione del suo archivio possa essere considerata un sogno. «Più che sogno – scrive Minà a Giornalettismo -, mi ha sempre dettato la necessità, anzi l’urgenza di non abbandonare nell’oblio il risultato di quegli incontri che hanno scandito la mia vita professionale e umana. Non ho mai buttato nulla, ho sempre conservato tutto, forse in maniera esagerata, ma la mia certezza è sempre stata che con quelle immagini avremmo capito di più la realtà in cui abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Oggi questa necessità è diventata impellente perché le informazioni si sono moltiplicate all’infinito nei media network e social e viaggiano velocemente. C’è bisogno di una bussola da viaggio che permette a ognuno di noi di decifrare qualcosa di più di quello che i media o gli algoritmi decidono di proporti come notizia fondamentale».



Il contenuto, prima dell’algoritmo insomma. La qualità rispetto alla quantità. È il tema di questo secondo decennio del Duemila, di questo sovraccarico di informazioni da cui siamo costantemente bombardati. Di questa nostra sensazione di spaesamento perché troviamo nello stesso calderone la notizia accurata e quella che, magari, contiene informazioni false. Minà’s Review, da questo punto di vista, potrebbe essere un deciso passo in avanti. Il nome e la cura, a garanzia del contenuto.

L’archivio di Gianni Minà è immenso. In questi giorni, sui social network, abbiamo avuto modo di vedere qualche sua immagine. La sensazione è quella di trovarsi di fronte a un grande mare dove il naufragare è dolce. Ma, per trasformare la poesia in prosa, abbiamo chiesto al giornalista di quantificare i materiali a disposizione, in modo tale da avere un’idea analitica dell’impresa: «Con mia moglie (Loredana Macchietti, ndr), per anni, ci siamo rivolti a varie entità pubbliche e private per farne un fondo, ma la burocrazia e soprattutto l’impossibilità di stabilire il budget per digitalizzare tutto il materiale di 60 anni di lavoro, hanno avuto la meglio – ci spiega Gianni Minà -. Questa idea è venuta, da un po’ di tempo, al gruppo di lavoro con cui collaboro, il più grande ha 30 anni, la più giovane 22. Loredana poi mi ha ossessionato da sempre con l’importanza dei social nella mia professione; lei mi diceva sin dai primi anni Duemila che le piattaforme sarebbero state il futuro del giornalismo, ma anche un rischio forte per la loro credibilità. Ma io, che a fatica mi sono dovuto adattare nel corso del tempo ai vari modi di montare i servizi (iniziando con la moviola fino al computer) ho gettato subito la spugna. Ora i ragazzi mi hanno spiegato questa bellissima iniziativa dove non dobbiamo più andare in giro a bussare alle porte, ma chiunque può partecipare finanziariamente, perché il mio archivio sarà visto da chiunque».

La forma di Minà’s Rewind

Non si può indicare un Sacro Graal di questo archivio. Gianni Minà si sottrae con cortesia a questo confronto, dicendo che «sarebbe come chiedere a un genitore il suo figlio prediletto». Ma una cosa che ha ben chiara in mente è la forma che il suo archivio, che – nella formulazione dell’appello sulla piattaforma di crowdfunding – dovrebbe avere un suo punto di riferimento nel sito giannimina.it, avrà: «Immagino una piattaforma che funga quasi come una biblioteca audiovisiva, una videoteca se volete, catalogata cronologicamente e per macro aree, consultabile gratuitamente». Un contributo anche all’educazione di un algoritmo, anche quello dei social network: «Sono fondamentali – ci dice Minà -. Le nuove generazioni, a cui dedico il lavoro e su cui punto, si tengono informati così. E i social sono un modo nuovo per raggiungerli e per passare loro il testimone delle storie che ho raccolto fino ad ora».

Tra 86 giorni la campagna di crowdfunding avrà un primo momento di verifica. A quell’altezza cronologica, il team di Gianni Minà avrà rimesso in funzione i lettori Betamax (uno dei primi sistemi di registrazione magnetica: molti dei materiali d’archivio sono in questo formato). Dopo lunghi periodi di inattività, infatti, le macchine potrebbero avere problemi meccanici. Poi, potrebbe esserci lo spazio per far partire un progetto unico nel panorama dell’informazione in Italia. Un progetto che renda felici tutti. Anche se Minà, la ricetta della felicità, ce l’ha già nel suo bagaglio.

Sempre alla voce opere e giorni. Le opere, perché si parla di interviste. I giorni, perché ha iniziato a farle da giovanissimo: «Io sono felice da sempre, da quando, a 14 anni, già intervistavo i miei amici appagando la mia insaziabile curiosità».

Foto IPP/Felice De Martino – Napoli