Frejus, la Ferrovia che c’era già (dimenticata per la Tav)

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I destini del nostro Paese passano per l’Alta Velocità in Val di Susa? Nessuno sembra considerare  il collegamento storico tra Torino e Modane



La caduta dal traliccio di Luca Abbà, leader del movimento No-Tav e uno dei tre proprietari del terreno in via di “occupazione temporanea” da parte dell’azienda LTF, la Lyon Turin Ferroviaire, insieme alle manifestazioni susseguenti, hanno risvegliato nella coscienza degli italiani il problema della TAV Torino – Lione.

RECINZIONE ILLEGITTIMA? – Ripercorriamo i fatti. Nella giornata di ieri alcuni operai della società incaricata di condurre i lavori di ricognizione e della realizzazione del cunicolo esplorativo sono arrivati con le forze dell’ordine per inglobare nell’aria del cantiere 7 ettari di terreni privati, appartenenti a tre persone del posto. Uno dei tre proprietari era appunto Luca Abbà. Secondo Vanity Fair, la quale ha raccolto i pareri del legal team dei No Tav, la ditta avrebbe installato abusivamente delle reti in quanto, l’ordinanza del tribunale di Torino alla quale si fa riferimento, non viene mai citata né la parola “esproprio” -così l’han definito i valligiani- né la parola “recinzione” -come l’han definita i tecnici. Secondo un membro del Legal Team, “Il Prefetto ha soltanto proibito la circolazione e lo stazionamento in quei terreni, peraltro mai individuati specificatamente. Non ha mai parlato di recinzione e di esproprio, visto che non è in suo potere autorizzarlo”.



PROTESTE IN TUTTA ITALIA – Abbà, 37enne di Exilles, per protestare contro la recinzione si è arrampicato su un traliccio minacciando di toccare i fili dell’alta tensione se la Polizia si fosse avvicinato per farlo scendere. L’uomo poi toccò inavvertitamente i fili rimanendo fulminato e cadendo da un’altezza di 15 metri. Mentre nella zona continuavano indisturbate le operazioni di recinzione, concluse in nottata, nel resto d’Italia si scatenava la protesta in oltre 50 città, con tanto di occupazione dei binari a Roma Termini. Quanto successo nella zona di Chiomonte ha scatenato proteste in oltre 50 città, da Torino a Milano, da Firenze a Palermo. Quanto successo in queste ultime ore quindi rappresenta solo l’ultimo episodio legato a quest’opera. Questa volta però non parleremo della TAV e delle lotte tra popolazione locale e Stato Italiano. Cercheremo invece di focalizzarci sull’altra faccia del problema, ovvero quella più sconosciuta, identificabile in tre località: Torino – Bardonecchia – Modane.



LA LINEA DEL FREJUS – Questo ingresso in galleria, così simile a un plastico ferroviario, rappresenta la parte italiana della galleria del Frejus. La linea venne inaugurata il 16 ottobre 1871. Si tratta di una linea indubbiamente ben strana. Ha 142 anni. I treni possono viaggiare in galleria a una velocità compresa tra 70 e 110 kilometri orari -fonte RFI, Reti Ferroviarie Italiane-, è a doppio binario, elettrificata a 3000 volt in corrente continua e praticamente non viene utilizzata. Fino al 2002 venivano garantiti dei collegamenti regionali tra Torino e Modane, in territorio francese. In quell’anno, a causa di lavori di ampliamento della galleria per il passaggio di treni container, la circolazione di questi treni venne limitata a Bardonecchia. Nonostante i lavori vennero conclusi nei tempi previsti, si decise di non ritornare al percorso originario. A posto dei treni Bardonecchia – Modane ci sono dei pullman, a tariffa ferroviaria, da 19 posti e senza comodità per i disabili.

