La campionessa paralimpica Monica Boggioni denuncia il furto di identità social e mette in guardia i giovani

Categorie: Social Network

Quanto accaduto a Monica Boggioni sottolinea, ancora una volta, la fondamentale importanza di intervenire su più fronti per contrastare il furto di identità social

Monica Boggioni ha vinto tre bronzi alle Paralimpiadi di Tokyo diventando, come sempre accade in questi casi, molto più celebre di prima. A questa celebrità e seguita non solo una salita dei follower e delle persone interessate in rete ma anche un furto di identità social. Si tratta di un fenomeno che non è di certo nuovo: da che esistono i social ci sono persone che si appropriano delle fotografie altrui e interagiscono come se fossero individui più o meno famosi. Il caso dell’atleta ha visto le sue fotografie finire prima su un profilo Facebook il cui autore si fingeva lei e poi su alcuni siti di dating. La conseguenza è stata che, lo scorso weekend, Monica Boggioni si è vista contattare da due ragazzi che le chiedevano di conoscersi senza che lei avesse mai creato profili su piattaforme per appuntamenti.



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La storia del furto di identità social di Monica Boggioni

La storia della nuotatrice di Pavia è stata raccontata prima da alcune realtà locali (Il Giorno e La Provincia pavese) per poi finire sulle realtà nazionali. Boggioni ha denunciato il fatto, sul quale ora stanno indagando i carabinieri di Pavia, raccontando la sua perplessità al Corriere della Sera a partire dal furto di identità su Facebook: «Mi hanno fatto notare che qualcuno aveva preso alcune mie foto e aperto una pagina. Non si trattava di fan o sostenitori: questa persona si spacciava per la sottoscritta».



Passa qualche ora da questo fatto e la giovane donna riceve due messaggi da due diversi ragazzi che vorrebbero conoscerla dicendo di aver visto il suo profilo su app di incontri: «Mi sono subito allarmata: non conoscevo nemmeno il nome di queste piattaforme e app. Ho pensato di aver cliccato per sbaglio su un link spam, ma non ne ho alcuna idea». Il caso è stato riportato alle autorità che, attualmente, indagano per risalire alla persone che si spaccia per l’atleta.

L’invito a una maggiore attenzione ai giovani

Boggioni ha raccontato quello che le è accaduto anche al Messaggero, che sull’edizione cartacea di oggi pubblica una riflessione dell’atleta: «L’età in cui ragazzi si avvicinano ai social è sempre più bassa e in quella fase della vita non hai necessariamente l’accortezza di pensare ad alcune cose. Pubblichi un selfie e dici “ok, è una foto”. Ma quante persone possono vederla? Dove va a finire? Bisogna essere consapevoli che quella foto diventa di dominio pubblico», dice la giovane.
«Che non significa che ognuno può farne ciò che vuole – prosegue – ma che bisogna stare attenti e sapere che si può finire in situazioni del genere».



Quella di Monica Boggioni è, purtroppo, una storia come tante con la differenza che quando accade a un personaggio pubblico c’è grande risonanza. Per quanto fatta in buona fede e per diretta esperienza, probabilmente non esiste nessuna raccomandazione che possa evitare che giovani e meno giovani pubblichino contenuti sui social. Tutti hanno il diritto di fare ciò che vogliono della propria immagine e la direzione in cui andare è una sola: trovare metodi sempre più rapidi e efficaci per identificare chi compie atti del genere e assicurarsi che la punizione sia esemplare oltre, ovviamente, a educare i bambini e i giovani di oggi a proteggere se stessi e a capire la gravità di un atto del genere.

(Immagine copertina: IPP/zumapress Tokyo 26-08-2021)