Le luci e le ombre del «gemello digitale pensante»

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L'evoluzione tecnologica sta portando già alla creazione di Avatar e alcuni esperti sostengono che nel giro di 10 anni ciascuno di noi potrebbe avere copia virtuale di sé, pensante

Gli scenari sono quelli da fantascienza, raccontati per anni in romanzi e film che – nel giro di pochi anni – potrebbero rivelarsi premonitori. Solo qualche mese fa avevamo parlato degli studi e delle ricerche per arrivare a realizzare un backup della mente, con il fine di aiutare nell’analisi precoce – o previsionale – di eventuali malattie degenerative del cervello. E con l’avanzare del virtuale, sembra sempre più vicino (almeno questo è quel che sostengono gli esperti) l’arrivo di un gemello digitale pensante di ciascuno di noi. Non una copia “virtuale” a livello fisico (o, almeno, non solo), ma addirittura in grado di auto-svilupparsi e progredire. Anche nel pensiero.



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Ad approfondire questi piani futuri e futuribili è stata la BBC che, intervistando alcuni esperti del settore digitale, ha spiegato come l’avvento delle nuove tecnologie e il mondo sempre più immerso nel virtuale, stiano dando slancio a questa possibilità che potrebbe concretizzarsi entro un decennio. Non più un avatar fisico realizzato a immagine e somiglianza di una persona e che vive nel mondo parallelo e virtuale, ma un qualcosa di simile a un vero e proprio cervello pensante che parte dalle esperienze “reali” della persona e che sviluppa una propria capacità cognitiva all’interno del mondo digitale.



Gemello digitale pensante, l’ipotesi entro 10 anni

Un gemello digitale pensante. Roba da romanzi, roba da film, che potrebbe diventare realtà. Perché, fino a questo momento, i gemelli digitali esistono nel mondo etereo della rete (spesso nel metaverso), ma solamente per quel che riguarda le “cose”: esistono gemelli di città – come  Shanghai e Singapore -, ma anche di monoposto di Formula 1 (come nel caso di McLaren e RedBull). Strumenti digitali paralleli che aiutano, fornendo risposte a input esterni, al naturale scorrere degli eventi e delle vite reali. E per quel che riguarda le persone? Qui la trama si infittisce. Secondo Rob Enderle, noto analista e consulente tecnologico americano, entro la fine del decennio (quindi entro il 2030) avremo le prime forme di gemello digitale. Perché l’evoluzione della tecnologia sta andando in quella direzione, ponendo una questione pratica ed etica che è alla base di molte delle ombre che oscurano le poche luci: «L’emergere di tutto ciò richiederà un’enorme quantità di pensiero e considerazione etica, perché una replica pensante di noi stessi potrebbe essere incredibilmente utile per i datori di lavoro. Cosa accadrà se la tua azienda crea un tuo gemello digitale e dice “Ehi, hai questo gemello digitale a cui non paghiamo alcuno stipendio, quindi perché ti stiamo ancora pagando?”».

Un caso estremo che, però, sembra essere uno dei tanti grimaldelli sulle ombre attorno all’ipotesi della creazione di uno o più gemelli digitali pensanti. La questione etica, infatti, va di pari passo con quella giuridica: qualora si dovesse arrivare a ciò, occorreranno dei paletti e delle leggi per normare il tutto ed evitare che quanto previsto nell’iperbole di Enderle deflagri e porti a una situazione insostenibile.



Ombre e luci

Perché, unito a tutto ciò, c’è anche il dilemma della “proprietà”: se il gemello digitale pensante non esiste nel mondo reale, ma solo in quello virtuale, chi ne detiene i diritti? L’essere umano attorno a cui è stato costruito o le piattaforme all’interno del quale gli è stata “data vita”? Domande che possono sembrare esasperate, ma che sono necessarie. E da lì, a cascata, anche tutte le altre considerazioni su quel che sembra essere ancora più estremo rispetto a pellicole cinematografiche come “Gattaca”. Ovviamente, per il momento stiamo parlando solamente di teoria. Gli esperti, infatti, sostengono che le tecnologie attuali non siano ancora in grado di poter produrre una vera e propria copia “mentale” di una persona fisica. Sta di fatto che le ricerche in questa direzione ci sono.

Soprattutto per quel che riguarda il livello sanitario. La BBC, infatti, racconta la storia del progetto Living Heart sviluppato dall’azienda francese Dassalut Systemes. Attraverso l’intelligenza artificiale è stato realizzato un modello virtuale di “cuore”. A che fine? Il motivo è piuttosto semplice: con quel cuore gemello digitale si può intervenire con test e analisi senza dover intervenire preventivamente a livello chirurgico, almeno fino al momento in cui non viene definita la modalità di operazione migliore per la persona. Il cuore è solamente una parte che, però, potrebbe essere la porta d’ingresso per lo sviluppo di questo gemello digitale pensante.