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LE CIFRE DEL TRAFFICO – A questo punto abbiamo voluto fare un piccolo test. Abbiamo immaginato di voler andare in un giorno a caso, martedi 13 marzo 2012, da Bardonecchia a Modane. Questi sono i collegamenti per 24 ore. 76 posti ad andare, 76 a tornare. Inoltre, l’unico treno passeggeri che passa nel tunnel del Frejus è il TGV Milano Porta Garibaldi – Paris Gare de Lyon. Ovvero, tre coppie al giorno. E non è tutto. Secondo Alpinfo il traffico merci su questa linea è stato, nel 2010, di 3,9 milioni di tonnellate. Una prestazione migliore del 2009, quando le tonnellate furono 2,4, ma comunque entrambe ben al di sotto degli 8,6 del 2000. Questi numeri ci parlano quindi di una realtà abbastanza sottoutilizzata, e questa sensazione diventerà certezza a confrontarla con i dati successivi.

LA LINEA STORICA? LAVORA AL 30 PER CENTO – Per poter continuare, bisogna prendere sotto mano il Quaderno 1 dell’Osservatorio sulla Torino Lione. La tabella di cui sopra si riferisce alla capacità effettiva della linea al 2010, prima dell’ammodernamento. Ogni giorno potrebbero circolare 180 treni, di cui 14 a lunga percorrenza, 40 regionali e una quantità di merci tale da garantire più di 10 milioni di tonnellate / anno nette di traffico. Ripetiamo, sono dati della Presidenza del Consiglio. Confrontiamoli con i numeri del paragrafo precedente: zero treni regionali, tre treni a lunga percorrenza, traffico merci pari a 3,9 milioni di tonnellate l’anno. Il sospetto del sottoutilizzo continua a crescere. Diventa quasi una certezza andando avanti nello spulciare il quaderno in questione, e più specificatamente, a pagina 36.

Il potenziale della tratta Modane – Bussoleno pari a 208-226 treni/giorno (di tutti i tipi), rappresenta circa il triplo rispetto al numero di treni attualmente in esercizio e tra una volta e mezza e il doppio rispetto al numero massimo di convogli raggiunto dalla Linea Storica nel 1997
Ovvero. Questi sono i dati relativi all’ammodernamento della linea storica. E stiamo parlando di numeri di esercizio, visto che la capacità massima è di 250 treni al giorno. E come disse la buonanima di Corrado Martone, “e non finisce qui”.

E’ emerso quindi con forza il messaggio che si debba incidere sulla ripartizione modale disincentivando il traffico merci su gomma e potenziando quello su ferro (nonché, ovviamente, quello marittimo). Anche sotto questo aspetto, la raccomandazione ha valenza generale: se si ritiene che la Linea Storica abbia capacità potenziale sufficiente, è ovvio che la si debba sfruttare da subito a beneficio del riequilibrio modale, nell’interesse dell’ambiente e dell’ecosistema alpino. Se invece si ritiene indispensabile realizzare una nuova linea (a prescindere dalle sue modalità), è comunque fondamentale che si creino fin da subito le condizioni perché cresca un mercato di utilizzo corrispondente alla accresciuta capacità che si verrà a generare con la nuova infrastruttura. In entrambi i casi, dunque, si può convenire che se nel corso dei prossimi 15-20 anni si dovesse confermare l’attuale tendenza, senza correttivi sufficientemente incisivi sulla ripartizione modale, vi sarebbe un forte rischio di collasso dei sistemi socioeconomico-ambientali.

L’OTTIMISMO DI LTF – Tradotto cosa significa? Stante così le cose, dal punto di vista economico, sociale, ambientale, con la costruzione della TAV si rischia un buco nell’acqua. Del resto in 10 anni la circolazione delle merci si è poco più che dimezzata. LTF aveva studiato dei piani di crescita economica, contenuti nel Quaderno 2, e che possono essere riassunti così

La linea blu rappresenta il traffico merci reale. La linea rossa quello che LTF si aspettava. La linea a puntini rosa la massima criticità della linea storica. Detto questo non puo’ non venire in mente l’intervista fatta a Marco Ponti, professore di economia al Politecnico di Milano, secondo il quale la TAV in Val di Susa è “una stupidità fenomenale”: “è difficilissimo togliere il trasporto merci dalla strada. Basti pensare che già oggi i camion sono molto tassati e le ferrovie molto sussidiate, e ciononostante le merci viaggiano su gomma e non con i treni. Questo perché la ferrovia non è un sistema, il camion sì. Il tir fa il porta a porta, e quindi la ferrovia ha bisogno del camion, all’inizio e alla fine del viaggio. Questo rende difficilissimo portare le merci su treno, soprattutto quelle moderne: per carbone, mattoni, legname, il treno va benissimo, ma nel caso dei prodotti ad alto valore aggiunto tipo computer o vestiti firmati è impossibile portare gli industriali a questa soluzione” […] E’ stato avviato questo Osservatorio a Milano, ma ha dato dei risultati palesemente inverosimili, di un ottimismo che nessuno si sente di condividere: hanno previsto una crescita del traffico che non sta né in cielo né in terra, e poi non hanno messo in conto le emissioni di cantiere, che saranno notevolissime: compenserebbero gli ipotetici risparmi per i prossimi vent’anni”.

CONFRONTO TRA TEMPI – Parliamo di ciccia autentica. Quella in nero è la linea storica, quella tratteggiata di rosso rappresenterà il tunnel, quella tratteggiata di blu la nuova linea AV/AC in tratta italiana. Guardate bene la linea blu. Osservate il giro previsto.

Questa invece è una tabella tratta dalla relazione di esercizio di RFI e Italferr sulla nuova linea Torino Lione. Viene confrontata la percorrenza di un ETR 485 con orizzonte temporale 2035 tra linea storica e AV/AC, con partenza da Lyon – Part Dieu e arrivo a Torino Porta Nuova. L’ETR ci metterebbe un’ora, tre minuti e 32 secondi in meno. 29 minuti verrebbero recuperati in territorio francese, portando il guadagno italiano a 34 minuti. Il prossimo riferimento è relativo a Susa AV, la quale si trova come dimostrato dal grafico nei pressi di Bussoleno. Con la nuova linea, segnata in blu, si guadagnerebbero 2 minuti rispetto all’attuale. Due minuti. Tutto grazie al percorso più tortuoso. Se stessimo parlando di una linea prossima alla saturazione come fu la vecchia Bologna – Firenze, potremmo anche accettarlo. Ma stiamo parlando di una linea sottoutilizzata per stessa ammissione di RFI e del Governo Italiano. Una riorganizzazione dei regionali basterebbe -e probabilmente avanzerebbe- visto che non stiamo parlando ad esempio della Milano – Bologna, linea satura per definizione.

MA QUINDI SERVE DAVVERO? – Non esiste niente di peggio del pregiudizio ideologico. Non abbiamo affrontato il discorso delle cifre e dei costi. Eppure questo discorso, numeri alla mano, aiuta a capire in maniera efficace e netta quanto questa storia stia avvelenando gli animi da anni quando in realtà, in base a quanto serve e quanto è previsto. Esiste una linea storica sottodimensionata e più che sufficiente per assorbire il traffico passeggeri e merci presente e futuro. Il traffico merci ferroviario e autostradale è altalenante ma sicuramente ben al di sotto dei limiti previsti dai rispettivi gestori. Ci sarebbe il problema delle falde acquifere, dello smaltimento delle rocce, dei maggiori consumi elettrici. Il tutto per guadagnare 34 minuti nel confronto con una linea sottoutilizzata con tre coppie di treni passeggeri al giorno e un numero di convogli merci molto, molto basso. E se negli ultimi 10 anni si è perso traffico anziché guadagnarlo, e visto che non sono state fatte politiche in questo senso, perché dovrebbe essere utile una linea così?